In Francia si scatenano le polemiche, che accusano Enzo Ferrari di aver favorito un pilota italiano ai danni di un pilota francese. E perciò si pensa che nel contratto di Moll ci sia una clausola in cui il pilota deve attenersi ad eventuali ordini di squadra. Altri, invece, pensano addirittura che la vettura di Moll sia stata dotata di un motore meno potente rispetto ai compagni di squadra Varzi, Chiron e Trossi. Queste polemiche giungono in seguito anche in Italia, seppur in versioni differenti. Si rivela un segreto nascosto a molti, e cioè che l’assunzione di Moll sia stata compiuta per sopperire a un torto compiuto dall’Alfa Romeo qualche mese prima, vale a dire quello di aver venduto al pilota francese una vettura ordinata da lui stesso, e poi di aver annullato l’ordine.
Mentre lo stesso Guy Moll vince il Gran Premio di Avus nel giorno dell’esordio in pista dell’Auto Union, Ferrari - dopo aver incassato in silenzio le molteplici accuse a lui rivolte - decide di difendere la propria posizione attraverso una lettera destinata agli organi di informazione. In questo caso la prescelta è la rivista Auto Italiana. Con la sua classica precisione, Enzo Ferrari condanna il comportamento della stampa francese, sorvolando invece sulle affermazioni di quella italiana.
"Si è scritto che è uso nella Scuderia che porta il mio nome e che si onora di rappresentare in tutte le competizioni la grande marca Alfa Romeo, di stabilire in antecedenza l’ordine di arrivo di ciascuna corsa e di imporre ai corridori il rispetto di tale ordine. Assolutamente falso. I corridori della Scuderia Ferrari per contratto sono liberi, liberissimi di difendere le loro chances, sempre".
In aggiunta, Ferrari sollecita i piloti stranieri della sua scuderia, in questo caso Moll, Chiron e Lehoux ad esibire i loro contratti per confermare le sue parole. Nella lettera, Ferrari continua la sua difesa dichiarando:
"Si è anche scritto che a Tripoli avevo stabilito: primo Varzi, secondo Chiron. Altrettanto falso: tanto è vero che le due sole vetture della Scuderia che fossero munite di motori nuovissimi erano state assegnate a Guy Moll e al conte Trossi".
E sulla strategia di gara adottata a Tripoli chiarisce:
"Varzi e Chiron, in netto vantaggio sugli altri, ricevettero l’ordine, dettato dalla prudenza, di rallentare l’andatura. Guy Moll fu lasciato libero e perciò poté allora guadagnare il tempo perso in un rifornimento impreveduto".
Quindi, in conclusione, Ferrari parla proprio di Moll, ricordandogli quali sono i ruoli della propria organizzazione.
"Sarebbe stato nel diritto della Scuderia Ferrari di esigere dal signor Moll di condurre la sua corsa in maniera più conforme agli interessi dell’organismo di cui fa parte, ordinandogli di evitare i rischi di un arrivo tumultuoso".
Il caso Moll non viene tuttavia archiviato, perché Ferrari decide poco dopo di metterlo fuori squadra. Infatti, il 1° luglio 1934, al Gran Premio dell’Automobile Club di Francia, sul circuito di Monthléry dove nove anni prima ha perso la vita Antonio Ascari, la Scuderia Ferrari convoca Varzi, Chiron e Trossi, mentre Moll sarà presente soltanto in veste di pilota di riserva, pagando così le dichiarazioni fatte ai giornalisti francesi e la mancata integrazione con i compagni di scuderia. Le P3 di Ferrari, potenziate e aggiornate al regolamento di quest’anno, ma tuttavia concepite pur sempre l’anno precedente, dovranno competere con le nuove e più competitive Mercedes e Auto Union. Nelle sessioni di prova è evidente il divario tra le vetture tedesche e gli altri concorrenti.
Il nuovo direttore sportivo della Scuderia Ferrari, Nello Ugolini, telefona a Modena per chiedere indicazioni. Ferrari ordina di far scendere in pista il pilota di riserva Moll, accantonando la rabbia per le sue dichiarazioni davanti alla stampa, sapendo perfettamente che l’algerino è un talento puro. Ugolini obbedisce e Moll appena sceso in pista inanella dei giri più rapidi rispetto ai compagni di squadra, tanto da riuscire quantomeno a ridurre parzialmente il notevole distacco dalle velocissime auto tedesche. Ciononostante, per non turbare l’ambiente, Ferrari decide di non schierare Moll per la gara. Ma l’algerino eredita la vettura di Trossi nel finale di gara, dopo che il piemontese si ferma con il cambio fuori uso. Nonostante l’inferiorità del mezzo che guida, Moll è capace con le sue grandi doti al volante di recuperare posizioni sino al secondo posto, posizionandosi dietro a Chiron.
Le vetture della Scuderia Ferrari conducono la corsa, poiché tutte le auto tedesche, Mercedes e Auto Union, si sono dovute fermare per problemi meccanici, malgrado la loro superiorità tecnica. Ugolini però, seguendo le indicazioni ricevute da Ferrari al telefono da Modena, segnala a Moll di rallentare e lasciar passare Varzi. Il franco-algerino rispetta l’ordine di squadra facendosi scavalcare da Varzi. Così facendo, in Francia la Scuderia Ferrari conquista tutte le posizioni del podio, con Chiron al primo posto, Varzi al secondo e Moll al terzo,
Se da una parte ritorna la serenità all’interno della Scuderia Ferrari, di fatto la vittoria conquistata in Francia si rivelerà solo una casualità: infatti, se le vetture tedesche non parteciperanno ad un Gran Premio poiché ancora ritenute impreparate, la Scuderia Ferrari trionferà facilmente. Ma quando Mercedes e Auto Union scenderanno in pista, a meno di problemi di affidabilità, le vetture Alfa Romeo della Scuderia Ferrari non avranno le capacità tecniche per competere con quelle tedesche. Al Nurburgring, domenica Luglio 1934, a vincere è Stuck con una Auto Union, davanti a Fagioli su Mercedes. Chiron ottiene solo il terzo posto, ma dopo aver sfruttato i problemi meccanici delle altre vetture tedesche.
Il 15 Agosto 1939 si corre a Pescara la decima Coppa Acerbo. In questa gara la Scuderia Ferrari ritrova le vetture tedesche, e la stampa ribattezza l’evento con il titolo: La battaglia dei titani. Le squadre tedesche giungono all’evento ben attrezzate, con tre Mercedes per Fagioli, Henne e Caracciola, e due Auto Union per Stuck e Sebastian. Mentre Ferrari porta a Pescara quattro P3 per Varzi, Chiron, Moll e Ghersi. Il duello automobilistico tra Italia e Germania infiamma il pubblico assiepato lungo il velocissimo circuito di Pescara: nella prima parte di gara sono l’Alfa Romeo di Varzi, la Mercedes di Caracciola e l’Auto Union di Stuck a contendersi il primato, poi nella seconda parte a prendersi la scena sono la Mercedes di Fagioli e la P3 di Moll.
L’algerino, dopo aver superato delle noie alle candele, si porta in testa nel corso del decimo giro dei venti in programma, e al giro successivo si ferma ai box per il rifornimento di carburante. Ritornato in pista Moll si lancia all’inseguimento di Fagioli, salito al comando della corsa. Ferrari ai box segue con entusiasmo la spettacolare rimonta del suo pupillo. Dopo la vittoria di Monte-Carlo, Ferrari ha deciso di porre la sua fiducia nei confronti del giovane franco-algerino. Giro dopo giro, Moll continua a ridurre sensibilmente il distacco da Fagioli segnando tempi record, guidando come in preda a una trance agonistica, uno di quei rari momenti nella carriera di un pilota in cui l’uomo porta a sublimazione il proprio talento, con l’assistenza totale del proprio mezzo. La rincorsa e la guida al limite di Moll trascina il pubblico, portandolo in uno stato di esaltazione collettiva. Ma Ferrari conosce i rischi che una guida simile comporta, anche se l’unico pericolo per Moll resta probabilmente la classe inferiore degli avversari.
Nel corso del diciassettesimo giro la distanza tra Fagioli e Moll si riduce ulteriormente, e l’algerino è in prossimità di superare Henne sul velocissimo rettilineo di Montesilvano. Ma la sua Alfa Romeo, lanciata a 270 km/h, viene con ogni probabilità investita da una folata di vento, una delle tante che spirano dal mare Adriatico e che non lasciano tregua ai piloti per tutta la gara. Henne è alla sua prima gara e Moll è in prossimità di passarlo in un punto stretto della pista, ma i due non andranno mai andati al contatto. La P3 di Moll esce di pista rovinosamente, abbattendo una decina di alberi e terminando la sua corsa conficcata nel terreno. Moll, sbalzato via dall’abitacolo, viene trovato nel lato opposto alla strada rispetto alla monoposto. La notizia del giorno non è perciò la vittoria di Fagioli, ma la morte improvvisa di Guy Moll.
Enzo Ferrari perde così quel giovane talento su cui stava progettando i suoi piani futuri; per Ferrari, Moll non è stato solo un talento, ma un pilota dalla grande freddezza, dalla straordinaria padronanza di sé, tale da spaccare in due il ragionamento anche sotto le disumane sollecitazioni del pericolo. Ferrari non dimenticherà mai le emozioni provate guardando correre quel ragazzino, la cui collaborazione è stata interrotta tragicamente dopo pochi mesi. Nel corso della stagione, vuoi anche a causa della mancanza di un pilota della caratura come Guy Moll, la Scuderia Ferrari otterrà rare soddisfazioni: un successo con Varzi a Nizza, qualche vittoria nelle gare minori, e un poco significativo terzo posto a Monza alle spalle delle potenti Mercedes e Auto Union.
Nel Gran Premio di Spagna giunge infine la disfatta, che dimostra oramai non solo la mancanza di competitività delle P3, ma anche di affidabilità. Chiron, nel mentre, perso la sua brillantezza dopo una buona prima parte di stagione, Varzi ha perso le motivazioni, mentre i vari Comotti e Ghersi non si sono dimostrati semplicemente all’altezza. In particolare, la gestione di Varzi si è rivelata impegnativa per via del suo carattere puntiglioso e orgoglioso. Il suo contributo nella messa a punto si è rivelata al dì sotto delle aspettative, tanto che le P3 diventano nelle ultime gare improvvisamente inferiori perfino alle Maserati e alle Bugatti.
Tuttavia Ferrari, pur senza grande entusiasmo, si mette al lavoro per rinnovare il contratto di Varzi. A toglierlo dall’imbarazzo di una trattativa poco voluta da entrambi ci penserà proprio il piemontese, che deciderà di firmare con l’Auto Union. La fuoriuscita di Varzi rappresenta una grossa perdita per la Scuderia Ferrari, ma il futuro costruttore modenese riconferma il veloce e affidabile Chiron, a cui si affiancano il rientrante Tonino Brivio e il possibile ingaggio del francese René Dryfus. Ma per completare la formazione per la stagione 1935, e tentare di contrastare le fortissime auto tedesche manca il fuoriclasse. Con la morte di Moll e l’addio di Varzi, è rimasto soltanto un altro fuoriclasse in circolazione: Nuvolari.
L’opzione più naturale per Ferrari nella ricerca di un fuoriclasse per la formazione 1935 è il ritorno di Tazio Nuvolari, ma viceversa non lo è. Il mantovano, come accaduto nel caso di Achille Varzi, durante il 1934 si è offerto all’Auto Union perché è rimasto impressionato dal grande potenziale mostrato dalla squadra tedesca. L’occasione si è presenta a fine Settembre nella gara ceca di Masaryk, in cui Nuvolari si infila nell’abitacolo dell’Auto Union compiendo alcuni giri di prova. Soddisfatti del test effettuato, i dirigenti della Casa tedesca scrivono per metà Ottobre di essere a favore per un accordo mediante il quale Nuvolari dovrebbe prender parte alle corse internazionali dell’annata 1935 come membro della squadra dell’Auto Union. L’accordo è fatto, mancano solo i dettagli.
L’Auto Union chiede a Nuvolari le sue richieste economiche: Tazio, che è da tempo alla ricerca di un’auto competitiva, sapendo che Varzi ha provato la sua stessa vettura, decide di non alzare troppo le sue pretese. L’offerta in realtà rimane sempre onerosa rispetto a quanto la Casa tedesca si aspetta, ma viene accettata. Solo la firma, per il quale Nuvolari si offre personalmente di venire in Germania, separa l’asso mantovano dal trasferimento all’Auto Union. Ma da lì in poi i tempi si allungano. Nuvolari, preoccupato, spedisce dei messaggi, nei quali si dice distintamente fiducioso di raggiungere l’accordo di correre su Auto Union nel 1935. Ma il 4 Dicembre 1934, a sorpresa, l’Auto Union - attraverso l’invio di una lettera - avvisa il mantovano di aver effettuato un cambiamento di programma.
Alcune difficoltà hanno costretto la Casa tedesca ad interrompere le discussioni del suo ingaggio. Con chiarezza la squadra tedesca nella sua lettera motiva la sua decisione, ovvero che i piloti già sotto contratto si sono opposti alla sua assunzione, tra i quali - con ogni probabilità - c’è il neo ingaggiato e grande rivale di Nuvolari, Achille Varzi. Nuvolari non può fare altro che accettare la situazione. L’8 Dicembre 1934 il mantovano risponde dicendo di comprendere le motivazioni esposte dai dirigenti tedeschi e, con una certa sincerità, di condividere la scelta di voler conservare l’armonia tra i piloti all’interno della squadra.
Prima di occuparsi al delicato ritorno di Nuvolari, per qualche settimana Enzo Ferrari è al centro della polemica innescata da un articolo del giornale italiano Corriere della Sera, in cui viene riproposto un antico dibattito, quello per cui la partecipazione alle corse avrebbe dovuto essere a carico della Case automobilistiche, e non delle scuderie. La polemica torna alla ribalta principalmente perché Mercedes e Auto Union si sono affacciate al mondo delle corse rappresentando non solo sé stesse, ma anche direttamente l’industria di un Paese, quello della Germania nazista. L’articolo non si scaglia direttamente contro la Scuderia Ferrari, ma Enzo è consapevole che la sua squadra è l’unica che ricopre attualmente il ruolo di protagonista in Italia.
