
La terza edizione della Parma-Poggio di Berceto si tratta di una corsa lunga cinquanta chilometri, che si snoda sugli Appennini, a cui prendono parte trentotto piloti, tra cui Enzo Ferrari, che dovrà battagliare con piloti del calibro di Ferdinando Minoia alla guida di una Fiat (che però non parteciperà rispettando un divieto imposto dalla stessa Fiat), Guido Meregalli al volante di una Nazzaro, Giuseppe Campari a bordo di un Alfa Romeo e il favorito numero uno, Antonio Ascari, su una Fiat Grand Prix prodotta prima della. Il sabato i piloti compiono delle prove sotto il diluvio, mentre la domenica il maltempo concede una breve tregua, malgrado l’aria fredda e una fitta nebbia. Gli spettatori sono in trepida attesa lungo il ciglio della carreggiata, ansiosi di rivedere sfrecciare dopo gli anni di guerra le automobili da corsa.
Alle ore 8.30 Carlo Alberto Conelli apre la gara partendo per primo, mentre Enzo Ferrari prende il via alle ore 10:55 con la sua CMN, con il numero ventinove sul radiatore, accompagnato da Nino Berretta, che si è offerto volontario con il ruolo di meccanico, poiché ogni pilota è obbligato ad avere accanto a sé in auto un'altra persona. Ferrari ottiene il quinto posto di classe, dodicesimo in assoluto, ma a seguito della squalifica di un concorrente scala di una posizione sia nella classifica di classe, sia in quella assoluta. I giornali, il giorno dopo la corsa, celebrano il successo di Ascari, mentre Enzo Ferrari non viene praticamente nominato. Questa cosa fa arrabbiare il giovane modenese, soprattutto perché Meregalli, un altro debuttante, è riuscito a concludere secondo ed è stato celebrato dalla stampa per la sua egregia prova, ma esce comunque soddisfatto dalla sua prestazione e così decide di partecipare alla famosissima Targa Florio, in programma il 23 Novembre 1919.
A bordo della sua CMN, accompagnato da Ugo Sivocci, anche lui iscritto alla corsa con la sua CMN, partono alla volta di Napoli per salire a bordo del piroscafo che li avrebbero portati fino a Palermo. Durante il percorso, che vede la partenza da Milano per poi dirigersi verso il mar Adriatico e percorrere tutta la fascia adriatica fino a Pescara, si imbattono in un imprevisto di percorso a Cinquemiglia, paese abruzzese dove Enzo e gli altri accompagnatori (appunto Sivocci con i rispettivi meccanici) rimangono intrappolati nella neve e circondati dai lupi. Grazie alla pistola utilizzata da Enzo, che custodisce sempre sotto il suo sedile, quella famosa che usa per il tiro a segno, riescono ad uscire dalla situazione e a dirigersi verso Napoli appena in tempo per imbarcarsi in direzione Sicilia.
La Targa Florio disputata nel 1919 costituisce la sua decima edizione e si definisce una delle gare più difficile e ambite dai piloti, nonché una delle gare più importanti di tutto il panorama europeo. Tanti dei migliori piloti al mondo vengono a disputare questa corsa d’eccezione. Tra gli italiani ci sono Antonio Ascari su Fiat, Giuseppe Campari su Alfa Romeo e Nino Franchini su un’altra Alfa Romeo. A sorpresa è assente Guido Meregalli. In questa occasione Ferrari, al contrario di quanto successo nell’ultima gara, riceve delle particolari attenzioni da parte della stampa. Il sabato, giorno prima della gara, Enzo testa il tracciato con la sua CMN, ma a causa di un acquazzone deve già rallentare sensibilmente il suo passo, dopo aver svolto appena mezzo giro. La domenica l’aria è fredda e umida, e per di più le previsioni metereologiche non chiamano niente di buono perché prevedono ancora pioggia. La mattina successiva Enzo trova un cielo coperto di nero e tanto fango riversato sulle strade; Sivocci, che già ha corso qui in passato, prevede molta pioggia, fango e nebbia lungo il percorso che si snoda tra le montagne delle Madonie.
Davanti a tantissimi appassionati riversati lungo il rettilineo di partenza, alle ore 7:00 parte il primo pilota. Per Enzo la partenza è prevista alle ore 8:02, con il meccanico Nino Conti ad assisterlo. La gara non è niente in confronto alla Parma-Poggio Berceto, dove si sono percorsi appena cinquanta chilometri in ascesa e con un tempo meteorologico decisamente migliore: lì in Sicilia la lunghezza della corsa è otto volte superiore rispetto a quella emiliana, resa ancor più ardua dalle insidie del manto stradale, reso scivoloso e fangoso dalle precipitazioni. Ferrari dopo pochi chilometri già accusa un problema al serbatoio, che traballa. Questo imprevisto lo costringe a fermarsi per quaranta minuti in cui, con l’aiuto del meccanico, fissa con una cinghia il serbatoio alla carrozzeria. Al primo passaggio sul traguardo il ritardo è pesantissimo: il tempo è di tre ore, quaranta minuti e cinquanta secondi, che relega Enzo in sedicesima e ultima posizione. Nel secondo giro Ferrari è capace già di riscattarsi piazzando l’ottavo tempo assoluto, ma ciò non lo schioda ancora dall’ultima posizione. Nel terzo giro Enzo va ancora più forte, malgrado il peggioramento delle condizioni atmosferiche, ma adesso il rischio è quello di non riuscire a terminare la corsa entro il tempo massimo e nell’ultimo giro non demorde, prendendosi rischi ad ogni curva, con una strada resa sempre più scivolosa, tanto da trasformarsi in un fiume di fango. Malgrado tutti i rischi presi Enzo giunge sul traguardo quando ormai non c’è più nessuno ad attenderlo, se non un carabiniere, che con una sveglia e un taccuino annota i piloti giunti al traguardo nei loro rispettivi orari di arrivo.
Enzo scopre di essere il primo dei piloti arrivati fuori tempo massimo. Non solo organizzatori e spettatori se ne sono già tornati a Palermo, ma anche i giornalisti; di conseguenza il giorno successivo Ferrari non trova alcuna menzione nei suoi confronti sui giornali. Anni dopo Ferrari racconterà di essere stato bloccato da tre Carabinieri vicino al centro abitato di Campofelice a causa di un comizio di paese, tenuto dall’ex Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando, e lì addirittura costretto, insieme ad altri piloti, ad aspettare che il comizio finisse e che le vetture che scortavano Orlando svoltassero per una strada laterale. Per quanto sia improbabile che successe tutto ciò, è più credibile l’ipotesi di aver accusato, durante l’ultimo giro, altri problemi di natura tecnica e meccanica, legati probabilmente al fissaggio precario del serbatoio.
Il giorno seguente Enzo chiede di incontrare Vincenzo Florio per lamentarsi di non aver trovato nessuno all’arrivo della prestigiosa corsa di ieri. Con educazione Florio lo ascolta attentamente, ma gli risponde anche di cosa potesse lamentarsi dopo essere arrivato con un enorme ritardo al traguardo. Nonostante questo curioso dialogo, il colto siciliano decide di inserire il giovane pilota nella classifica finale concedendogli il nono posto assoluto, il terzo di classe. Ferrari rimane soddisfatto di questa decisione e affascinato da Florio, con cui inizierà una lunga amicizia che durerà nel tempo.
Intanto la stampa italiana, in particolare la rivista Paese Sportivo, pubblica un articolo dove vengono analizzate le due corse svolte da Enzo Ferrari. Si parla di un non ancora ventiduenne che già dimostra di avere un proprio talento e che ha davanti a sé un lunghissimo avvenire per lo sport automobilistico, perseguitato ancora dalla sfortuna in entrambe le due occasioni in cui ha corso.
Nell’inverno 1920 Enzo Ferrari torna a Modena per rincontrare la madre e trascorrere del tempo con gli amici; questo lo fa ogni qualvolta può permetterselo, dato che naturalmente Milano è diventata la città in cui vive e lavora. In questa occasione scopre, camminando per le strade di Modena, un cartellone pubblicitario che promuove l’azienda di candele Fert, in cui compaiono il suo nome e quello di Manzini, come i rappresentanti generali per l’Emilia della Fert. Ferrari rimane sorpreso perché non sa nulla di tutto ciò e così decide di risolvere questo mistero andando a trovare proprio Manzini, che risiede al civico numero 2 di Via Falloppia. L’amico gli spiega come abbia deciso di assumerlo al suo fianco come rappresentante dell’azienda per sdebitarsi con lui di un favore dato dallo stesso Enzo, che qualche mese prima aveva raccomandato a Manzini un posto di lavoro per un’azienda che ha dei rapporti commerciali con la CMN, la Fert appunto. Ferrari rimane colpito dalla gratitudine offerta da Manzini.
Al contempo Ferrari, gratificato dalle buone parole da parte della stampa, desidera trovare un’auto più competitiva e affidabile della attuale CMN. Il suo interesse cade sulla Isotta Fraschini. Auto Grand Prix di questa azienda ne esistono a malapena sei, di cui solo tre in Italia. Enzo si convince sia un’auto decisamente più potente: cento cavalli in più rispetto alla sua CMN con sette litri di cilindrata. Il pilota di Modena sa che acquistando una Isotta Fraschini 100/110 IM Corsa, nonostante sia vecchia di sette anni, avrebbe avuto tra le mani un’automobile decisamente più veloce rispetto alle auto costruite prima della guerra, che in poco tempo sarebbero diventate obsolete e poco considerate.
Pertanto, grazie all’aiuto di Guglielmo Carraroli che vuole diventare suo meccanico di gara, riesce a racimolare i soldi necessari per acquistare una Isotta Fraschini Grand Prix a una cifra modesta. Un motivo del successo di questa operazione conclusa da Ferrari ricade certamente sui rapporti stretti che ci sono tra la Isotta Fraschini e la CMN; Enzo non è sconosciuto ai dirigenti della Casa milanese, a cui propone quello che di fatto è uno scambio di vetture.
Ferrari esordisce in una corsa automobilistica con la sua nuova Isotta Fraschini il 30 Maggio 1920, iscrivendosi alla Parma-Poggio di Berceto, circostanza nella quale investe altre 150 lire per poter partecipare. Oltre alla nuova vettura, Enzo è accompagnato da un nuovo meccanico, proprio Guglielmo Carraroli, l’amico che ha contribuito al pagamento della sua nuova auto da corsa. Anche in questa occasione battaglierà con avversari più che prestigiosi: Giuseppe Campari sull’Alfa Romeo, Carlo Masetti sulla Fiat Grand Prix, Giulio Masetti e Alberto Conelli su due Fast 24 HP, Romolo Bonacini e Gastone Brilli Peri su due Aquila 36 HP, Guido Meregalli su Nazzaro. Grande assente è Antonio Ascari, che non riesce ad iscriversi alla gara emiliana nel tempo limite dato dagli organizzatori.