Questo tema ha radici più profonde dell’ambito sportivo, perché è una questione che appartiene anche al dibattito politico italiano. Infatti, all’interno del Governo, del Partito fascista e dell’Alfa Romeo stessa, ci sono dei contrasti, in cui dei personaggi, pur privi di competenze specifiche, sostengono che, come accade in Germania, a rappresentare l’Italia nelle competizioni automobilistiche debba essere una grande industria nazionale, e non una piccola squadra di provincia. Questi sono tutti pensieri politici che fanno ben intendere del confronto a distanza presente tra l’Italia fascista e la Germania nazista.
Vedendoci un attacco personale nei suoi confronti, Enzo Ferrari dichiara guerra a chi sostiene la tesi a favore del ritorno diretto dell’Alfa Romeo nelle corse. E lo fa non solo perché la difesa di sé stesso è un diritto e un dovere nello stesso tempo, ma anche perché non è generoso che, spesso con lo scudo dell’anonimia, taluno cerchi di suscitare dubbi nell’opinione pubblica sulla reale funzione della sua Società. L’atteggiamento di Ferrari mostra l’orgoglio per il lavoro sostenuto fino a questo momento, la volontà di difendere il presente ed il futuro della sua Scuderia. È assai probabile che le reazioni contraddittorie degli oppositori alle piccole realtà automobilistiche partano dalle proposte comunicate da Ferrari in una riunione della Commissione Sportiva del RACI della metà del Novembre 1934.
Tali proposte sono quelle di allargare l’automobilismo di alto livello a un rango maggiore dei soliti cinque o sei piloti italiani cui ora è ristretto, e di promuovere la costruzione di automobili che rispecchino realmente punti di affinità e contatto con le vetture di serie e sportive. Sono proposte sensate perché non solo ne guadagnerebbe la Scuderia Ferrari, ma anche l’industria automobilistica italiana, partendo dall’Alfa Romeo. Ferrari, per sostenere la sua tesi ricostruisce accuratamente la storia delle corse, evidenziando quella politica di impegno, disimpegno, nuovo impegno e nuovo disimpegno delle Case, che hanno caratterizzato l’automobilismo sportivo italiano dalla fine della guerra, e citando l’operato della Scuderia Ferrari nel modo più dettagliato, ma senza mai esaltarne oltre misura il ruolo.
In conclusione, Ferrari afferma che le grandi Case sono più che mai lontane dall’idea e dalla possibilità di riprendere la costruzione da corsa. Resta dunque la Scuderia Ferrari. Enzo Ferrari non è spaventato da questo impegno, compreso il fatto che le aziende di accessori e componenti hanno ridotto i contributi economici verso la sua scuderia, e ciò che chiede è di essere lasciato lavorare serenamente, nonostante l’atmosfera di incomprensione che avvolge la sua struttura lavorativa, poiché non è con le polemiche che si difende il prestigio dell’automobilismo nazionale. Il trasferimento di Varzi dall’Alfa Romeo, e quindi dalla Scuderia Ferrari, verso l’Auto Union alimenta ancor di più la controversia sul ruolo delle scuderie in Italia.
Tuttavia, la fuga in Germania di Varzi scatena l’opinione pubblica italiana. Varzi, non potendo esporre pubblicamente la propria scelta in relazione ai motivi tecnici, danneggiando l’immagine dell’Alfa Romeo, un’azienda di Stato italiana, giustifica la sua scelta adducendo motivi economici. Siccome è la Scuderia Ferrari ad averlo stipendiato fino a questo momento, l’oggetto dell’accusa diviene Enzo Ferrari, il quale è famoso per essere poco collaborativo quando bisogna concordare o rinnovare un contratto, tanto da essere paragonato da alcuni in piloti e tecnici, in privato, come la versione italiana di Al Capone. La risposta di Ferrari non si fa attendere: il modenese informa di come il trattamento di Varzi sia stato uno dei più privilegiati che la Scuderia Ferrari abbia mai gestito.
E in più Varzi, durante la sua permanenza all’interno della Scuderia Ferrari, ha percepito la metà degli ingaggi di partecipazione e la metà dei premi di corsa, senza che il team di Modena mancasse mai ai pagamenti necessari. Parlando di cifre, Varzi - in una stagione sportiva di sette mesi - ha guadagnato circa £ 600.000, una somma esorbitante. Forse a Varzi non sono bastati i soldi, e Ferrari crede che lo abbia abbandonato a causa delle generose offerte dell’Auto Union. In conclusione, Ferrari riassume che:
“Se è naturale che abbiano fatto questo per salvaguardare gli interessi della loro carriera, non vediamo perché ci si incolpi - come si è tentato di fare - di averli lasciati emigrare”.
Chiaramente una dichiarazione che ricade indirettamente non solo verso Varzi. Per Ferrari, l’unica via percorribile per restare al vertice è quella che prevede il ritorno di Tazio Nuvolari, il quale ha lasciato la Scuderia Ferrari l’anno precedente dopo un accesissimo confronto personale in cui perfino i rispettivi avvocati sono stati coinvolti, ma dove infine ha prevalso la saggezza. Per Ferrari, Nuvolari rimane lo specchio del talento di Antonio Ascari e del primo Campari, e solo lui avrebbe potuto affrontare, anche se non proprio alla pari, la minaccia delle auto tedesche. Ma domenica 14 Ottobre 1934, giorno in cui si corre il Gran Premio di Modena, il rapporto tra i due è ancora logoro. Infatti, Nuvolari, che otterrà il successo in gara, ad ogni passaggio davanti al monumento dei caduti della Grande Guerra, dove è posizionato Ferrari, esegue un gesto di scherno con la mano.
Inoltre, davanti alla sede della Scuderia Ferrari, in viale Trento Trieste 33, vengono scaricate delle balle di paglia, sotto forma di dono ispirato da Tazio Nuvolari, per i cavalli del motore delle vetture della Scuderia Ferrari. Tuttavia, passata la rabbia per tutte le vicende accadute con Nuvolari, Ferrari inizia privatamente a preparare il suo clamoroso ritorno. Un evento di cui i dirigenti dell’Alfa Romeo, così come i tecnici della Pirelli e i giornalisti amici dei due rivali sono già a conoscenza. Le trattative avanzano progressivamente tra l’autunno e l’inizio dell’inverno tra Ferrari, particolarmente prudente nel riaccogliere a Modena Nuvolari, e lo stesso pilota mantovano impegnato nella trattazione con l’Auto Union, ma con un occhio rivolto all’eventuale riapertura da parte di Ferrari.
I due protagonisti di fatto non si incontreranno personalmente, tanto’è vero che successivamente sarà Vittorio Jano a condurre e concludere le lunghe, laboriose e delicate trattative. Non è chiaro se Jano sia sollecitato dall’Alfa Romeo, se invece tale iniziativa sia dovuta a seguito di un gesto spontaneo, oppure se la Casa milanese sia stata spinta ad agire dalle istituzioni sportive e/o politiche italiane. Ciò che è certo è che l’ingegnere torinese riesce a convincere Ferrari e Nuvolari ad incontrarsi di persona a Piacenza, paese che sta a metà strada tra Modena, Mantova e Milano. Giovedì 31 Gennaio 1935 avviene l’appuntamento tra Enzo Ferrari e Tazio Nuvolari, con la presenza come garante di Vittorio Jano. I due, infine raggiungono un accordo firmato da Nuvolari, Ferrari e Jano, e tornano a collaborare dopo un anno e mezzo dalla loro separazione. Con una comunicazione dettata da Ferrari e approvata da Nuvolari, viene annunciata immediatamente la notizia, diramandola ai maggiori organi di informazione italiani:
“In relazione ai nostri accordi verbali odierni, è inteso e concordato definitivamente e transativamente che nessun credito permane a mio favore a carico della S.A. Scuderia Ferrari, e reciprocamente a favore della Scuderia Ferrari e a mio carico, restando tutti i rapporti passati chiusi e liquidati fra di noi con reciproca rinuncia a qualsiasi azione che comunque si riconnettesse al passato”.
La Scuderia Ferrari, per mezzo di telegrammi spediti alle varie redazioni giornalistiche, dichiara:
“Sotto gli auspici della Soc. An. Alfa Romeo, oggi si sono incontrati il comm. Enzo Ferrari, consigliere delegato della Soc. An. Scuderia Ferrari, ed il comm. Tazio Nuvolari, e con reciproca soddisfazione è stato concluso un completo accordo di collaborazione per la stagione sportiva 1935”.
Dimostrando il proprio consenso verso questo accordo, la stampa italiana ribattezza l’accordo come Trattato di Piacenza, ed elogia Ferrari e Nuvolari nell’aver accantonato le loro passate controversie personali. I quotidiani sportivi italiani ricorrono a facili iperboli e alla retorica del loro tempo per annunciare la notizia. Il Barone Guzman scrive:
“Il binomio Nuvolari-Alfa, così caro al cuore di tutti gli sportivi italiani. Il binomio che ci ha fatto fremere di gioia e di entusiasmo in tante ardenti battaglie cavallerescamente combattute e trionfalmente vinte, si riforma così grazie allo spirito di patriottismo mai smentito del grande Tazio Nuvolari, e grazie alla sagacia e alla fermezza di propositi di Enzo Ferrari, corridore di mai dimenticato valore ed oggi organizzatore di prim’ordine”.
Alcuni giorni dopo l’accordo, Jano spedisce una lettera personale a Ferrari, ringraziandolo per essersi riappacificato con Nuvolari. L’ingegnere torinese, consapevole anche di aver contribuito al riavvicinamento dei due, scrive:
“E oggi è tutto concluso. Le dico che veramente mi stava a cuore questo connubio. Il tempo dirà se avevo torto o ragione; ma io spero di avere fatto opera giusta e solo per questa convinzione mi sono permesso di intromettermi... e che Dio me la mandi buona”.
Mentre Enzo Ferrari, talmente orgoglioso del ritorno di Nuvolari, lascia che i suoi collaboratori possano scrivere nell’editoriale del primo numero del foglio settimanale della Scuderia Ferrari:
“L’ombra tua ritorna, ch’era dipartita”.
La prima gara stagionale è prevista per domenica 24 Febbraio 1935, a Pau. Senza perdere tempo, Enzo Ferrari, che nel frattempo ha chiuso definitivamente il braccio motociclistico della Scuderia Ferrari, convoca Nuvolari per la sua prima sessione di prova all'Autodromo di Monza. In una giornata piovosa, Giovedì 7 Febbraio 1935, a mezzogiorno, il mantovano si presenta sul circuito brianzolo. In presenza sia di Ferrari sia di Jano, Nuvolari, con una visiera sul caschetto che in un certo senso anticipa i tempi, gira con la monoposto dell'anno precedente, cui è stato applicato un nuovo ponte a ruote indipendenti. Alla gara inaugurale di Pau viene portata proprio la P3 modificata, con una seconda P3 assegnata al nuovo arrivato René Dreyfus, ventinovenne talento francese sottratto alla Bugatti da Enzo Ferrari.
L'organigramma della Scuderia Ferrari comprende anche i piloti confermati dalla stagione passata, tra cui Chiron, Trossi, Brivio e Comotti, mentre non sono più presenti i gentleman driver, come nei primi anni di attività. A Pau le P3, nonostante siano già datate, si rivelano le auto più veloci. Nuvolari conclude la gara al primo posto, per la felicità sua e di Ferrari, mentre Dreyfus è secondo. Il pensiero, però, va a quando le vetture tedesche parteciperanno alle gare europee. Mancano sette settimane al prossimo impegno sportivo, la Mille Miglia, prevista per il 14 Aprile 1935. In questo lasso di tempo gli uomini della Scuderia Ferrari lavoreranno allo sviluppo della monoposto che dovrà provare a contrastare lo strapotere tecnico tedesco nel corso della stagione. Si tratta della bimotore, una vettura costituita da due motori, un’idea emersa durante una riunione tenuta il 16 Dicembre 1934 tra Ferrari e suoi più stretti collaboratori. In questa riunione domenicale, Luigi Bazzi propose l’utilizzo del doppio motore, e Ferrari analizzò la situazione tecnica del momento dopo le vittorie tedesche della stagione appena conclusa.
Il fatto evidente, di cui tutti sono consapevoli, è che una delle ragioni del successo tedesco sia dato dalle enormi cilindrate dei motori utilizzati da Mercedes e Auto Union. Nel frattempo, con l’approvazione dell’Alfa Romeo, Jano si mette al lavoro, e con a capo della progettazione Arnaldo Roselli e la collaborazione di Attilio Marinoni per il collaudo, per tre settimane nell’officina di viale Trento Trieste i meccanici della Scuderia Ferrari lavorano interrottamente, pure di notte, di domenica e nei giorni festivi, sotto la direzione del capo officina Stefano Meazza. La bimotore, composta di soli pezzi Alfa Romeo, verrà provata su strada - in aperta campagna - a Modena, giovedì 4 Aprile 1935. A testarla è Attilio Marinoni, il collaudatore di fiducia di Bazzi, che viaggia avanti e indietro tra Formigine e Maranello. Senza spingere al limite, la vettura tocca la velocità di 288 km/h.
Per la soddisfazione di Ferrari, la bimotore viene rivelata mercoledì 10 Aprile 1935, al casello di Brescia dell’autostrada Brescia-Bergamo, in una giornata in cui si radunano alcuni giornalisti, i dirigenti Alfa Romeo, i rappresentanti della Commissione Sportiva R.A.C.I. e i tecnici di Alfa e Pirelli. In presenza delle figure che hanno permesso la realizzazione della nuova monoposto, tra cui Jano, Bazzi e Meazza, Marinoni accende il motore e si lancia con la bimotore sul rettilineo che va in direzione Bergamo, dove al chilometro settantotto si ferma e lascia il posto a Tazio Nuvolari, il quale ripete in verso opposto il tratto di strada compiuto da Marinoni, e poi compie più volte il tragitto in entrambi le direzioni. La velocità più alta che tocca è di 338 km/h, cinquanta in più rispetto al test svolto sulla statale dell’Abetone.
Nuvolari pronostica che, con dei rapporti più alti, la bimotore potrebbe arrivare senza sforzo a una velocità di 360 km/h. Nel pomeriggio la vettura viene portata all’Autodromo di Monza, dove Nuvolari non cerca di battere il record della velocità di punta, ma si limita ad effettuare delle regolazioni di carattere meccanico. L’entusiasmo generale è alto perché la bimotore già alla prima prova ha dimostrato di più di quanto si potesse sperare. Inoltre, sopra il radiatore, Ferrari decide di posizionare lo scudetto giallo di latta con disegnato il Cavallino Rampante. Nonostante le incoraggianti prove con la bimotore Nuvolari sarà assente alla Mille Miglia, poiché preferisce concentrarsi sui Gran Premi. Ferrari saggiamente non contrasta la decisione del pilota mantovano, e schiera un organico di appena tre vetture: due berlinette Alfa Romeo 6C 2300 B, vetture da turismo schierate fondamentalmente a scopo commerciale, e una P3 modificata nella carrozzeria, affidata alla coppia di punta formata da Carlo Pintacuda e dal Marchese Alessandro Della Stufa.