La novità introdotta dagli stessi organizzatori è quella di far partire per ultimi i piloti che possiedono delle vetture più potenti. Tra di loro c’è anche lo stesso Ferrari, Masetti e Campari, gli avversari di maggior spessore;proprio questi tre sono i piloti che partono per ultimi. A vincere sarà alla fine l’Alfa di Campari, con un tempo migliore di Masetti di appena quattro secondi. Alle loro spalle giunge Enzo Ferrari, con un ritardo di due minuti e ventuno secondi, ottenendo il terzo tempo assoluto e il secondo della sua classe. Malgrado il primo podio ottenuto e la dimostrazione di potersi battere con i migliori, Enzo non è soddisfatto della prova perché pensa che avrebbe potuto fare di più. Ma i giornali il giorno successivo non mancano a richiamare la sua prova di alto livello, definendolo bravo e sfortunato. Infatti nell’ultima parte della corsa emiliana Ferrari ha accusato dei problemi alle gomme, che gli hanno probabilmente condizionato l’eccellente prova che stava svolgendo.
Dopo la Parma-Poggio Berceto, il 13 Giugno 1920 Ferrari prende parte al Gran Premio che si corre sul circuito del Mugello. 500 lire è la spesa per l’iscrizione, mentre 50,000 lire è il montepremi messo in palio da dividere tra i primi quattro classificati. La corsa prevede oltre 300 chilometri, divisi in cinque giri da sessanta chilometri l’uno. Enzo viene considerato come uno dei cinque favoriti al successo della gara, insieme a Campari, Meregalli, Brilli Peri e Osella. La mattina della gara migliaia di appassionati si riversano lungo il tracciato per assistere al passaggio delle prime vetture. Tutti questi sportivi sono arrivati al Mugello la notte precedente alla gara, intasando le strade che portano al paese toscano e tutti i bar e i caffè che li ospitano prima di assistere alla corsa automobilistica. Alle ore 7:04 del mattino prende il via il primo iscritto, mentre Ferrari prende il via circa un’ora più tardi, alle ore 8:02. La gara risulta micidiale per tantissimi piloti: addirittura ventiquattro piloti su trenta non riescono a portare a termine la gara, tanti di questi a causa dei numerosissimi problemi meccanici accusati sulle automobili. Anche Ferrari non è risparmiato da problemi: malgrado stia facendo una gara degna di nota deve ritirarsi nel corso del quarto giro, mentre si trova alle spalle di Masetti e Campari, a causa della rottura di una valvola. Ferrari è arrabbiato e allo stesso tempo dispiaciuto, tanto da mettersi a piangere come già era successo nella gara precedente. Nelle ultime fasi della corsa, mentre Enzo si è fermato oltre il ciglio della strada ed è rimasto accanto agli spettatori per vedere le ultime fasi di questa terribile corsa, a vincere è nuovamente Giuseppe Campari, che sfrutta un’uscita di strada di Masetti, causata dallo scoppio di uno pneumatico.
Il 20 Giugno 1920 Ferrari prende parte anche alla Coppa della Consuma, altra gara disputata in Toscana, che gode di una certa popolarità e che risulta assai differente dalla ostica gara del Mugello: il percorso è brevissimo, appena sedici chilometri. Come d’abitudine oramai le migliaia di appassionati, con qualsiasi mezzo a disposizione, raggiungono il tracciato per poter assistere alla gara. Il Conte Masetti mostra da subito grande competitività, polverizzando il record del circuito stabilito da Vincenzo Lancia nel 1904. Ma quando sembra che la vittoria sia a suo favore, il Marchese Nicolini abbassa di altri quattro secondi il suo incredibile tempo. Solamente Campari e Ferrari hanno ancora chance di poter spodestare il leader, ma per diverse ragioni nessuno dei due ci riesce: Campari è rallentato dalla pioggia negli ultimi chilometri della corsa, mentre Ferrari viene tradito prima da una foratura accusata ancora nella prima parte del tracciato, che lo costringe a una sostituzione della gomma, e successivamente alla rottura della cinghia del motore.
Dopo queste prime corse del 1920 Ferrari capisce bene come l’Isotta Fraschini, per quanto veloce, sia un’auto poco affidabile. Ma soprattutto impara una lezione che si tiene stretto per il resto dei suoi giorni: per quanto comprende di avere un buon futuro come pilota, ora sa che nemmeno il pilota di maggior talento può aspirare alla vittoria senza avere tra le mani la vettura migliore. Durante l’Agosto 1920 Ferrari prende appuntamento con Giorgio Rimini, direttore commerciale e responsabile dell’attività sportiva dell’Alfa Romeo, una delle aziende più blasonate di questo periodo storico, spinte dai successi in campo automobilistico di Alberto Ascari e Giuseppe Campari. Negli uffici dello stabilimento presso la zona milanese del Portello, Enzo, dopo aver colloquiato cordialmente con Rimini, viene ingaggiato come pilota di rincalzo ai due migliori piloti italiani già affermati.
Passo dopo passo Ferrari costruisce il proprio futuro; venendo ingaggiato dall’Alfa Romeo, lascia senza rimpianti la CMN, che lo lancia definitivamente nel pieno della sua maturità agonistica e sportiva. Sempre nell’agosto dello stesso anno Enzo apre alle porte del centro cittadino di Modena la Carrozzeria Emilia, un salone di rappresentanza e vendita della CMN, a cui abbina un’officina, dove ripara e rivernicia qualsiasi automobile, e progetta di poter costruire carrozzerie, ricoprendo lo stesso lavoro che svolgono alla famosa Carrozzeria Italo-Argentina di Milano, dove Enzo ha portato numerosi autotelai della Giovannoni da convertire in automobili.
Ferrari utilizza l’eredità lasciata dal padre Alfredo per permettere l’apertura dell’attività, oltre che a cedere la casa Villa Santa Caterina, quello che è rimasto della vecchia fabbrica metallurgica del padre. Il capitale sociale della Carrozzeria di Emilia è di 50.000 lire, di cui il settantacinque percento è versato da Enzo, socio accomandatario, cioè di 37.500 lire, mentre le restanti 12.500 lire sono versate da Pietro Casalegno, milanese che Enzo conosce nel corso del 1919. A Casalegno spetta il ruolo di capo tecnico della Carrozzeria, nonché di disegnare e realizzare le carrozzerie che rivestono i telai, mentre Enzo gestisce il settore commerciale, e i ruoli di rappresentanza e amministrazione della società, la quale viene registrata ufficialmente il 6 Agosto 1920, presso il Tribunale di Modena, per una validità fissata fino al 31 Dicembre 1926.
Malgrado Ferrari conosca solo da un paio d’anni l’automobile, è convinto di poter conoscerla abbastanza bene da mettersi in gioco con l’apertura della sua attività, vincendo sul disaccordo della madre, che non le resta altro che adeguarsi alle decisioni dell’unico affetto rimasto in vita, il figlio Enzo. Alla sua nuova occupazione si alternano gli impegni come pilota nelle gare automobilistiche. La prima a cui prende parte al volante dell’Alfa Romeo è la Targa Florio, programmata il 24 Ottobre 1920. I costruttori esteri disertano la gara, e quindi logicamente la contesa si divide tra i soli costruttori e piloti italiani. Ferrari, che nel frattempo viene dato tra i maggiori favoriti per il successo nella classica siciliana, arriva alcuni giorni prima della gara in Sicilia, e si mette così alla prova in allenamento, concentrandosi principalmente sul conoscere la nuova vettura, la Tipo 40/60 ufficiale di sei litri di cilindrata.
Il tempo trovato in Sicilia è pessimo: freddo e pioggia devastano il percorso che i piloti devono affrontare, tanto che Campari in allenamento finisce per distruggere una delle ruote della sua Alfa Romeo Grand Prix contro una pietra. In gara il meteo non cambia e quindi il fango la fa da padrone lungo tutto il tracciato della Targa Florio. Saggiamente Merosi, capo progettista della squadra Alfa Romeo, fa montare sulle vetture milanesi dei piccoli schermi di protezione in sottile rete metallica, e dei parafanghi per proteggere i piloti dagli schizzi di fango.
Alle ore 7:00 del mattino parte il primo pilota, mentre Enzo prende il via alle ore 8:06. Il primo giro è abbastanza regolare, in cui il distacco accusato è di otto minuti dal leader Guido Airoldi su Italia ed Enzo viene segnalato al quinto posto, ma in realtà l’informazione è sbagliata perché lui si trova in seconda posizione. Dopo il primo passaggio sul traguardo, mentre la pioggia diventa sempre più insistente, e la strada sempre più infangata e piena di rocce che scivolano pericolosamente sullo strato di fango, Campari, compagno di squadra di Ferrari, abbandona la corsa, dopo essere stato condizionato dal malfunzionamento delle candele del motore, bagnate di acqua, che hanno causato la rottura di un pistone.
Ferrari invece, contro tutte le avversità metereologiche, realizza un secondo giro straordinario, tanto da insidiare il nuovo leader della corsa, Guido Meregalli sulla Nazzaro. All’inizio del terzo giro spunta fuori il sole, e il fango presente in pista solidifica, ma i piloti, dopo oltre duecentoventi chilometri, accusano tutta la fatica di una gara lunga e stressante. Meregalli conclude questo giro con un tempo superiore di due minuti rispetto a quello precedente, ma Ferrari perde ben tre minuti. Al termine dell’ultimo giro il distacco tra i due duellanti è di undici minuti e ventisei secondi.
Mentre Meregalli accusa la fatica della lunghissima gara siciliana, costringendolo a rallentare visibilmente il ritmo per non finire fuori pista, Ferrari si gioca il tutto per tutto e si prende dei rischi che mai ha preso durante la sua vita, spingendo la vettura a una velocità mai vista. Il ritardo da Meregalli scese sensibilmente, e fino agli ultimissimi chilometri Enzo non demorde perché sa che un successo alla Targa Florio lo proietterebbe tra i migliori piloti in circolazione. Nonostante un grande recupero di Enzo, un qualcosa come sette minuti divorati in un sol giro a Meregalli, non permettono al modenese di completare la rimonta e alla fine si deve accontentare della seconda posizione.
Ferrari viene travolto dalla rabbia e allo stesso tempo dalla frustrazione, tanto da mettersi a piangere, fino ad affermare, nella rabbia del momento, di non voler correre mai più. Oggettivamente l'informazione errata comunicata alla fine del primo giro, in cui Enzo si trova in seconda posizione, e non quinta, pregiudica probabilmente l’esito finale della gara. Infatti, se fosse stato correttamente informato di essere in seconda posizione, Ferrari avrebbe iniziato anticipatamente a spingere per attaccare la testa della corsa e il risultato finale sarebbe stato forse diverso. Fatto sta che rimane comunque una prova invidiabile per un ragazzo di ventidue anni, alla prima corsa con un’automobile nuova.