Adattando la P3 da grand prix a una corsa stradale, Ferrari non solo imita quanto fatto dai fratelli Maserati con Varzi, al quale affidano una Maserati 6C di 3.7 litri, ma compie un chiaro gesto di generosità verso l’Alfa Romeo, che non avrebbe avuto una vettura capace di lottare per la vittoria assoluta. E sarà proprio Pintacuda a trionfare alla Mille Miglia, dopo che l’auto favorita per il successo, la Maserati, tradisce Achille Varzi. Solo Mario Tadini tenterà di contrastare Pintacuda nella prima parte di gara al volante di un Alfa Romeo preparata dalla stessa Scuderia Ferrari, con cui si è recentemente separato dopo aver litigato con lo stesso Ferrari. Ma se anche al termine della Mille Miglia la Scuderia Ferrari può vantare una seconda vittoria, a Monaco ricomincia la sfida con le vetture tedesche. Infatti, le Mercedes si presentano a Monte-Carlo con le loro W25 di quattro litri, affidate a Caracciola, Lang, Fagioli e von Brauchitsch.
Alle monoposto di Stoccarda, Enzo Ferrari contrappone tutta la sua formazione, composta da Nuvolari, Dreyfus, Chiron, Brivio e Trossi. Tuttavia, le Alfa Romeo della Scuderia Ferrari, a Monte-Carlo, non entrano mai nel vivo della gara. Nuvolari è autore di una corsa anonima, dopo aver tentato di avvicinarsi alle vetture tedesche senza successo, e rischiando talvolta oltre il limite. La corsa del cantonavo termina nel corso del trentanovesimo giro allorché, al sopraggiungere di alcuni problemi ai freni, decide di lasciare la vettura a Trossi, che si ritira quasi immediatamente. Anche Chiron, poco ispirato, giunge al traguardo solo grazie all’insistenza di Bazzi. Graziati dal ritiro della Mercedes di Caracciola e dai problemi della Maserati di Etancelin, la Scuderia Ferrari coglie comunque ll podio grazie al secondo posto di Dreyfus e il terzo posto di Brivio, che giungono al traguardo alle spalle del vincitore Fagioli, su Mercedes. Rientrato a Modena, Enzo Ferrari commenta così la gara:
“Analizzare le ragioni della nostra sconfitta e quella di Maserati è ozioso. Constatare e riconoscere invece il grado di efficienza altrui è cosa saggia, leale ed utile. Oggi si grida alla necessità di rivincita, al primato insidiato, e molte simili facezie. Ma chi ha mai osato, all’infuori di noi, di riconoscere dopo la vittoria di Monthléry nel Giugno 1934, che la nostra supremazia era finita? Chi ha raccolto il nostro allarme di allora?”.
Ferrari, con questa affermazione, intende dire che nell’automobilismo occorrono tecnici, piloti, materiali e soprattutto i mezzi, e che i miracoli difficilmente possono essere svolti. Due giorni dopo il rientro a Modena, Ferrari si mette in viaggio per Palermo, in vista della successiva partecipazione alla Targa Florio. Anche se questa gara rimane una delle più massacranti a livello internazionale, le Case automobilistiche pongono il loro interesse altrove e pure Ferrari, sebbene porti dei ricordi personali verso la classica gara siciliana e l’affetto nei confronti di don Vincenzo Florio, schiera i soli Brivio, Chiron e Pintacuda, concedendo un fine settimana di riposo ai suoi due piloti migliori, che saranno impegnati in Nord Africa a Tunisi e Tripoli. Per la Scuderia Ferrari il successo è pronosticabile fin dalla partenza: Brivio domina la gara dal secondo giro fino al traguardo, mentre il secondo classificato, Chiron, dopo aver compiuto il primo giro al comando della gara, accusa delle noie poi successivamente rimediate, giungendo a sette minuti dal vincitore. Il terzo classificato giunge undici minuti dopo Chiron.
Per la Scuderia Ferrari la vittoria porta dei buoni premi in denaro, ma a livello sportivo il risultato conta relativamente. Nelle due gare in terra africana disputate a inizio Maggio, a distanza di una settimana l’una dall’altra, viene sancita la superiorità schiacciante di Auto Union e Mercedes attraverso i successi di Varzi a Tunisi, e di Caracciola a Tripoli, ma al tempo stesso si decreta la fine della vita brevissima della bimotore, la quale a Tunisi non viene nemmeno schierata, mentre a Tripoli mostra tutte le sue fragilità, partendo dal peso della vettura che disintegra gli pneumatici a un ritmo infernale. Nuvolari e Chiron sono costretti a molteplici fermate ai box per cambiare le gomme, con il mantovano che chiude la gara al quarto posto, a otto minuti dal vincitore, e il monegasco a più di dieci.
Alla fine del mese di Maggio la quinta edizione della Avus-Rennen ripone speranza a Ferrari, poiché la bimotore, nonostante abbia un grosso problema nella tenuta degli pneumatici, avrebbe potuto reggere il passo delle auto tedesche, in quanto il circuito è costituito da due lunghissimi rettilinei collegati da due sole curve. La prova d’appello funziona solo parzialmente: contro le vetture tedesche, costituite da una versione di vettura carenata che esaspera la loro aerodinamicità, Chiron, con una gara in cui rivolte l’attenzione soprattutto verso i problemi di affidabilità che ancora affliggono i bolidi tedeschi, giunge secondo al traguardo. Nuvolari, a causa dell’allungamento di una fermata ai box, non riesce a qualificarsi per la finale.
Se il pregio della bimotore è certamente la grande velocità in rettilineo, i due difetti che le impediscono di essere competitiva in un Gran Premio sono la lentezza in curva e la pessima gestione degli pneumatici dettata dalla straripante potenza dei due motori. A tal proposito, i Gran Premi di Tripoli e dell’Avus dimostrano come la bimotore non sia adatta a questo genere di competizione. A Ferrari non resta che provare a stabilire il record mondiale di velocità, in cui basta solo un lungo rettilineo e non è necessaria la percorrenza in curva della vettura (ciononostante, Ferrari decide di cambiare gli pneumatici alla bimotore, preferendo alle Pirelli le coperture inglesi Dunlop, azienda che ha contattato tramite l’agenzia italiana). Per far ciò, Ferrari sceglie di percorrere il tratto d’autostrada Firenze-Mare di Altopascio, un rettilineo di otto chilometri, in cui proprio Hans Stuck con l’Auto Union - il 16 Febbraio 1935 - ha battuto il precedente record di velocità, stabilito da Caracciola su Mercedes all’Avus, nel corso dello stesso inverno.
Sabato 15 Giugno 1935, al casello autostradale di Altopascio, alle ore 5:00 a.m., giunge il camion gialloblu della Scuderia Ferrari, contenente la bimotore che sfoggia una pinna aerodinamica alle spalle del posto di guida, sul cupolino. Raccolti intorno all’officina da campo allestita dai meccanici della Scuderia Ferrari, agli ordini di Meazza, si presentano giornalisti, tecnici dell’Alfa Romeo e di case di accessori, rappresentanti delle istituzioni, gerarchi, appassionati e curiosi. Tra di loro è presente anche il presidente del R.A.C.I. nonché il Duca di Spoleto, figlio del re, incuriosito nell’assistere all’impresa di Nuvolari, che si intrattiene con Ferrari mentre Bazzi e i meccanici ultimano le operazioni di preparazione della vettura. È Bazzi a compiere il primo tragitto sulla Bimotore, quello che dal casello di Altopascio porta al campo di aviazione di Lucca, tra i chilometri 56.910 e 58.600, lo stesso tratto di strada dove Stuck ha fatto segnare il record di velocità quattro mesi prima.
Alle 9:50 a.m. sale sulla bimotore Tazio Nuvolari: quello che dovrebbe essere un normale test di preparazione, presto si trasforma in un primo tentativo perché il pilota mantovano si rende conto che la vettura risponde bene alle sollecitazioni. Nonostante il forte vento che lo fa quasi uscire di carreggiata per due volte nella tratta di Altopascio verso il mare, e una folata che lo fa sbandare costringendolo per 150 metri a guidare con l’auto di traverso prima del tratto cronometrato, Nuvolari riesce immediatamente nell’impresa. I nuovi record mondiali stabiliti sono di 321.428 km/h di media sul chilometro lanciato, in 11.20 secondi, e di 323.125 km/h di media sul miglio lanciato, in 17.93 secondi, con una punta massima di velocità registrata a 336.252 km/h.
Il record di Stuck, anche se appartiene ad un’altra classe e quindi ufficialmente resiste, viene battuto, mentre più veloci della bimotore e di Nuvolari rimane Malcolm Campbell con la sua bizzarra Blue Bird, che poco ha a che vedere con un’automobile. Il Duca di Spoleto e tanti altri appassionati si congratulano con Nuvolari e con Ferrari, e i festeggiamenti continuano anche nel corso della serata, presso il Municipio di Lucca. Il giorno successivo, Nuvolari e Ferrari tentano di battere i record con partenza da fermo, ma dopo qualche prova Ferrari ordina di tornare a Modena: il vento spira troppo violentemente per continuare la sfida contro il tempo. L’impresa di Nuvolari viene esaltata dagli sportivi italiani, e la stampa onora tutte le persone coinvolte.
La stagione 1935 della Scuderia Ferrari prosegue in estate, con le vittorie ottenute nelle gare in cui le vetture tedesche non sono presenti, e con delle disfatte annunciate nelle gare - soprattutto le più importanti - in cui Auto Union e Mercedes sono invece presenti. Domenica 28 Luglio 1935 si corre nel tempio dell’automobilismo tedesco, il circuito del Nurburgring, sede del Gran Premio di Germania, dove con ogni probabilità si preannuncia lo scontro tra Auto Union e Mercedes, piuttosto che un’opposizione da parte delle Alfa Romeo e delle Maserati. Ferrari riceve sorprendentemente un’offerta per la partecipazione dagli organizzatori piuttosto bassa, rispetto a quanto abitualmente un Gran Premio europeo può proporre. Ferrari non impiega molto tempo per intuire il motivo di questo strano atteggiamento: la speranza degli organizzatori tedeschi è quella di convincere Nuvolari a non partecipare alla gara, perché i precedenti insegnato a non fidarsi delle abilità di guida del pilota mantovano.
Questo perché il Gran Premio di Germania è importante per il governo tedesco condotto da Hadolf Hitler in termini di propaganda per lo sport, per l’industria e per il regime nazista. Tuttavia, d’accordo con il mantovano, Ferrari decide ugualmente di accettare la bassa proposta economica di partecipazione. Così, in Germania giungono tre Alfa Romeo P3 per Nuvolari, Chiron e Brivio, mentre l’industria tedesca presenta due formazioni fortissime: cinque Mercedes per Caracciola, Lang, Fagioli, Geier e von Brauchitsch, e quattro Auto Union per Stuck, Rosemeyer, Varzi e Pietsch.
Tazio Nuvolari vince con la vecchia Alfa Romeo l'ottavo Gran Premio di Germania, che si disputa su una distanza di ventidue giri nel percorso nord del famoso Nurburgring, di 22.810 metri, per un totale di 501.820 metri. Nuvolari compie forse la più bella corsa della sua carriera, facendo sfoggio di maestria insuperabile accompagnata da audacia senza pari. Per la prima volta dopo molto tempo gli riesce di portare vittoriosamente la rossa Alfa Romeo al traguardo, rompendo il fronte formidabile costituito dalle macchine tedesche della Mercedes-Benz e dell'Auto Union, e ciò in una corsa drammatica quale non si era mai vista sul Nurburgring. Da un anno ai campioni dell’Alfa Romeo non era più stato possibile imporsi ai rivali, dotati di mezzi meccanici assolutamente superiori, ed avevano dovuto sempre accontentarsi di piazzamenti onorevoli.
Nuvolari spezza l’incito di una gara che può dirsi una delle più belle che la storia dell'automobilismo ricordi e che ha tenuto desta l'emozione fino all’ultimo, facendo dimenticare la pioggia ed il vento che sferzano durante tutto il tempo della corsa. La fortuna questa volta non è avversa ai colori dell’Italia, ma nulla toglie al merito di Nuvolari e della sua Alfa Romeo, se si pensa che al tredicesimo giro il mantovano ha un ritardo dal primo, il tedesco Von Brauchitsch su Mercedes, di l’50"0. Giro per giro, Nuvolari diminuisce questo distacco: al sedicesimo giro non è più che di l'23"0; al diciottesimo l'05"0; al diciannovesimo giro di 40 secondi; al ventesimo giro di 32 secondi; al ventunesimo di 27 secondi. Ed infine, a nove chilometri dalla fine Nuvolari si trova a soli duecento metri da Von Brauchitsch, e riuscirà a superarlo prima del traguardo poiché sulla vettura del tedesco, affrontando le curve del Carousel, scoppiano prima la gomma sinistra, e poi anche quella destra posteriore, permettendo a Nuvolari di coronare la sua meravigliosa prova passando il traguardo con l'30"0 di vantaggio sul secondo arrivato, il tedesco Von Stuck, su Auto Union.
Già alla vigilia del Gran Premio inizia l'afflusso della grande massa di pubblico verso il circuito, che continuerà sotto la pioggia e il vento anche durante le ore successive, tanto che 200.000 spettatori saranno ammassati nelle tribune, o sparsi nei prati e nei boschi lungo tutto il pittoresco percorso. Nella tribuna d'onore saranno presenti numerose autorità. Alle ore 11:30 a.m. viene dato il segnale di partenza a mezzo della luce rossa, gialla e verde di un segnalatore di circolazione stradale collegato coi cronometri elettrici e Caracciola prende subito la testa davanti a Nuvolari, Fagioli e agli altri concorrenti. Von Stuck e Fictsch si avviano con qualche ritardo. Caracciola è in testa al traguardo del primo giro in 16'19"0, alla media di 112 Km/h, con 12 secondi di vantaggio sui suoi inseguitori Nuvolari, Fagioli, Rosemeyer, Von Brauchitsch e Chiron. Balestreri esce di strada e deve ritirarsi.
Al secondo giro Rosemeyer, su Auto Union, comincia a forzare per portarsi in testa, e passa infatti al secondo posto dietro Caracciola, seguito a sua volta da Von Brauchitsch, Fagioli e Von Stuck; distaccati gli altri concorrenti, mentre Brivio si ritira per guasto al differenziale. Rosemeyer continua nel suo inseguimento, e alla fine del quarto giro soltanto quattro secondi lo separano da Caracciola, che continua a mantenersi in testa ad una media di 115.200 km/h. Durante il quarto giro Chiron, che si è portato in quinta posizione e comincia a farsi minaccioso, si ferma ai box e si ritira per un guasto. La Scuderia Ferrari rimane in lotta soltanto con Nuvolari ma la partita sembra già perduta per i concorrenti italiani, dato che le Maserati fin dall'inizio non sono mai state in gara. Al sesto giro Rosemeyer rientra ai box con una gomma posteriore a terra e perde tempo prezioso che consente ai tre assi della Mercedes, Caracciola, Fagioli e Von Brauchitsch di proseguire uniti ed indisturbati, seguiti da Rosemeyer, ripartito velocissimo, e da Nuvolari.
Questa situazione si mantiene immutata per qualche giro. Soltanto Pietsch e Varzi sono costretti a fermarsi ai box. Frattanto, però, Nuvolari aumenta notevolmente il ritmo e compie il nono giro in 10'57", alla media di 124.900 km/h, passando il traguardo in terza posizione dietro a Caracciola e a Von Brauchitsch, davanti a Rosemeyer e Fagioli; sesto è Von Stuck con un distacco di l'14"0 da Caracciola. Nel corso del nono giro Nuvolari, continuando nel suo progressivo recupero, sorpassa anche Caracciola, prendendo il primo posto, tallonato da Von Brauchitsch. All'undicesimo giro si fermano contemporaneamente ai box Nuvolari, Von Brauchitsch, Caracciola e Rosemeyer, e si assiste così alla interessante gara di velocità fra i meccanici dei quattro corridori che eseguono il cambio delle gomme e il rifornimento di benzina. Ha la meglio Brauchitsch, che riparte per primo gettandosi all'inseguimento del suo compagno Fagioli che nel frattempo era passato, senza fermarsi ai box. Seguono nell'ordine Rosemeyer, Caracciola, Von Stuck e Nuvolari.
Al tredicesimo giro anche Fagioli deve fermarsi ai box per effettuare il cambio delle gomme e i rifornimenti, e Von Brauchitsch prende quindi il comando del gruppo che manterrà in modo brillantissimo fino all'ultimo giro. Il distacco delle vetture di testa aumenta sempre. Da esse si allontanano prima Von Stuck e poi Rosemeyer, che devono fermarsi ai box per effettuare delle riparazioni. Von Brauchitsch compie il quindicesimo giro in 10’32”0, alla media di 129.924 km/h, stabilendo così il giro più veloce della giornata. Ma Nuvolari ha, nel frattempo, di nuovo aumentato il ritmo e al diciottesimo giro è a 37 secondi di distanza da Von Brauchitsch, davanti a Von Stuck e a Caracciola. Questo distacco diminuirà giro per giro ad onta della difesa cuspidata di Von Brauchitsch, che ha il vantaggio di essere dotato di un mezzo meccanico infinitamente superiore per potenza e velocità.
Al ventiduesimo giro, a pochi chilometri dal traguardo, avviene il colpo di scena che toglie dalla lotta lo sfortunato Von Brauchitsch e corona con la meritata vittoria una delle più importanti e difficili corse automobilistiche del mondo Nuvolari e l'Alfa Romeo. Il pubblico, benché disilluso nella sua speranza di una vittoria tedesca, applaude sportivamente il vincitore, al quale, mentre si innalza la bandiera italiana sul pennone e le note della Marcia Reale e di Giovinezza si diffondono sonore, il maggiore Huehnlein consegna l'artistico premio del Cancelliere Hadolf Hitler, dichiarando che egli e gli sportivi germanici s'inchinano volentieri di fronte a una grande vittoria riportata cavallerescamente.
La settimana successiva, sul Circuito del Montenero di Livorno, gara della potente famiglia Ciano, la Scuderia Ferrari piazza tutte e quattro le sue vetture ai primi quarti posti, con Nuvolari vincitore. A Pescara nessuna delle sei P3 della Scuderia Ferrari riesce ad andare oltre al terzo posto, posizionandosi alle spalle delle imprendibili Auto Union di Varzi e del giovane talento tedesco Rosemeyer. Il risultato della Scuderia Ferrari, per quanto attendibile, genera malumore sia a Ferrari che ai suoi piloti ma, a differenza del costruttore modenese, i corridori sfogano il loro disappunto in pubblico.
Immediatamente Ferrari, per mezzo di una circolare interna, richiama i propri piloti a un comportamento più corretto, invitandoli a non esprimere giudizi negativi verso le vetture della Scuderia Ferrari. È chiaro che dopo l’impresa del Nurburgring, la P3 non ha più niente da offrire in termini di competitività. Anche la bimotore ha dimostrato le sue irreversibili fragilità e dunque si spinge il più possibile lo sviluppo della nuova vettura targata Jano, l’Alfa Tipo C. Domenica 8 Settembre 1935, in occasione del Gran Premio d’Italia che si svolge a Monza, vengono portati due esemplari di 8C, affidati a Nuvolari e Dreyfus, mentre Chiron viene precauzionalmente lasciato a riposo a seguito di un incidente in cui è rimasto coinvolto due settimane prima, a Berna.
La 8C compie un buon esordio: Nuvolari, seppur costretto a salire sulla vettura gemella assegnata a Dreyfus, coglie la seconda posizione, inserendosi tra le due Auto Union del vincitore Stuck e di Rosemeyer. Successivamente, l’Alfa Romeo 8C vince il Gran Premio di Modena, per poi ottenere un altro secondo posto a Brno a fine settembre con Nuvolari. Le vetture tedesche restano davanti, ma la 8C dimostra un buon potenziale. La stagione della Scuderia Ferrari si conclude al Circuito di Cosenza, domenica 6 Ottobre 1935, dove vince Tonino Brivio con una P3. Per recuperare il tempo perduto, Ferrari convoca già martedì 29 Ottobre 1935 Nuvolari e Dreyfus, e con loro si reca sul circuito del Montenero a Livorno per provare le due 8C, dove ad attenderli è presente Marinoni, che effettuerà anch’egli delle prove, dove confronteranno la nuova vettura con una ormai vecchia P3. Si chiude così la sesta stagione della Scuderia Ferrari dalla sua nascita. Commenta Enzo Ferrari:
“La storia dell’annata sportiva 1935 ha dimostrato che la Scuderia Ferrari sa mantenere il suo posto, e sa spesso vincere anche ad armi non pari”.
La bimotore, suggerisce Ferrari, malgrado non abbia un futuro:
“È stato un esperimento doppiamente onorevole, e per l’iniziativa originale che si è audacemente affermata in un momento in cui sembrava non esistesse ancora alcun strumento tecnico per poter colmare lo svantaggio iniziale dinnanzi a costruttori stranieri già ricchi di materiali e di mezzi, e per il risultato eccezionale che è venuto a ricompensare lo sforzo tenacemente compiuto”.
Se è vero che la Tipo C in versione otto cilindri ha riscosso ottime impressioni e che al Portello Jano sta lavorando anche sulla versione a dodici cilindri, per Ferrari continua ad essere Tazio Nuvolari il punto di riferimento fondamentale, tanto che a metà Novembre scrive una lettera al direttore generale dell’Alfa Romeo, Ugo Gobbato, nella quale richiede un suo intervento diretto sulla trattativa per il rinnovo del pilota mantovano, esortandolo a un comune interesse:
"Saremmo sentitamente grati alla Signoria Vostra se volesse ulteriormente farci oggetto di considerazione interessandosi gentilmente, sia direttamente, sia attraverso la persona del comm. Jano, per indurre il comm. Nuvolari a rinnovare il contratto per la futura stagione sportiva. Conteremmo che la Signoria Vostra mettesse in evidenza l’opportunità di adeguare le condizioni del nuovo contratto al particolare momento che attraversiamo ed alle prospettive che si affacciano per la futura stagione automobilistica, la cui attività sarà probabilmente molto limitata".
Una missione discretamente difficile il rinnovo di Nuvolari, in quanto non solo le richieste economiche sarebbero dovute essere minori rispetto alla stagione precedente, ma anche perché la Maserati, ottenendo dei finanziamenti esterni, lo corteggia per averlo in squadra. Mai così lusingato dal rispettoso corteggiamento di Maserati, Nuvolari non prende mai veramente in considerazione l’offerta della Casa bolognese e nei primi giorni di Gennaio del 1936 firma con la Scuderia Ferrari il rinnovo del contratto per la nuova stagione sportiva. Ferrari, certamente sollevato, continuerà ad avere nella propria squadra il pilota più forte della propria generazione. Dopo la prima stagione dal loro ritrovo, si può affermare con certezza che tra Ferrari e Nuvolari è tornata la pace. Il settimanale illustrato della Scuderia Ferrari presenta il pilota di punta del team di Modena, Tazio Nuvolari, per la stagione 1936:
"È il guidatore d’automobili da corsa più popolare che sia mai esistito al mondo. Il suo nome è sinonimo di imprese leggendarie, che commuovono ed esaltano folle sportive. L’esperienza di tre lustri di ininterrotta attività non lo ha trasformato in un avaro dosatore di energie e di rischi. Ne ha fatto soltanto il pilota più forte che sia mai esistito e il combattente più irriducibile".
La stagione 1935 della Scuderia Ferrari è stata caratterizzata da risultati onorevoli, conquistati con Tazio Nuvolari; la stagione 1936 avrebbe riservato con ogni probabilità uno scenario simile, perché con Auto Union e Mercedes presenti ai Gran Premi sarebbe stato altrettanto difficile vincere. Prima che il pilota mantovano possa firmare un nuovo contratto, Enzo Ferrari è costretto a dover subire due pesanti perdite pere quanto riguarda la sua squadra: il primo, Louis Chiron, declina l’offerta di rinnovo e firma per Mercedes. Un trasferimento caratterizzato anche da contorni politici; infatti il cancelliere tedesco Hadolf Hitler pare abbia dato il consenso per l’arrivo di Louis Chiron per dare un preciso segnale di distensione al governo francese. Il secondo fuoriuscito, il francese René Dreyfus, ha in un primo momento richiesto a Ferrari un accordo per il suo prolungamento del contratto per il 1936 durante la giornata dello svolgimento del Gran Premio d’Italia, a Monza, per poi - venerdì 27 Settembre 1935 - firmare a Modena l’accordo.
Ma giovedì 12 Dicembre 1935 il pilota transalpino incontra nuovamente Enzo Ferrari a Modena. Questa volta Dreyfus si confessa preoccupato perché teme, a causa della situazione politica internazionale (in questo caso con l’invasione italiana in Etiopia; le nazioni europee minacciano dei boicottaggi), di non avere più la possibilità di gareggiare le gare esterne ai confini italiani, e ha perciò accettato l’offerta di un’altra Casa automobilistica. Dreyfus chiede esplicitamente a Ferrari di essere lasciato libero e il costruttore modenese, sorpreso dalla sua domanda, afferma che avrebbe esaminato col miglior spirito conciliativo la sua richiesta, che sarebbe stata con ogni probabilità accolta. Qualche giorno dopo Enzo Ferrari apprende che Dreyfus ha interpretato in modo personale le sue parole, e ha accettato l’offerta della Talbot senza aspettare la decisione ufficiale della Scuderia Ferrari. E così Enzo Ferrari, accettando la situazione così come si presenta, ha a disposizione per la stagione 1936 le prestazioni di Tazio Nuvolari e le giovani speranze Tonino Brivio, Carlo Pintacuda, Mario Tadini e il talento emergente dello sport automobilistico italiano, Giuseppe Farina.
Sabato 14 Dicembre 1935 Enzo Ferrari presiede l’assemblea annuale della Società Anonima Scuderia Ferrari. La notizia principale riguarda Carlo Felice Trossi, che ha rassegnato le sue dimissioni da presidente dopo quattro anni. Il Conte motiva la scelta addicendo a ragioni personali, ma probabilmente la ragione più auspicabile è che, essendo in quel momento anche un gentleman driver, non si trova più a proprio agio in una struttura sempre più rivolta al professionismo. Enzo Ferrari, per quanto debitore e affezionato al Conte, non ha mai compreso totalmente, e mai condiviso, la personalità di Carlo Felice Trossi, decisamente diversa da quella del costruttore modenese: una persona che si è sempre accontentata di sfiorare i problemi e di assaggiare le passioni. Enzo Ferrari prende atto della sua decisione e accetta con compiacimento il risultato della votazione dell’assemblea: è lui il nuovo presidente. Dopo sei anni in cui ha avuto bisogno del denaro dei Caniato e poi di Trossi, Ferrari ora non ha più bisogno di dipendere economicamente da nessuno. In più la Scuderia Ferrari è adesso tutta sua, realizzando quel desiderio che attende dal giorno in cui ha concepito l’idea di formare una propria squadra.
Convinto che ci sia il bisogno, all’interno della sua struttura, di una figura eccellente in un Paese sempre più politicizzato, Enzo Ferrari agevola l’elezione a consigliere di Eugenio Sillingardi, esponente del Partito Fascista a Modena. Con ogni probabilità il nuovo consigliere avrebbe contribuito a difendere la Scuderia Ferrari dagli inarrestabili dissapori di chi, all’interno della stessa Alfa Romeo, sogna ad ogni costo il ritorno in forma diretta delle Case automobilistiche nelle competizioni. Due mesi più tardi Sillingardi diventa inoltre rappresentante delle scuderie italiane nella nuova Commissione Sportiva del R.A.C.I. Inoltre, al parco auto della Scuderia Ferrari si aggiungono le nuove Alfa Romeo Tipo C a dodici cilindri, le vetture su cui Jano sta lavorando da mesi, e di cui Enzo Ferrari è certo che si dimostreranno all’altezza della fama del suo progettista. L’incognita che scombussola la stagione seguente è rappresentata dalla posizione in Europa dell’Italia, partendo dall’isolamento europeo nei suoi confronti. Ma Enzo Ferrari fa intendere come la decisione finale sulla predisposizione del calendario non spetti a lui:
"Il calendario che ho predisposto si inizierebbe col Gran Premio di Pau in Marzo, e terminerebbe col Gran Premio di San Sebastiano in Ottobre".