La stampa lo definisce il vincitore morale della gara, tanto da galvanizzarlo nella serata di quel giorno stesso, facendogli sparire la rabbia che lo ha caratterizzato dopo il secondo posto ottenuto. Finalmente capisce di aver realizzato una prova eccellente dopo aver ricevuto i complimenti dal responsabile dell’attività sportiva dell’Alfa Romeo e aver guadagnato il premio in denaro, spettante al secondo classificato, di 12.500 lire.
Naturalmente la sua volontà di abbandonare le corse è definitivamente scomparsa dalla sua testa. Enzo lascia la Sicilia con un altro valore aggiunto, e riguarda l’amicizia nata con Giuseppe Campari durante gli allenamenti precedenti alla gara. Per Ferrari diventerà un vero e proprio riferimento, all’interno e all’esterno dell’Alfa Romeo, e in futuro rimarrà da parte di Enzo la stima e l’ammirazione nei confronti del campione lodigiano. Prima del termine della stagione Ferrari partecipa il 14 Novembre a Gallarate a un’altra gara, anche se di minor importanza, il Chilometro Lanciato. L’Alfa Romeo decide di portare alcune sue auto ufficiali; infatti oltre a Ferrari, che prende parte alla gara nella categoria relativa alle macchine di serie, c’è anche Antonio Ascari, mentre Giuseppe Campari partecipa alla categoria relativa alle vetture da corsa.
Con la stessa vettura utilizzata alla Targa Florio, la Tipo 40-60, e con al suo fianco il meccanico Michele Conti, Enzo ottiene la prima vittoria di classe con una velocità di 120 km/h, battendo Ascari che possiede un’auto nuova e più potente, la Tipo 20-30 Sport. Nell’altra categoria Campari vince nella sua classe, ma Ferrari rimane affascinato dalla potenza del dodici cilindri della Packard di Andrea Silvani, con cui vince la corsa, alla impressionante velocità di 158 km/h. In realtà questo motore lo ha già visto e conosciuto durante la guerra sulle Packard degli ufficiali dell’esercito americano, ma in quei mesi ad Enzo è rimasta soltanto la curiosità, che oggi si trasforma in un vero e proprio interesse, che presto sarebbe diventato un’autentica passione per il resto della sua vita.
A Gallarate Ferrari conosce per la prima volta Antonio Ascari, e con il gigante dell’automobilismo degli anni Venti sboccia un’amicizia, anche se in realtà prima di tutto ciò, i due piloti hanno uno screzio durante il viaggio di ritorno verso Milano: infatti Ferrari, probabilmente condizionato dalla nebbia che avvolge la campagna, tampona improvvisamente il retro della vettura di Ascari, che si è fermato a un passaggio a livello chiuso, il quale reagisce abbastanza scocciato all’incidente provocato dal giovane Enzo.
Il futuro che Ferrari ha in progetto fin da ragazzino si sta realizzando: in circa due anni ha aperto una sua attività, la Carrozzeria Emilia; ha coronato il sogno di diventare pilota grazie a Giorgio Rimini; ad ottenere una certa fama nazionale grazie al secondo posto guadagnato alla Targa Florio; e ad avere la fortuna di avere accanto a sé l’esperienza di Ascari e Campari da cui imparare i trucchi del mestiere. Oltretutto Enzo diventa agente di vendita per l’Alfa Romeo nella città di Modena, aggiungendosi al già presente incarico di rappresentante della CMN per la regione Emilia Romagna.
Per la stagione 1921 l’Alfa Romeo ha già preparato il programma sportivo, mettendo in campo nuovi modelli di auto, tre 20-30 ES spider, tre 20-30 Tipo Sport SE, una 40-60 HP e una Grand Prix 1914, mentre i piloti ufficiali sarebbero stati Ascari, Campari, Ferrari e Ugo Sivocci, colui che ha permesso ad Enzo di entrare a piccoli passi nel mondo automobilistico, portandolo ad essere uno dei piloti più famosi in Italia, e che ha ricevuto dal modenese la contro cortesia di diventare pilota dell’Alfa Romeo.
Come da consuetudine il primo appuntamento stagionale a cui Ferrari prende parte è la Parma-Poggio di Berceto, fissata in data 8 Maggio 1921. La vettura con cui partecipa è la Tipo 20-30 SE, ed è un’occasione per ben figurare, dato che anche Ascari e Sivocci utilizzeranno la medesima vettura e il percorso della gara Ferrari lo conosce come le sue tasche. Ma in realtà la gara di Enzo si conclude solo a metà della salita per colpa di un problema meccanico, che lo costringe a un ritiro.
La gara successiva è la Targa Florio, che si disputa il 24 Maggio 1921. Ferrari, insieme ai compagni di squadra Campari e Sivocci, si presenta a Palermo con qualche giorno d’anticipo rispetto al giorno della gara. Mentre Campari avrebbe gareggiato per la classifica assoluta, Ferrari e Sivocci avrebbero cercato la vittoria di classe, a bordo delle loro 20-30 ES Sport di quattro litri e mezzo. La gara è vinta da Masetti su Fiat, mentre Campari non va oltre il terzo posto finale, malgrado un grande ultimo giro, e così i migliori piloti dell’Alfa Romeo dal punto di vista prestazionale sono Sivocci e Ferrari, rispettivamente quarto e quinto assoluto, ma soprattutto primo e secondo di classe, perché con delle vetture di produzione sono preceduti all’arrivo da tre vetture da corsa.