Enzo Ferrari e i suoi uomini sono pronti ad onorare tutti i grandi impegni europei ma il costruttore modenese ammette che la Scuderia Ferrari si atterrà disciplinatamente agli ordini esclusivi del Regime italiano. Il sogno di Enzo Ferrari è quello di poter partecipare alla Indy 500, un obiettivo che ha in mente già da diversi anni, e che tra l’altro è il medesimo che ha in mente Tazio Nuvolari. Ma l’ostacolo è dato dai regolamenti, diversi da quelli europei, e Ferrari, già informato del fatto che la situazione sta cambiando, attende che i regolamenti americani possano confermare l’ammissione delle vetture con compressore. Quando riceverà la conferma sulla modifica del regolamento, Enzo Ferrari sarà già pronto per affrontare il viaggio in America perché la sua organizzazione è già prevista e studiata da qualche mese. Sono due le gare americane a cui vorrebbe partecipare, la Indy 500 o, in alternativa, la Coppa Vanderbilt. Le sanzioni economiche imposte dall’Europa all’Italia non presagiscono una stagione facile per la Scuderia Ferrari, partendo dai fornitori che diminuiranno al minimo quasi irrilevante i loro sussidi.
In più, Enzo Ferrari deve obbedire alle direttive del Regime italiano e quindi deve ridimensionare il formato del suo settimanale illustrato, passando dalle dimensioni di un quotidiano a quelle di una rivista. Un’altra situazione particolarmente spiacevole, ma al quanto surreale, accadrà poco prima della domenica del 1° Marzo 1936, in cui è in programma il Gran Premio di Pau, la gara d’apertura del calendario. I furgoni gialli e blu della Scuderia Ferrari con all’interno le due Alfa Romeo Tipo C, partite da Monza dopo un raduno tra i propri piloti, prendendo la strada verso la Francia, si sono dovuti fermare al confine di Ponte San Luigi. Poiché il governo francese ha aderito alle sanzioni economiche imposte all’Italia, appena uscita dalla Lega delle Nazioni, il governo condotto da Benito Mussolini ha risposto congelando ogni rapporto con la repubblica francese. Alla frontiera, la comitiva della Scuderia Ferrari riceve un chiaro ordine da Roma. Uomini, mezzi e materiali sono costretti a tornare a Modena. Questo episodio, fortunatamente, rimarrà solo un evento singolare poiché la situazione internazionale diventerà più stabile nei mesi a venire.
Dopo aver occupato tutto il podio alla Mille Miglia con tre vetture, a Monte-Carlo ricomincia la stagione dei Gran Premi, dove Enzo Ferrari decide di schierare quattro Alfa Romeo 8C. Sotto il diluvio, Tazio Nuvolari, partendo dalla seconda posizione, tra le due Mercedes di Chiron e Caracciola, riesce a comandare la gara per trenta dei cento giri in programma, finché delle noie ai freni lo costringono a rallentare l’andatura. Ma questa fuga insperata di Nuvolari è agevolata da un incidente nelle fasi iniziali della gara, che ha visto coinvolte le Mercedes di Chiron, von Brauchitsch e successivamente anche Fagioli, i quali sono scivolati sull’olio lasciato sull’asfalto dall’Alfa Romeo di Tadini. La stampa tedesca scatena perciò una grossa polemica nei confronti dell’inconveniente accorso alla 8C di Tadini, che ha oscurato la scena alle tre Mercedes nella prima parte di corsa. Il direttore sportivo della Mercedes, Alfred Neubauer, accusa Tadini per l’incidente e la Scuderia Ferrari di malafede. Neubauer insinua che la squadra di Modena non abbia ritirato la vettura che ha riscontrato una perdita d’olio, quella di Brivio, e che ha perciò affidato a un pilota di secondo piano. Enzo Ferrari risponde alle affermazioni di Neubauer con fermezza:
"Noi non raccoglieremo l'insinuazione grossolana, alla quale si è tentato di dare una vernice di fondatezza definendo il nostro comportamento come la conseguenza logica della nostra necessità di non perdere il premio di partenza. È vero che noi non abbiamo i mezzi economici di cui dispongono i nostri concorrenti e che dalle corse dobbiamo trarre il massimo profitto per pagare anzitutto le macchine e tutti i nostri collaboratori e fornitori, ma non per questo i diecimila franchi di Monaco potevano suggerirci ciò che ci ha attribuito solo chi non ci conosce".
Enzo Ferrari, scagionato dal direttore della corsa e dagli organizzatori del Gran Premio di Monaco, conclude la sua replica con una stoccata diretta a Neubauer:
"Non è generoso per nessuno, tanto meno per chi abitualmente vince, accusare altri di sistemi scorretti. Dal monopolio delle vittorie sportive al quale egli giustamente tende a quello della correttezza, vi è una... lieve differenza".
L’annata 1936 sancisce chiaramente la popolarità assunta dal Partito Fascista in Italia, grazie all’invasione dell’Abissinia, alla Guerra in Africa, l’uscita dalla Lega delle Nazioni, le sanzioni, la donazione dell’oro alla Patria e la proclamazione dell’Impero. Ed Enzo Ferrari non è, e non può essere altrimenti, immune alla retorica del Regime italiano e al loro esasperato nazionalismo. L’Alfa Romeo, industria di Stato, viene vista dal Regime come uno strumento di propaganda e la Scuderia Ferrari, legata alla Casa milanese, ne trae indubbiamente dei vantaggi. In questo delicato periodo storico Enzo Ferrari concede tutta la sua disponibilità ad accettare le richieste del governo di partecipare alle gare all’estero, sentendosi soddisfatto di poter sentire l’influsso di direttive che guidano al successo l’Italia Fascista nelle proprie attività. L’essere italiano e perciò fascista diventa un tema ricorrente nella dialettica di Ferrari e altri due segnali che testimoniano la maggiore attenzione riservata dal costruttore modenese alla situazione politica italiana sono la precedente nomina di Eugenio Sillingardi al consiglio d’amministrazione della Scuderia Ferrari e la volontà di restare fedele al team da parte di Tazio Nuvolari, per il quale Enzo Ferrari si dice lieto di constatare la sua dedizione di fascista. Non sorprende che Ferrari abbia usato un linguaggio più consone a un politico che a un uomo di sport nello scontro di dichiarazioni con Neubauer, in cui riassume:
"Per noi italiani e fascisti, l’essere onesti e corretti in tutti i Paesi ed in tutte le circostanze non è un privilegio né un vanto, ma semplicemente un dovere".
Il podio monegasco è tutto di marca tedesca: il vincitore Caracciola su Mercedes precede le Auto Union di Varzi e Stuck. Con Nuvolari quarto, si chiude con un mezzo fallimento la spedizione nel Principato della Scuderia Ferrari. Ma Enzo Ferrari guarda già avanti perché a Tripoli, domenica 10 Maggio 1936, esordisce la nuova 12C. Sabato 9 Maggio 1936, in prova, Tazio Nuvolari finisce fuori pista e si ribalta con il nuovo esemplare a causa dello scoppio di uno pneumatico, inconveniente già accorso alla vettura gemella di Giuseppe Farina qualche giorno prima in una sessione di prove a Monza, che lo ha costretto a saltare la trasferta in Africa. Nuvolari invece, nonostante sia uscito malconcio dall’incidente, si fa bendare e, aggirando il divieto dei medici, domenica 10 Maggio 1936 si presenta al via della corsa. Le tre 12C di Nuvolari, Brivio e Tadini, a cui è spettato guidare l’esemplare incidentato di Nuvolari rimesso in condizioni di poter gareggiare dai meccanici durante la notte, si dimostrano all’altezza delle Mercedes, ma non altrettanto delle Auto Union.
Le 12C si mostrano fragili nel gestire le coperture; infatti i piloti sono obbligati a diverse fermate ai box che li relegano al sesto, settimo e ottavo posto, alle spalle di Pintacuda su 8C il quale, nonostante ha avuto una vettura meno potente e meno veloce, non ha accusato i medesimi guai agli pneumatici dei compagni di squadra. Invece, l’Auto Union, dominatrice della gara con Varzi primo e Stuck secondo, ha dato seguito a una richiesta proveniente da Berlino, dalla quale il governo nazista chiedeva al team tedesco di far vincere la gara al pilota italiano, in modo tale da omaggiare il neo alleato italiano dopo la proclamazione dell’impero nazi-fascista. Il fatto ha conseguentemente generato molte polemiche, tanto che l’incolpevole Varzi verrà isolato dalla squadra tedesca. La settimana successiva Enzo Ferrari schiera per la gara di Tunisi una 8C per Pintacuda e una 12C per Brivio, mentre Nuvolari, con le costole rotte, rientra in Italia.
Le Alfa Romeo della Scuderia soffrono durante la gara di poca potenza, a causa della scarsa qualità della benzina: a causa del mancato arrivo dall’Italia del carburante Dynamin preparato dalla Shell, si è dovuto reinventare un surrogato arrivato di fretta da Tripoli. Pintacuda è capace di arrivare secondo, ma con un distacco di ben due giri dal vincitore Caracciola su Mercedes, e soprattutto sfruttando i problemi di varia natura che hanno afflitto le Auto Union. Brivio si è ritirato all’ottavo giro dei trenta in programma. Enzo Ferrari non ci sta e critica aspramente, sia in pubblico sia in privato, le istituzioni italiane e il governo sportivo di porre scarsa attenzione nei suoi confronti e nelle competizioni agonistiche, lasciandolo solo a combattere contro la gigante industria automobilistica tedesca, supportata dal governo del Reich. Enzo Ferrari, rispondendo per l’ennesima volta a chi gli getta addosso le responsabilità per il crollo delle prestazioni in pista della Scuderia Ferrari, rilanciando al ritorno alle competizioni da parte delle case automobilistiche, accusa l’intero sistema di non interessarsi allo sport automobilistico in Italia.
Analizzando la situazione, è chiaro come il problema fondamentale riversi sulle gomme, che penalizzano le prestazioni delle nuove Alfa Romeo. La Continental non può affidare le proprie gomme all’Alfa Romeo perché le fornisce esclusivamente alle vetture tedesche, mentre la Pirelli, con cui Ferrari continua ad avere dei rapporti amichevoli, non può produrre pneumatici da corsa perché è da tre anni che si è ritirata dalle competizioni e non riuscirebbe in tempi brevi a fornire degli pneumatici adatti. La Englebert che fornisce le gomme alla Scuderia Ferrari, nonostante la tanta buona volontà, è una azienda con cui è difficile collaborare, dati i 1200 chilometri di distanza, e non ha nessun interesse economico e sportivo in Italia. Se non si trovassero gli pneumatici adatti, la soluzione sarebbe quella di disertare le gare di alta velocità, che però sono la sede principale dei maggiori Gran Premi internazionali.
"Con grande amarezza constatiamo la inutilità, forse, di perseverare in uno sforzo che supera le nostre possibilità".
Enzo Ferrari esprime questo concetto per cercare di prevenire gli attacchi dei suoi denigratori che certamente avrebbe ricevuto, motivo ulteriore della sua chiassosa uscita pubblica, e aggiunge:
"Se un dovere superiore esiste in questa difesa di prestigio sportivo, è logico che la successione sia raccolta oggi da coloro che pensano di rinfacciare il vecchio motivo della partecipazione diretta delle Case alle corse. La fiera delle illusioni ha chiuso i battenti con il X Gran Premio di Tripoli".
Ma in realtà Ferrari è nel frattempo immerso nella preparazione delle trasferte nel continente americano: infatti, si è aggiunta a quella nordamericana una spedizione in Brasile. Domenica 7 Giugno 1936 la Scuderia Ferrari è invitata a partecipare al Gran Premio di Rio De Janeiro, sollecitata dall’ambasciatore italiano in Brasile Roberto Cantalupo. In seguito si aggiunge una seconda gara in Brasile, quella di San Paolo. Per Rio de Janeiro, Ferrari decide di mandare il pilota meno indispensabile, cioè Carlo Pintacuda, con lui si aggiungono il numero uno dei suoi collaudatori Attilio Marinoni, il tecnico Giberti, il meccanico Stefani e due esemplari di 8C 2900 AA, biposto che Jano ha derivato dalle P3. Successivamente Ferrari avrebbe venduto le due vetture a due piloti sudamericani. Per l’impegno nordamericano Enzo Ferrari ha deciso di non andare a Indianapolis perché si sarebbe corso troppo a ridosso delle prime gare europee. Perciò la sua scelta vira verso la Coppa Vanderbilt, programmata in Ottobre, quando la stagione dei Gran Premi europei è in conclusione.
I piloti prescelti per la gara americana sarebbero stati Tazio Nuvolari il quale, nonostante avesse il desiderio di correre a Indianapolis, aveva accettato la decisione di Enzo Ferrari, e infine Mike Boyle, al quale ha dato a disposizione una vettura e gli ha altrettanto offerto la cifra spropositata di un milione di franchi. Nella stessa domenica in cui Pintacuda e Marinoni gareggiano a Rio de Janeiro, Nuvolari, Farina e Brivio sono impegnati nel Gran Premio del Penya Rhin, a Barcellona, sul circuito del Montjuic. Al volante della 12C Nuvolari vince a sorpresa, risultando l’unico pilota a scendere sotto il muro dei due minuti al giro. Malgrado le Alfa Romeo Tipo 12C e 8C non posseggano la potenza e la velocità dell’Auto Union Tipo C o l’agilità della Mercedes W25K, possono essere competitive sui tracciati misti come quello del Montjuic, e di una grande parte dei circuiti europei. Nel Gran Premio dell’Eifel di metà Giugno, Tazio Nuvolari coglie la seconda posizione alle spalle del solo Rosemeyer su Auto Union, vincendo poi nello stesso mese a Budapest e a Milano, nonostante a Milano l’unica Auto Union in gara è quella di Varzi, mentre a Budapest le squadre tedesche partecipano al completo.
Giovedì 9 Luglio 1936 Ferrari, Gobbato e Jano si incontrano al Portello. L’Alfa Romeo sta ricevendo pressioni da parte degli organi sportivi dello stato italiano perché continui a lottare contro la supremazia delle squadre tedesche. E così l’azienda milanese e la Scuderia Ferrari si accordano per collaborare, purché entrambe le parti compiano degli sforzi maggiori, anche se è chiaro come entrambe le parti dimostrino già una grande forza di volontà. L’Alfa Romeo, presente nelle gare internazionali di alto profilo grazie alla Scuderia Ferrari, produce di fatto motori per aerei e sono soltanto dieci le automobili prodotte nel corso dell’annata 1936, la metà rispetto a quelle fabbricate nell’anno della fondazione, il 1910. Gobbato conclude l’incontro con un’affermazione che riversa la responsabilità, anche politica, su Jano ed Enzo Ferrari:
"Richiamando l’opportunità di avere le macchine sempre efficienti, la Scuderia Ferrari si accorderà col commendator Jano per il programma di partecipazione alle diverse corse dell’annata".
Intanto, però, durante il mese di Giugno, nel mezzo dei suoi successi, Tazio Nuvolari non attraversa un periodo sereno. Le condizioni di salute del figlio Giorgio, già ammalato da tempo, si aggravano e Tazio decide, prima di spostarsi a Budapest dopo la gara in Germania, di tornare in Italia. Enzo Ferrari telegrafa immediatamente Nuvolari, e con ragionevole comprensione, cordialità nei toni e senza toccare direttamente l’argomento gli dice:
"Teniamo a comunicarle che se un qualunque motivo potesse farle preferire di rimanere a Mantova, noi provvederemmo a sostituirla per questa corsa o anche a rinunciare alla partecipazione di una vettura senza alcuna difficoltà".
Ma fortunatamente Giorgio Nuvolari si riprende e il padre può ritornare a gareggiare. Domenica 2 Agosto 1936 Tazio Nuvolari ottiene la quinta affermazione alla Coppa Ciano, anche se su un tracciato accorciato e snaturato perché escluso dell’impegnativa salita al Santuario della Madonna del Montenero e la successiva discesa verso il Tirreno e l’Aurelia. Il modo in cui è arrivato il successo è uno dei più rocamboleschi; Nuvolari sale sulla vettura di Pintacuda con i freni in pessime condizioni. Enzo Ferrari, presente a Livorno per ragioni di pubbliche relazioni, in questa circostanza ha modo di sentire Tazio Nuvolari che di fronte ai giornalisti afferma spavaldamente - e scherzosamente - che per andare forte i freni non servono. Con tutte le difficoltà delle Auto Union di Varzi, ritirato per un guasto ai freni, Stuck, ritirato per aver danneggiato l’auto e Rosemeyer che, dopo essersi ritirato, ha lasciato la sua vettura a Stuck, la Scuderia Ferrari piazza tre vetture nelle prime tre posizioni: Nuvolari vince la corsa, precedendo Brivio e il rientrante Dreyfus, tornato alla Scuderia Ferrari fin da Domenica 19 Luglio 1936, in occasione del successivo Gran Premio di Deauville.
Venerdì 13 Settembre 1936 Tazio Nuvolari giunge secondo al Gran Premio d’Italia, alle spalle dell’imprendibile Rosemeyer su Auto Union; una settimana più tardi il pilota mantovano vince per la terza volta consecutiva a Modena, confermandosi ancora Campione d’Italia. A Modena, Tazio Nuvolari, in una delle curve più impegnative del circuito, giro dopo giro, con una mano stringe il volante e con l’altra mano saluta il figlio Giorgio, ricoverato al Policlinico di Modena che assiste dalla finestra della propria stanza alla gara. Lunedì 12 Ottobre 1936 è in programma la Coppa Vanderbilt a New York. Enzo Ferrari, rimasto a Modena, spedisce oltreoceano tre Tipo 12C e una Tipo 8C. I piloti designati saranno Nuvolari, Brivio e Farina, a cui si aggiungono il pilota di riserva Marinoni, Luigi Bazzi, il maestro Ugolini e i quattro meccanici Meazza, Stefani, Mambelli e Bai. Gli avversari da battere saranno le auto americane, due Bugatti e due Maserati private. Su un circuito ricavato vicino all’aeroporto di Roosevelt Field a Long Island, tortuoso e poco tecnico, Tazio Nuvolari è il favorito, a meno di clamorosi imprevisti. il pilota mantovano, dopo aver assaggiato il circuito con la 8C, domina le prove con la 12C e in poco più di quattro ore e mezza vince la gara, senza essere mai impensierito dagli altri quarantadue concorrenti.
Il secondo classificato, Wimille su Bugatti, accusa un ritardo al traguardo di dodici minuti, mentre Brivio, giunto terzo con la seconda delle Alfa Romeo, prende un minuto da Wimille. L’altra Alfa Romeo di Farina è costretta a fermarsi al diciassettesimo giro per problemi allo sterzo. La ragione per cui Enzo Ferrari ha scelto di gareggiare questa trasferta americana è il ricco montepremi: Nuvolari, vincendo, guadagna 20.000 dollari, mentre il piazzamento di Brivio garantisce altri 5.000 dollari. Pure i passaggi sul traguardo consegnano dei premi: 100 dollari per ogni passaggio sul traguardo. Da contratto, metà dei premi finiscono nelle casse della Scuderia Ferrari, che può dirsi soddisfatta della spedizione negli Stati Uniti. Il successo di Tazio Nuvolari negli Stati Uniti richiama un enorme clamore mediatico in Italia. Nella corrispondenza da New York il Corriere della Sera scrive:
"Trionfo di Nuvolari che raggiunge col pieno successo in America la più alta vetta della celebrità sportiva, conquistando l’alloro mai toccato ai guidatori europei. Trionfo della dodici cilindri Alfa Romeo. Trionfo dell’organizzazione e della tempestività della Scuderia Ferrari".
Al porto di Genova, Enzo Ferrari si presenta per vedere lo sbarco del suo trionfatore, ma non gli è stato possibile avvicinarlo, se non solo per poter stringergli la mano di sfuggita a causa della grande folla. Tornato a Modena, lunedì 4 Novembre 1936 Enzo Ferrari scrive una lettera diretta a Tazio Nuvolari, nella quale per iniziare si congratula per il successo in terra d’America:
"Tengo ad esprimerti il mio più vivo compiacimento che tu abbia avuto nella corsa finale di questa stagione la soddisfazione che ben meritavi, nonché la mia viva riconoscenza per la preziosissima collaborazione che anche quest’anno hai dato alla Scuderia Ferrari. Oso sperare che pure di tua generale soddisfazione sia stato il corso dei tuoi rapporti colla mia organizzazione per l’attività svolta, e che tu possa aderire al nostro desiderio di rinnovare i nostri accordi per il prossimo anno. Desidererei intrattenermi con te al più presto per deliberare sulla composizione della squadra futura, e particolarmente sulla conferma o meno dei corridori che hanno formato la tua squadra nella decorsa stagione, e sulla eventuale assunzione di altri".
L’atteggiamento di Enzo Ferrari è chiaro: pur di non perdere le prestazioni di Tazio Nuvolari si pone in una posizione di inferiorità nel loro rapporto, talmente alta è la stima nei suoi confronti. Una condotta che Ferrari non ha mai avuto con nessun pilota in precedenza. Nei giorni successivi Ferrari, insieme al prezioso Bazzi, incontra a Modena Tazio Nuvolari, il quale dà il suo consenso nella conferma in squadra di Brivio, Farina, Pintacuda e Dreyfus, e all’impiego occasionale di Tadini, Severi, Clemente Biondetti ed Emilio Villoresi. A metà Dicembre, nel corso della cena di fine stagione, viene annunciata la formazione per il 1937, anche se Enzo Ferrari, sempre con il benestare di Tazio Nuvolari, sta trattando il rientro in squadra del Conte Trossi, di cui però non parla nel corso della cena. A questo classico appuntamento di fine anno presenzia anche Achille Varzi, facendo fantasticare i giornalisti presenti per un possibile ingaggio, non sospettando assolutamente che Ferrari, in realtà, ha lasciato l’ultima parola sul suo possibile ingaggio a Tazio Nuvolari, che tutti avrebbe potuto volere fuorché il suo più acerrimo rivale. La stagione 1936 è stata tutto sommato soddisfacente, ma il divario tra l’industria automobilistica tedesca e quella italiana è aumentato.
Per difendere il proprio lavoro, Enzo Ferrari sottolinea come le vetture tedesche si possano definire bolidi adatti particolarmente ad un unico tipo di circuito e competizione, mentre la sua squadra, con il sostegno dell’Alfa Romeo, schiera delle vetture da corsa; con il termine vetture, il costruttore modenese sottintende la vicinanza alle comuni automobili. In molti criticano la lentezza e la pochezza dell’operato della Scuderia Ferrari nello sviluppo delle vetture che l’Alfa Romeo gli vende e di conseguenza, durante l’inverno del 1937, Enzo Ferrari è costretto a difendere in primis sé stesso e la propria organizzazione, ma anche la stessa Alfa Romeo. Se fino a pochi anni prima gli avversari di livello inferiore hanno permesso alla Scuderia Ferrari di dimostrare il proprio efficace rendimento, oggigiorno, per un’organizzazione pur sempre artigianale, è difficile reggere la competizione con l’industria tedesca. Nell’inverno del 1937 andrà ad affievolirsi l’illusione di Enzo Ferrari di rimanere indipendente. Ed anche Ugo Gobbato è convinto che il futuro della Scuderia Ferrari sia sempre meno autonomo. Come aveva sentenziato già un anno e mezzo prima, aziende artigiane meravigliose sono fallite quando, senza mutare la struttura intera, si sono ampliate oltre i limiti dell’afferrabile da parte del loro capo.
Dopo mesi di trattative in cui ha provato ad unire le energie di Alfa Romeo, FIAT e Scuderia Ferrari per costituire una Scuderia Italia, ma di fatto senza arrivare a una soluzione, Enzo Ferrari è costretto a cedere l’ottanta percento delle azioni della sua attività, rinunciando definitivamente alla tanto agognata indipendenza. A partire dal 1° Gennaio 1937 scatta la convenzione tra Alfa Romeo e Scuderia Ferrari per l’esercizio della gestione sportiva in compartecipazione. L’accordo scadrà il 31 Giugno 1940, a meno che il 30 Giugno dello stesso anno non sarebbe stato rinnovato. Grazie alla cessione dell’ottanta percento delle azioni, Ferrari ottiene l’impegno in forma diretta dell’Alfa Romeo e la loro assunzione di quattro quinti dei costi di gestione. Il 19 Febbraio 1937 Enzo Ferrari riceve dalla Direzione Generale dell’Alfa Romeo una copia della convenzione, compresa la lettera relativa alla sua nomina a direttore preposto a regolare l’andamento e lo svolgimento sportivo ed amministrativo della nuova organizzazione. Enzo Ferrari ha chiesto ed ottenuto diverse garanzie, scritte nell’atto di convenzione:
“Annualmente o in occasione di ogni mutamento di formula sportiva internazionale o di programmi nazionali ed internazionali, la Direzione Generale dell’Alfa Romeo, sentita la sua Direzione Commerciale e previo esame delle possibilità tecniche e costruttive delle sue officine, deciderà d’accordo con la Direzione della Scuderia Ferrari un programma di costruzione e di partecipazione alle manifestazioni sportive, tenendo per base il volume di attività svolto in passato ed in armonia al nome e alla tradizione sportiva dell’Alfa Romeo”.
Inoltre, il modenese diventa l’unico rappresentante dell’Alfa Romeo. Le vetture e i ricambi dell’Alfa Romeo saranno forniti solo ed esclusivamente alla Scuderia Ferrari, ma in cambio la squadra modenese dovrà schierare solo vetture Alfa Romeo. È vero che la maggioranza delle vetture che la Scuderia Ferrari schiera solitamente nelle gare sono Alfa Romeo, ma non sono la totalità. L’investimento dell’Alfa Romeo per la Scuderia Ferrari è di 500.000 lire, escluse le vetture da corsa, stimate invece in altri 2.000.000 di lire. Enzo Ferrari ha la possibilità di vendere con ogni libertà di negoziazione tutte le vetture di proprietà della nuova struttura senza alcuna limitazione di zona sul mercato mondiale e di comune accordo saranno prese le decisioni circa lo smobilizzo delle macchine, tipo per tipo. Impegnandosi nell’assistenza ai clienti, dalle vendite delle vetture la Scuderia Ferrari otterrà il dieci percento del ricavato, un bonus economico per Ferrari e la sua struttura. Inoltre, il team modenese dovrà occuparsi delle spese per la partecipazione alle gare, compresi i viaggi di piloti, meccanici e trasporto vetture, agli ingaggi dei piloti, alla manutenzione delle vetture e alle spese di amministrazione. Enzo Ferrari, da presidente e direttore generale, percepirà da ora in poi 8.000 lire al mese, per un totale di ben 96.000 lire all’anno, a cui si aggiunge la cifra di 25.000 lire all’anno che l’Alfa Romeo gli riconosce per l’affitto della palazzina e dell’officina in viale Trento Trieste, al civico 33. L’Alfa Romeo spedisce a Modena alcuni uomini che lavoreranno su vetture e motori progettati per la nuova formula internazionale, in vigore dal 1938, fra cui il più importante è Gioachino Colombo, uno dei fedelissimi di Vittorio Jano.
Gli altri elementi del gruppo di lavoro saranno l’ingegner Alberto Massimino, il disegnatore Angelo Nasi, i volti storici Federico Giberti e Reclus Forghieri, con quest’ultimo che si occuperà del basamento del motore a otto cilindri in linea, e infine Luigi Bazzi. Questa squadra di tecnici avrebbe lavorato anche sul progetto voiturette, vetture di un litro e mezzo di cilindrata che gareggiano in una competizione a sé rispetto alla formula dei 750 chilogrammi. Ferrari pensa che, se non è possibile competere con le imponenti squadre tedesche nella massima formula, avrebbe potuto essere protagonista in una gara agonistica, che tra l’altro sta aumentando di popolarità, in cui i concorrenti sono poco più che artigianali, come Maserati, ERA e Delage. Nel contempo, Jano sta ancora lavorando al Portello sul rinnovamento della 12C per la stagione 1937 ma, a causa della mancanza di pezzi e della poca collaborazione dell’Alfa Romeo, nonostante le rassicurazioni iniziali, il lavoro procede a rilento. La precaria assistenza dell’Alfa Romeo è data anche dal minor personale rimasto al reparto sperimentazione a Milano, dopo il dislocamento di alcune unità a Modena. Realisticamente, la stagione 1937 non presagisce nulla di positivo e Ferrari mette in preventivo un’annata di transizione, ma non l’Alfa Romeo: spinta da pressioni esterne poste dal Regime che desiderano vederla nel ruolo da protagonista, la dirigenza dell’Alfa Romeo riverserà presto la propria frustrazione su Jano e Ferrari. L’esordio stagionale è alla Mille Miglia del 4 Aprile 1937, alla quale Enzo Ferrari iscrive sette Alfa Romeo e coglie quattro piazzamenti, un primo, secondo, quarto e nono posto. La vittoria è di Pintacuda al volante della 8C 2900 A, affiancato dal meccanico Paride Mambelli, un fedelissimo di Ferrari. Successivamente giungono altre due vittorie consecutive, rispettivamente il 18 Aprile 1937 sul Circuito di Torino e il 25 Aprile 1937 alla Coppa Principessa di Piemonte, colte con una certa facilità. Tazio Nuvolari non gareggia in nessuna delle ultime due gare a causa di un incidente accorsogli il giovedì prima della gara di Torino: durante le prime prove sul circuito del Valentino il pilota mantovano, dopo aver schivato due alberi secolari, si rovescia tra strada e marciapiede, procurandosi delle abrasioni al viso, delle ferite lacero contuse alla regione mastoidea sinistra e una contusione all’emitorace destro con possibile frattura del costato.