La prova di Enzo è più che ottima perché dopo un primo giro abbastanza regolare, da quello successivo inizia una progressione che lo porta fino al comando della propria classe, approfittando di una foratura del compagno di team Sivocci. All’inizio del quarto e ultimo giro il vantaggio di Enzo su Sivocci è di sei secondi, ma l’esperienza di quest’ultimo viene fuori nell’ultima tornata, permettendogli di superare Ferrari e di vincere la corsa. Enzo, malgrado abbia girato più forte rispetto al suo miglior tempo, si deve accontentare del secondo posto, prendendo atto della sconfitta contro un pilota di maggiore esperienza come Sivocci. La stampa esalta la gara di entrambi, definendoli degni del gioiello che hanno guidato.
Una fotografia ufficiale dell’impresa immortala Ferrari con la sua Alfa Romeo numero venti, insieme agli altri reduci della Targa Florio, di ritorno dalla classica siciliana, che in seguito viene autografata dai tre piloti, dedicandola al capo progettista Merosi. Anche la stampa pubblica una foto maestosa di Ferrari, insieme ad altre due di Campari e Sivocci, per pubblicizzare la trionfante prova della Targa Florio. Nel momento in cui Ferrari si sta ritagliando sempre di più un posto tra i migliori piloti del dopoguerra, non è più un segreto il fatto che è in compagnia oramai da tempo di una giovane ragazza, bionda e attraente che lo accompagna in tutte le gare a cui partecipa.
In questo periodo Enzo preferisce lo stile di vita di Ascari, che è sposato, e quindi cerca di avere accanto a sé quindi una compagna fissa. La donna in questione si chiama Laura Domenica Garello, incontrata per la prima volta a Torino, nei mesi successivi il termine della Grande Guerra, durante una passeggiata sotto ai portici vicino alla stazione ferroviaria di Porta Nuova. Impaziente di trovare al più presto affetto e compagnia, Enzo si innamora all’istante della giovane ragazza, descritta come elegante, minuta e con occhi bellissimi. Mentre che è sul Valentino, Ferrari incontra casualmente Laura, una giovane sarta che si avvicina, ed esclama:
"Ma cosa fa qui tutto solo questo bel giovanotto?"
Ferrari risponde:
"Eh signora, aspettavo una persona bella come lei, che mi aiutasse, perché le vorrei offrire un cappuccino. Le andrebbe un cappuccino?"
E Laura, forse un po' intimidita, ribatte:
"Ma no, non si disturbi".
Ma Ferrari insiste:
"No no, se me lo permette le devo offrire un cappuccino".
Quindi i due si recano in un bar poco distante, ma Ferrari, giunto al momento di pagare, si accorge di non avere soldi in tasca. In quest'occasione sarà dunque Laura a pagare la colazione consumata con Enzo, in questo loro primo incontro. E sarà sempre Laura a dare ad Enzo i soldi per tornare a Modena, dalla madre. Dopo una prima opposizione dei genitori riguardo la corte di Enzo, Laura va a convivere con lui a Modena durante l’estate del 1921. A Modena tutti conoscono in fretta il nuovo impegno di Ferrari e Laura viene considerata come la ragazza più bella del paese, ma la madre di Enzo, Adalgisa, pone una certa opposizione nei confronti della nuova coppia. Infatti essa è gelosa e iperprotettiva nei confronti del figlio, e avrà con la giovane donna frequenti e feroci litigate, tanto da mettere in difficoltà lo stesso Enzo, incapace di prendere una posizione.
Laura viaggia spesso insieme ad Enzo in ogni suo impegno: il 24 Luglio 1921 è al Mugello per alcune prove in vista della gara, organizzate dall'Alfa Romeo. La ventunenne torinese non è la sola della compagnia, ma è l’unica che prende il posto, solitamente riservato al meccanico di gara, in auto accanto ad Enzo. Nelle prove ufficiali Ferrari realizza il tempo migliore, ma sorprendentemente non viene dato favorito per il successo, al contrario dei suoi tre compagni di squadra. Ma la gara è più che egregia perché giunge secondo alle spalle di Campari, che tra l’altro possiede un’auto più potente della sua, ma conquista la vittoria di classe, facendo ricredere del suo pensiero la stampa e ottenendo un riconoscimento speciale come la Targa Masetti, premio che riconosce il pilota più rapido a bordo di un’auto da produzione.
La vita di Ferrari continua ad andare a gonfie vele, tra le sue gare in automobili con esiti sempre consistenti e concreti, e la compagnia della bellissima Laura, se non fosse che la Carrozzeria Emilia non sta fornendo la redditività sperata. Sono diversi i motivi per cui sembra non avere futuro l’attività: Enzo, per quanto voglioso di fare il carrozziere, capisce che questo lavoro è tutto fuorché semplice, e in più a Modena non trova abbastanza clienti, malgrado la tanta pubblicità che si fa nelle corse automobilistiche.
Inoltre Ferrari è sempre molto lontano dalla sua città natale a causa delle trasferte agonistiche, e quindi ha dovuto delegare a Casalegno l’aspetto tecnico dell’attività. A tutto ciò si uniscono gravi problemi finanziari. Nel frattempo Enzo è tornato a Modena dopo la brillante prova del Mugello, ma dopo pochissimo tempo va a Milano a ritirare una nuova Alfa Romeo, la Tipo 20-30, per partecipare alla Coppa delle Alpi, una corsa caratterizzata da cinque tappe, distese su nove giorni, che parte da Torino e che avrebbe attraversato le zone di Merano, Bolzano, Trento e Trieste, per poi concludere a Milano, per un totale di più di 2200 chilometri. Il vincitore sarà il pilota che manterrà una velocità media pari a 48 km/h per tutti i duemila chilometri previsti dalla corsa.