Nuvolari torna a correre la seconda domenica di Maggio a Tripoli, in una gara che vede il ritorno in pista delle vetture tedesche. Il Gran Premio corso in Algeria registra un dominio assoluto dell’industria automobilistica tedesca, con otto delle loro vetture che occupano le prime otto posizioni al traguardo. Hermann Lang su Mercedes vince davanti a quattro Auto Union, mentre la prima delle Alfa Romeo è quella di Giuseppe Farina, nono con cinque minuti di distacco dal vincitore. L'impotente inferiorità tecnica dimostrata a Tripoli, sebbene già prevedibile alla vigilia, è un duro colpo per tutti. Da Portello aumentano le pressioni su Jano purché completi lo sviluppo della nuova monoposto, mentre la posizione di Ferrari viene messa in discussione. Contano relativamente dal punto di vista morale le vittorie alla Parma-Poggio di Berceto del conte Trossi e al Circuito della Superba di Tadini, e nemmeno l’affermazione di Pintacuda a Rio de Janeiro davanti all’unica Auto Union in gara, quella di Hans Stuck. Ferrari, temendo una simil disfatta come quella a Tripoli, riesce a convincere la dirigenza dell’Alfa Romeo a non partecipare alla gara dell’Avus. Ma sapendo che la Casa milanese non può accettare di rinunciare a tutte le gare internazionali, Enzo Ferrari decide di iscrivere due 12C all’Eifel Rennen di metà Giugno, affidandole a Tazio Nuvolari e al sempre più promettente Giuseppe Farina. Per quanto vada meglio rispetto a Tripoli, Nuvolari giunge quinto alle spalle di quattro auto tedesche, di cui il vincitore è Rosemeyer. Nuvolari vince successivamente sul Circuito di Misano, un’altra gara italiana senza vera opposizione, per poi viaggiare verso New York, dove con Farina parteciperà alla Coppa Vanderbilt allo scopo di difendere il successo della gara dell’Ottobre precedente. Ma, a differenza di quest’ultima corsa, il pilota mantovano deve fronteggiarsi con due Auto Union e due Mercedes: ottiene così solo un quinto posto, tra l’altro al volante della 8C di Farina perché la sua 12C viene ritirata. Purtroppo, prima di questo momento Nuvolari, all’arrivo a New York, riceve un telegramma dalla moglie Carolina che lo informa della morte del figlio:
“Giorgio ha finito di soffrire. La sua anima è ritornata a Dio. Noi siamo tutti vicini a lui e te”.
Con Tazio Nuvolari lontano da casa, Enzo Ferrari, con la sua consueta sensibilità, gli telegrafa delle parole di conforto:
“Sono fraternamente accanto a te in questo grande dolore”.
E si mette a totale disposizione della famiglia, accompagnando il primogenito di Tazio Nuvolari in casa, in chiesa per il funerale fino al cimitero, telegrafando in serata altre parole di conforto al pilota mantovano:
“Abbiamo accompagnato il tuo Giorgio. La tua mamma, la sua mamma hanno sopportato con virile esemplare rassegnazione il grande distacco”.
Ferrari si è trovato in diverse situazioni a dover confortare, con generosità ed emotività, delle famiglie che hanno perso il padre, ma in questa occasione è la prima volta che si trova a confortare una madre e un padre per la perdita del loro figlio. Domenica 11 Luglio 1937 Enzo Ferrari schiera per il Gran Premio del Belgio solo due 12C per Sommer e Trossi, ma anche in questo caso il miglior risultato è un quinto posto. Domenica 25 Luglio 1937 Tazio Nuvolari, tornato dal viaggio americano, partecipa al Gran Premio di Germania al Nurburgring, ottenendo un valoroso quarto posto alle spalle delle irraggiungibili auto tedesche ma con l’ovazione dello sportivo pubblico tedesco, che non ha dimenticato l’impresa compiuta dal pilota mantovano due anni prima, e per far sentire, probabilmente, la propria vicinanza in un suo momento di dolore personale. Ora l’Alfa Romeo concentra tutte le proprie energie sulla nuova vettura con telaio tubolare e motore da quattrocento cavalli progettata da Jano. Domenica 3 Agosto 1937 il primo esemplare viene testato sul tratto autostradale tra Bergamo e Milano e al volante si siede Nuvolari, ma l’esito è poco soddisfacente; Jano sa perfettamente che l’auto ha bisogno di ulteriore sviluppo, ma in questo momento l’unico suo alleato, Enzo Ferrari, è in una scomoda posizione a cui però deve adattarsi: non solo l’Alfa Romeo ha stipulato un contratto con Nuvolari, in cui il mantovano percepisce 100.000 lire per poter lavorare sullo sviluppo della nuova vettura, aprendo di fatto a un contatto diretto con il miglior pilota in circolazione, ma Ferrari risulta essere sempre meno ascoltato in un ambiente in cui a comandare sono solo i manager di Stato e in cui la politica è sempre di più una presenza fissa.
Infatti, per la Coppa Acerbo del 15 Agosto 1937, il Ministro Acerbo scrive a Tazio Nuvolari, in nome della vecchia amicizia, di poter sollecitare la dirigenza dell’Alfa Romeo a far debuttare nella sua corsa le nuove 12C. Le ragionevoli opposizioni di Jano e Ferrari vengono subito respinte e a Pescara le nuove 12C prendono il via alla tredicesima edizione della Coppa Acerbo, ma cosa ancor più sorprendente le vetture vengono portate in gara dall’Alfa Corse, ritornando ufficialmente alle corse dopo cinque anni, e non dalla Scuderia Ferrari. L’equilibrio all’interno dell’Alfa Romeo si è rotto. La dirigenza ha chiaramente superato Enzo Ferrari, e avendo tra le mani l’ottanta percento della proprietà può fare della Scuderia Ferrari quello che vuole. Ferrari, legato professionalmente all’Alfa Romeo dal 1920, per la prima volta dopo otto anni non è più al centro del progetto. Delle due nuove 12C iscritte alla Coppa Acerbo, solo una prende il via. Tazio Nuvolari compie quattro giri, poi torna ai box e cede la vettura a Giuseppe Farina per altri tre giri. Al settimo giro Farina viene fermato e così viene ritirata la 12C dalla corsa a causa della palese inferiorità tecnica della monoposto, ancora poco sviluppata. Alla vecchia 12C della Scuderia Ferrari giunge lo stesso destino con il ritiro dopo due giri di Sommer. Per l’Alfa Romeo si tratta di una disfatta pubblica di grandi proporzioni. Gobbato decide di prendere tempo, e per concentrare le energie sullo sviluppo della 12C ritira l’iscrizione, anche questa volta direttamente dell’Alfa Romeo, dell’esemplare che avrebbe dovuto correre al Gran Premio di Svizzera domenica 22 Agosto 19937, in vista del delicato impegno del Gran Premio d’Italia di metà Settembre. Al suo posto vengono mandate due vecchie 12C iscritte dalla Scuderia Ferrari. Un altro fatto che alimenta ancor di più la situazione di disequilibrio è quello che vede coinvolto Tazio Nuvolari, il quale partecipa al Gran Premio di Svizzera con un’Auto Union.
Un gesto che coglie di sorpresa la dirigenza dell’Alfa Romeo e che sconcerta l’opinione pubblica italiana. In questa situazione il responsabile tecnico del reparto corse, Vittorio Jano, viene identificato come la vittima sacrificale, mentre il direttore sportivo, Enzo Ferrari, diventa ingombrante. Quando domenica 12 Settembre 1937 al Gran Premio d’Italia, corso eccezionalmente a Livorno, si verifica l’ennesima disfatta, martedì 28 Settembre 1937 Vittorio Jano viene allontanato dal suo ruolo. Nell’autunno 1937, al Portello, domina la confusione. Con l’addio di Jano, la direzione tecnica dell’Alfa Romeo viene affidata a Bruno Trevisan, entrato nell’azienda milanese tre anni prima. L’ingegnere italiano viene considerato il progettista di riferimento del nuovo motore 12 cilindri a V. Per una buona pianificazione per la stagione sportiva 1938 occorrono menti serene ma è la politica a dettare le scelte, e dopo l’allontanamento di Jano, sono Enzo Ferrari e la sua Scuderia Ferrari a finire nell’occhio del ciclone, sovrastati per l’ottanta per cento dalla macchina burocratica dell’azienda milanese, ma ritenuti da molti il parafulmine perfetto. Ferrari sa che il suo futuro dipende dal futuro di Nuvolari, tornato a guidare per l’Alfa Romeo per la parte finale della stagione 1937. Dopo l’allontanamento di Jano, Nuvolari è l’unico rimasto a rispettare Enzo Ferrari, e quindi dalla sua permanenza o meno al Portello, per niente scontata, dipende anche la posizione all’Alfa Romeo di Enzo Ferrari. Il modenese vuole parlare con Nuvolari al più presto, per conoscere le reali intenzioni del pilota mantovano in previsione della stagione 1938. E perciò, tra metà Ottobre e i primi giorni di Dicembre del 1937 Enzo Ferrari spedisce al pilota mantovano tre lettere in successione, per invitarlo a Modena al fine di parlare del suo futuro. Senza, tuttavia, ottenere risposta. Nell’ultima lettera inviata, Enzo Ferrari convoca urgentemente Nuvolari:
“Ho assoluto bisogno di avere elementi per prendere decisioni che non posso più ulteriormente rimandare”.
Ma Nuvolari temporeggia e nel frattempo Gobbato, che mai ha creduto alla validità della partecipazione diretta alle competizioni dell’Alfa Romeo, cede - dopo aver resistito a lungo - alle insistenti pressioni del Regime e lunedì 27 Dicembre 1937 la Scuderia Ferrari pone fine alla propria attività. È la vittoria di chi ha sostenuto fino ad oggi all’impegno diretto dell’Alfa Romeo nelle competizioni. Ma il tutto è solo illusione che trascina con sé inesperienza, presunzione e una profonda matrice politico-ideologica. Lo Stato italiano non avrebbe mai sostenuto né lo sport dell’automobile né l’Alfa Romeo, al contrario della Germania del Cancelliere Hitler, ragione per cui l’Alfa Romeo non sarà capace di compiere ciò che hanno fatto Mercedes e Auto Union. L’assorbimento della Scuderia Ferrari nell’organigramma Alfa Romeo rappresenta solo ed unicamente una presa di posizione politica. La Scuderia Ferrari sparisce, dopo aver disputato un totale di 225 gare, affrontate con 715 automobili, e un palmares di 144 vittorie e 171 piazzamenti sul podio. Enzo Ferrari, che ha investito in otto anni tutte le sue energie fisiche e mentali, ne esce sconfitto. L’unica soddisfazione sembra poter essere la proficua somma ricevuta dalla liquidazione della Scuderia Ferrari, equivalente a 1.142.462 lire, divisa tra le 980.000 lire riconosciute dalla cessione di cinque esemplari di Tipo 12C, di cui una costruita dalla stessa Scuderia Ferrari, e tre Tipo 2900 A, e le restanti 160.000 lire che si dividono tra l’indennità di liquidazione per le prestazioni da consulente di Enzo Ferrari all’Alfa Romeo a tutto il 31 Dicembre 1937, l’ingaggio per il suo impegno come consulente, la sua rinuncia alle consulenze della Pirelli e della Nafta, il contributo di Ferrari per la risoluzione del contratto, e infine il rimborso delle spese previste per conto dell’Alfa Romeo:
“A titolo di compenso per l’anticipata cessazione degli accordi relativi a vendite commerciali e a vendite di macchine da corsa... a titolo di pigioni locative dovute al sottoscritto per l’anno 1937”.
A Modena rimane così solo il Servizio Clienti Corse, un appoggio a carattere logistico per quei gentleman driver che, acquistando un’Alfa Romeo, necessitano di assistenza qualificata. Da sabato 1° Gennaio 1938 Enzo Ferrari gestirà la consulenza direttiva della Sezione Alfa Corse, una nuova struttura in cui, almeno da contratto, valido fino al 31 Dicembre 1940, godrà di assoluta autonomia. La sua nuova sede di lavoro è il nuovo edificio di due piani costruito vicino al complesso del Portello. Enzo Ferrari deve rinunciare alla sua indipendenza, ma da ora in poi l’Alfa Romeo gli riconoscerà uno stipendio di 190.000 lire all’anno, pari a 16.000 lire al mese, a cui si aggiungerà una somma che può arrivare a 60.000 lire in base alla percentuale di vendite di vettura da corsa, conferimenti di fornitori e ingaggi di organizzatori. Ferrari non avrà obblighi di residenza e di orari e ogni suo spostamento verso la sede dell’Alfa Corse sarà rimborsato a parte, sia che questo avvenga mediante il treno, sia con l’auto, rigorosamente Alfa Romeo, fornita dall’azienda. Insieme alla Scuderia Ferrari scompare anche il settimanale illustrato La Scuderia Ferrari, nato nel 1935 in grande formato, con quattro, sei o otto pagine, e poi divenuto in formato rivista, con la quale il modenese ha informato i lettori per tre intere stagioni agonistiche dei resoconti delle gare a cui la squadra ha partecipato. Contemporaneamente, Tazio Nuvolari continua a tentennare, fino a quando lunedì 24 Gennaio 1938 Gobbato scrive al pilota mantovano, con la speranza di poter accordarsi con Enzo Ferrari per firmare il rinnovo del contratto con l’Alfa Romeo. Parole che sembrano risollevare Ferrari, almeno nelle considerazioni di Gobbato, a un ruolo più rilevante.