Alle ore 5:00 del mattino di domenica 7 Agosto 1921 parte il primo pilota sorteggiato, Ferdinando Minoia, mentre Enzo parte alle ore 6:05, con la sua nuova Alfa Romeo. Durante le tappe che si estendono lungo le valli alpine Ferrari guida ad andatura molto lenta, considerando che l’obiettivo per vincere è di tenere una media di appena 48 km/h. L’impegno si riversa per lo più sulla resistenza fisica, che sulle difficoltà di guida, precisando che in alcune tappe si arriva a toccare addirittura i cinquecento chilometri. In realtà gli unici tratti di corsa più insidiosi sono le discese più ripide, e proprio in una di esse si conclude la corsa di Antonio Ascari.
L’Alfa Romeo numero uno si rovescia in una scarpata, lungo la discesa di Passo Carlo Magno in Trentino, dopo aver tentato di evitare un carrello che stava ostruendo la strada. Enzo, arrivato sul luogo dell’incidente, nota la presenza di tre uomini distesi a terra. Uno di loro è Ascari, che però si rialza, mentre gli altri due, un operatore cinematografico e l’assistente che sono stati a bordo dell’automobile di Ascari, sono privi di sensi.
La corsa viene sospesa temporaneamente per permettere a Enzo e Sivocci di portare i due sfortunati al pronto soccorso di Madonna di Campiglio. La gara viene ripresa nello stesso pomeriggio e Ferrari è uno dei sette piloti a completare la corsa con una velocità media superiore ai 48 km/h, ma a causa di una regola che prende in considerazione le classifiche di ogni tappa, e le penalità prese lungo il percorso, il modenese giunge solo sesto assoluto e successivamente guadagna una posizione sfruttando la squalifica della Mercedes di Seiler. Due settimane dopo Ferrari coglie la seconda posizione assoluta nella corsa in salita che parte da Aosta e arriva al Gran San Bernando, dimostrandosi un grande guidatore su un terreno impegnativo, ma quel giorno in Val d’Aosta Enzo avrà un incontro particolare con una persona che sarà fondamentale per la sua futura attività: si tratterà di Giovan Battista Farina, anche lui con il sogno dell’automobile.
Il 4 Settembre 1921 è in programma a Brescia la prima edizione del Gran Premio d’Italia. L’Alfa Romeo, che non è in possesso di una vettura Grand Prix all’altezza per concorrere, decide di saltare l’evento, e così Ferrari e i compagni di squadra giungono a Brescia solo in veste di spettatori. In realtà i giovani alfisti sono in attesa del Chilometro Lanciato, gara che si disputa mercoledì 7 Settembre 1921 e che sarebbe valso come qualificazione al Gran Premio Gentlemen in programma domenica 11 Settembre 1921. Enzo è protagonista di una prova eccellente: per qualificarsi bisogna superare, su un rettilineo sterrato nella campagna attorno a Montichiari, la velocità media di 110 km/h e Ferrari la supera abbondantemente, arrivando a percorrere il tratto in circa ventiquattro secondi, con una velocità oltre i 147 km/h, piazzandosi quinto assoluto e quarto di classe, ma soprattutto facendo meglio di tutti i suoi compagni di squadra.
Con questa buonuscita Ferrari è convinto di poter vincere la gara in programma domenica, ma il venerdì, mentre sta provando il percorso in vista della gara, lanciato su una strada apparentemente deserta della campagna bresciana, trova all’improvviso in mezzo alla strada delle vacche che stanno uscendo da un campo, e per evitarle Enzo pesta violentemente il pedale del freno, scalando le marce, ma esce di strada finendo dentro un fosso fortunatamente asciutto, appoggiandosi su un lato.
Ferrari, insieme al meccanico Fugazza, vengono sbalzati dall’auto e atterrano su un prato, fortunatamente procurandosi solo qualche botta e alcune escoriazioni. Malgrado il giovane pilota sia uscito indenne dall’incidente, l’auto è quasi completamente distrutta, con una moltitudine di pezzi della sua Alfa Romeo sparsi dappertutto. Dopo il violento urto Enzo capisce che non c’è alcuna speranza di partecipare alla gara con un’auto che è praticamente da buttare, e quindi inizia a cercare il responsabile della gara per protestare contro le precarie condizioni di sicurezza in cui i piloti si stanno allenando.
Ferrari lancia pesanti e feroci proteste nei confronti di Arturo Mercanti, e quest’ultimo agisce facendolo squalificare dalle gare nazionali; solo grazie all’intervento del presidente del Reale Automobile Club gli viene cancellata la squalifica. La settimana dopo quella del Gran Premio Gentlemen, Enzo fa ritorno alla fabbrica dell’Alfa Romeo per riportare i resti della sua vettura incidentata nelle campagne di Brescia. In modo surreale viene organizzata una cerimonia in onore di Ferrari per il suo scampato pericolo, immortalando delle foto che vede Enzo accanto ai resti della vettura.