Nuvolari per un attimo sembra tentato dalla possibilità di poter prendere il posto all’Auto Union dell’amico fraterno Bernd Rosemeyer, morto venerdì 28 Gennaio 1938, per poterlo onorare; tuttavia, successivamente ci ripensa e firma un nuovo accordo con Alfa Romeo. Ma presto rivaluterà questa decisione. Durante la gara inaugurale della stagione 1938 a Pau, domenica 10 Aprile 1938, la nuova 308, derivata dalla 8C 2900 A, prende fuoco improvvisamente. Nuvolari riesce a fermare la vettura a bordo strada e a uscire illeso dall’incendio che da lì a poco avvolge la monoposto e la boscaglia circostante. Tuttavia, il pilota mantovano, che per la prima volta ha a che fare con le fiamme in una competizione, rimane talmente scioccato dopo questa esperienza che la settimana successiva scrive a Gobbato di aver preso l’inaspettata decisione di ritirarsi dalle competizioni. In realtà l’intenzione di Nuvolari è quella di lasciare l’Alfa Romeo, immersa in una profonda crisi gestionale e sportiva, per trasferirsi all’Auto Union. La sua prima gara con la squadra tedesca avrà luogo domenica 24 Luglio 1938 in occasione del Gran Premio di Germania, corso sul circuito del Nurburgring, dove guiderà una Tipo D. L’addio di Nuvolari alimenta ancor di più il caos al Portello. Il rapporto di stima tra Ferrari, in disagio dopo la fuga del suo pupillo, e Gobbato, è messo a dura prova dopo questi eventi. Nell’estate 1938 Enzo Ferrari, convinto di saperne di più e di potersi muovere autonomamente, come il contratto pare assicurargli, ingaggia un paio di tecnici senza il consulto di Gobbato, il quale logicamente non accetta il suo operato, e in seguito assume anche un ingegnere calcolatore. Giovedì 21 Luglio 1938 Gobbato spedisce un iscritto a Enzo Ferrari, per esprimere la sua contrarietà riguardo al suo atteggiamento:
“Ho approvato l’assunzione del sig. Fabbro perché da lei concordata, ma se l’elemento non sarà all’altezza dello stipendio dovrà o lasciarsi ridurre o lasciarci”.
Ferrari promette anche un aumento di stipendio a Gioacchino Colombo, di ritorno alla sede di Milano da Modena, cosa non autorizzata dalla direzione generale e per il quale Gobbato, sempre nel suo iscritto, gli ricorda che:
“Gli stipendi del personale devono essere comunque in relazione a quelli dell’altro personale Alfa Romeo”.
A riguardo di queste tematiche la decisione finale spetta al direttore generale, non al direttore dell’Alfa Corse:
“Bisogna proporre, e tocca a me accettare o rifiutare”.
Conclude Gobbato nella sua lettera. A questa situazione si aggiunge la lentezza con cui Enzo Ferrari sta spostando i suoi uomini da Milano a Modena. Il modenese preferisce rimanere il più possibile nella sua città natale, facendo recapitare lunghe lettere a Gobbato e analizzando da lontano la situazione. Sabato 16 Luglio 1938 Gobbato convoca Ferrari per una riunione strategica a Facen di Pedavena, nella sua casa sulle dolomiti bellunesi, per analizzare lo stato attuale delle cose, ma Ferrari, senza nemmeno avvertirlo prematuramente, non si preoccupa di andarci. Con questi presupposti il rapporto tra Ferrari e l’Alfa Romeo sembra sulla via del tramonto, ma inspiegabilmente durerà ancora per un anno intero, nonostante l’importante stipendio che Enzo Ferrari percepisce, con assegni di 47.500 lire ogni tre mesi, e l’atteggiamento di una persona che sembra stia cercando ogni pretesto per peggiorare la situazione. Domenica 7 Agosto 1938 debutta a Livorno il modello 158 voiturette, costruita quasi interamente nell’officina della Scuderia Ferrari a Modena l’anno precedente. In prova la vettura si rivela velocissima, segnando i tre migliori tempi sul giro con i tre esemplari schierati dall’Alfa Corse e guidati da Emilio Villoresi, Francesco Severi e Clemente Biondetti.
In gara, invece, la 158 deve confrontarsi con la 6CM Maserati di Luigi Villoresi, il quale però, ritirandosi, spiana la strada al fratello Emilio Villoresi, che porta al successo la nuova monoposto progettata a Modena. Nella Coppa Ciano le Alfa Romeo 308 e 312, derivate dalla 12C 1937 e adattate al nuovo regolamento in vigore dal 1938, arrancano e concludono la gara dietro le Mercedes W154 di von Brauchitsch e Lang. La settimana seguente, a Pescara, le 158, sempre nella competizione riservata alle vetturette, sorprendono in prova, ma in gara soffrono problemi di carburazione. Emilio Villoresi si ritira, mentre Francesco Severi conclude quarto, a sette dal vincitore Luigi Villoresi, a bordo di una Maserati 6CM. L’anno precedente la Maserati, che era stata fondata a Bologna, è stata acquistata da Adolfo Orsi e trasferita a Modena. Nella Coppa Acerbo, riservata alle Grand Prix, le Alfa Romeo giungono seconda e terza, ma ancora alle spalle dell’imprendibile Mercedes di Rudolf Caracciola. Domenica 21 Agosto 1938, al termine del Gran Premio di Svizzera, l’Alfa Romeo non riesce a conquistare il podio, mentre domenica 11 Settembre 1938, a Monza, in occasione del Gran Premio d’Italia, è Tazio Nuvolari a trionfare con l’Auto Union. Un successo che viene celebrato dalla stampa italiana, grazie anche all’alleanza di Italia e Germania, nonostante alla vigilia della gara si fosse divisa tra il pilota italiano e la macchina italiana.
Per la dirigenza dell’Alfa Romeo è un duro colpo. Passano in secondo piano lo straordinario secondo posto di Giuseppe Farina, al volante della Tipo 312, e la doppietta nel Gran Premio di Milano delle Alfa 158, con Emilio Villoresi vittorioso davanti a Severi, nella gara riservata alle vetturette. Nell’inverno del 1939 ritorna a Milano Gioacchino Colombo, a cui spetta lo sviluppo delle vetture da corsa già costruite e la progettazione di quelle nuove. Con Colombo, Ferrari si intende alla perfezione. Non si può dire lo stesso del rapporto di lavoro che avrà con Wilfredo Ricart, un ingegnere spagnolo fuggito dalla Spagna durante la guerra civile e assunto all’Alfa Romeo nell’Ottobre 1936 come consulente tecnico, arrivando a progettare un motore Diesel a sei cilindri per le auto di serie. Da consulente esterno come lo è Ferrari, Ricart riporta direttamente a Gobbato, del quale ha la piena fiducia. È per questo che, grazie alla forte considerazione di Gobbato, Ricart inizia a inserirsi nelle questioni tecniche dell’Alfa Corse, affiancandosi a Colombo nella direzione tecnica di progettazione. Ricart non considera mai lo spessore tecnico del modenese e lo definisce un autodidatta senza studi accademici. Viceversa, Ferrari, a cui non piace l’altezzosità dello spagnolo e gli fastidio addirittura fisicamente, pensa di Ricart:
“Aveva, il Ricard, capelli lisci e unti, vestiva con una eleganza un po’ levantina, giacconi a lunghe maniche che non mi consentivano di vedergli le mani; quando tendeva la destra per il saluto, sentivi una carne inerte, come di un morto”.
Nella primavera del 1939 viene presentato il progetto della nuova Tipo 512, caratterizzata da una cilindrata di 1500 centimetri cubi e un motore 12 cilindri piatto posizionato posteriormente, fra l’abitacolo del pilota e le ruote posteriori. E nell’occasione Ricart, dopo aver lodato la nuova vettura, parla della 158, costruita a Modena dalla Scuderia Ferrari due anni prima, definendola:
“Una macchina superata, buona per la demolizione o per l’esposizione in museo”.
Parole che alzano ancora più il livello di diffidenza tra Ferrari e Ricart e che non aiutano l’Alfa Romeo a ritrovare quella competitività per risollevare la sua posizione da comprimaria nelle corse, nelle quali la Mercedes domina e, sempre più raramente, l’Auto Union vince. Ma le mosse di Ricard non sono la prima ragione del deterioramento del rapporto tra Ferrari e Ugo Gobbato. Tra i due, benché esista una stima reciproca, ci sono due concezioni diverse di gestire una squadra corse. Gobbato non crede né all’improvvisazione né all’immediatezza delle decisioni, ed anzi pensa che tutto debba essere preventivamente organizzato nei minimi dettagli. Ma nel mondo delle corse non è sempre così e Ferrari, cresciuto in mezzo alla polvere e al fango dei campi di gara, lo sa bene. Gobbato considera l’automobile il connubio del lavoro dei reparti di un’azienda, vicini o lontani che siano, mentre per Ferrari l’auto da corsa deve essere il compendio del lavoro di una piccola officina ausiliaria, dotata di ottimi mezzi e di un suo particolare e duttile stato maggiore, per tradurre rapidamente in una meccanica viva idee e progetti dei tecnici. Per Ferrari le accese discussioni che avvengono con il direttore generale testimoniano, se non altro, una passione comune. Ma Ferrari, fervido del vigore che lo caratterizza, chiede a Gobbato un incontro risolutore, che si trasforma in un violento e schietto diverbio. Ferrari, irritato, indica a Gobbato che:
“Insieme con le macchine 158 e con la liquidazione della Scuderia Ferrari non ho abdicato anche al mio modo di pensare”.
Gobbiato, per quanto brusco ma onesto, risponde che:
“All’Alfa Romeo il direttore sono io e non posso disfarmi di un collaboratore al quale ho dato la mia fiducia né posso accettare di seguire tutti i consigli di lei, Ferrari, senza riserve e comunque senza discuterli”.
Convinto di aver osato troppo, Ferrari si scusa per aver sollecitato una risposta così dura, e aggiunge che non si tratta di accettare o discutere quello che si dice, ma che gli dispiace il modo in cui si accettano le indicazioni di Ricart. Per quanto si possa scusare, la situazione per Ferrari pare sempre più difficile. Se nei Grand Prix a dominare sono Mercedes e Auto Union, la 158 riesce nella categoria delle vetturette a salvare parzialmente la stagione dell’Alfa Romeo, imponendosi nella Coppa Ciano domenica 30 Luglio 1939 con Giuseppe Farina e domenica 13 Agosto 1939 nella Coppa Acerbo con Clemente Biondetti, che precede le altre tre Alfa 158. Nelle prove a Pescara Giordano Aldrighetti, pilota di punta negli anni Trenta del reparto motociclistico della Scuderia Ferrari, subisce un grave incidente e muore nel corso della notte successiva. Per Ferrari si tratta dell’ennesimo dolore, e come successo in altri casi organizza il suo funerale e assiste la madre a Pescara e al suo ritorno verso Roma. Dieci giorni dopo la signora lo ringrazia, attraverso una lettera, per tutto quello che ha fatto, rivelando l’ammirazione che ha avuto il figlio verso di lui, che amava e innalzava sopra a tutti, che ha cercato la vittoria per vedere piangere di gioia Ferrari, e per compensarlo di tutta la fiducia riposta. Circa due settimane più tardi, domenica 28 Agosto 1939, giunge sulla scrivania di Gobbato, come da lui espressamente richiesto, un dattiloscritto che dice:
“Termine di contratto: dal 1° Gennaio 1938 al 31 Dicembre 1940... disdetta da darsi a mezzo lettera raccomandata entro il 30/6/40... retribuzione compenso annuo: 190.000 lire pagabili trimestralmente... compenso annuo fino ad un massimo di 60.000 lire sulla vendita di vetture da corsa, conferimenti di fornitori, ingaggio di organizzatori, eccetera.... diritto di vettura in uso...”.
Gobbato prende definitivamente la sua decisione. L’Alfa Romeo intende rescindere il contratto con Enzo Ferrari un anno e mezzo prima della scadenza prefissata. Per il direttore generale, interrompere la collaborazione con Ferrari significa versargli ancora denaro, che si aggiunge alla somma versata per acquisire l’ottanta percento della Scuderia Ferrari, e a quella della liquidazione del mese di Dicembre del 1937. Ciononostante, i due si lasciano in buoni rapporti. Mercoledì 6 Settembre 1939, sei giorni dopo l’invasione dell’esercito tedesco in Polonia, Gobbato scrive una breve lettera indirizzata a Enzo Ferrari, in cui dice:
“Le attuali condizioni internazionali ci hanno imposto la cessazione dell’attività sportiva che Voi dirigevate quale nostro consulente. Mentre Vi esprimiamo il nostro rincrescimento che le circostanze ci abbiano impedito di continuare a valerci della Vostra collaborazione, desideriamo darvi atto che durante vent’anni Voi avete sempre dato alla Alfa Romeo tutta la Vostra preziosa collaborazione e siamo lieti che la Vostra liquidazione sia addivenuta in forma perfettamente amichevole e con criteri di correttezza e cordialità reciproche”.
La stampa italiana inizia a parlare dei cambiamenti in atto al Portello, a partire da venerdì 8 Settembre 1939. A scrivere è Il Littoriale:
“Da buona fonte apprendiamo che la direzione della Alfa Romeo starebbe procedendo a una nuova sistemazione dell’Alfa Corse. In particolare sembra che vi saranno dei mutamenti nelle cariche direttive del reparto corse della Casa milanese”.
Dieci giorni dopo arriva la conferma, sempre de Il Littoriale, in un così breve quanto minuscolo articolo generalizzato sulla rubrica intitolata L’automobilismo del mondo (dove tra l’altro il lettore viene informato dello spostamento della sede della Maserati da Bologna verso Modena):
“Ferrari, dopo aver di comune accordo con la Direzione della Casa ripreso la propria libertà rispetto all’Alfa-corse, sta allestendo, nei locali che furono già della Scuderia Ferrari, una officina modello per riparazione di automezzi e nuove lavorazioni. L’officina sarà pronta alla fine del mese. Le macchine da corsa sono per ora messe da parte”.
Nell’estate del 1920 Enzo Ferrari aveva varcato per la prima volta i cancelli del Portello. Dopo diciannove anni, dopo essere diventato un punto di riferimento per l’Alfa Romeo e per l’automobilismo mondiale, la sua storia con l’azienda milanese si conclude. Nel Settembre del 1939 Enzo Ferrari, che non ha mai rinunciato al suo personale modo di pensare ed agire, nel momento in cui se ne va, dice:
“Io conservo le mie cattive abitudini e torno al mio paese”.
È l’inizio di un nuovo ed importante capitolo della vita del costruttore modenese, e dell’automobilismo sportivo. Che cambierà per sempre.