Dopo questo evento Enzo firma un contratto con Rimini, che prevede l’ordine di un modello Alfa Romeo G1 di sei litri di cilindrata, disegnata da Pierce-Arrow sul disegno di un’auto americana. Ma al modenese sfugge un particolare di questo contratto, scritto in piccoli caratteri, nel quale si recita che l’Alfa Romeo gli avrebbe consegnato la vettura il più presto possibile e anche prima. In poche parole non viene data una tempistica riguardo il recapito dell’auto, che di fatti non arriverà mai. Ferrari se ne accorge assai tardi e quando tenta invano di protestare verso Rimini riguardo l’accaduto, il direttore commerciale dell’Alfa Romeo gli fa notare la clausola stampata sul contratto, quella che Enzo non ha notato durante il giorno della firma. Da questo momento, avendo imparato la lezione, Ferrari non perderà mai occasione per leggere attentamente i contratti che firma, per il resto della sua vita.
Successivamente, il 13 Ottobre 1921 Ferrari è ancora a Milano ad assistere alla presentazione della nuova auto progettata da Merosi, l’Alfa Romeo Tipo RL, vettura creata per cercare di reggere il passo con la Fiat. Ferrari viene confermato pilota titolare anche per la stagione 1922, insieme ad Ascari, Sivocci e Campari, meritandosi oggettivamente il posto dopo le eccellenti prestazioni dimostrate sul campo, che hanno confermato ancor di più il talento, forse quello più puro tra tutti e quattro i piloti dell’Alfa Romeo, anche se la stampa continuerà a dire, l’anno seguente, che la Casa milanese ha in mano un formidabile quartetto.
Mentre per Ferrari la carriera di pilota è oramai da tempo decollata, non lo è altrettanto la situazione sentimentale. Arrivata a Modena, Laura deve vedersela con il carattere diffidente di Adalgisa e per non incontrarla accompagna Enzo alle sue lunghe trasferte negli impegni automobilistici. Arrivato l’autunno Laura si arrende alla sua grave condizione di stress, e cade in uno stato di esaurimento nervoso. Il medico prescrive a Laura l’allontanamento da Modena e dalla suocera per un periodo di riposo, mandandola a Santa Margherita Ligure.
Enzo Ferrari, premuroso e innamorato di Laura, non manca mai di scriverle delle lettere, raccomandandole tutto ciò che il medico consiglia: mangiare, riposare, divertirsi e non pensare a niente. In ogni sua lettera Ferrari non perde l’occasione per rincuorare e incoraggiare Laura e addirittura, nel Dicembre 1921, si sbilancia scrivendole che dopo essere guarita niente avrebbe ostacolato il matrimonio. Ma se da una parte Ferrari è così affettuoso nei confronti di lei, dall’altra non lo è Laura nei confronti di lui. Mentre le lettere del giovane Enzo sono premurose e comprensive nei confronti della persona amata, quelle di Laura sono molto spesso negative. Sei giorni prima di Natale, Ferrari si concede, sempre in un’altra lettera, uno sfogo nel quale rimprovera la ragazza dei suoi timori ingiustificati e delle sue incertezze, che non avrebbero fatto altro che rovinarle ancor di più la salute e allontanarla dalla guarigione.
In realtà è la gelosia che divora lo stato d’animo di Laura; la gelosia nei confronti di Enzo, il quale certamente la tradisce, ma non con altre donne: è la totale dedizione di lui nei confronti del proprio lavoro, più precisamente la totale devozione verso l’automobile. Sebbene Laura spinga Enzo a cercare affetto e comprensione in altre donne, il giovane modenese vede in lei il suo unico e irresistibile amore.
Il 29 Dicembre 1921, in una giornata di ricorrenza della coppia, Ferrari ritiene più vicina la strada della guarigione per la sua amorosa, ma così non è. Successivamente Enzo inizia a dubitare della validità della forzata lontananza e oltretutto, come le ha confidato, alla Carrozzeria Emilia arrivano nuovi ordini. Le lettere che spedisce Ferrari sono abbastanza dispendiose, si parla di postali dal valore tra i 500 e le 1000 lire. Per appunto la Carrozzeria Emilia è l’altro impegno dove Enzo riversa le sue energie. Tra Natale e Capodanno Ferrari è andato da un suo collaboratore, Casarini, a ritirare due telai Alfa Romeo da carrozzare, mentre in un’altra occasione è giunto a Parma per vendere un’auto.
Gli ordini certamente non mancano, così come la clientela, ma la situazione non è così buona come sembra. Infatti le spese sono tante e la crisi economica del Paese postuma alla guerra, del biennio 1920-1921, non aiuta le piccole imprese. Mentre si avvicina la ripartenza della stagione automobilistica, Ferrari fa tappa a Milano per portare la sua Alfa Romeo ai tecnici della ditta di Portello per rifornirla degli aggiornamenti, e nel viaggio si ferma per due giorni da Laura, presso la sua nuova destinazione dove continuare il periodo di riposo, sul Lago di Garda. In un altro scritto Ferrari, cercando di aiutare moralmente la sua compagna, cita nuovamente il matrimonio. Laura alterna alti e bassi con momenti di serenità e altri di angoscia, ma Enzo continua a sostenerla per aiutarla a risollevarsi, continuando a pagare lettere e medicine con i pochi soldi che giungono dagli ordini dei clienti.
Il 2 Aprile 1922 prende il via la nuova stagione agonistica con la Targa Florio. Inizialmente l’Alfa Romeo pensa di assegnare a Ferrari una delle nuove Tipo RL, ma alla fine partecipa solo con una, che viene affidata ad Augusto Tarabusi, mentre Enzo, insieme ai compagni di squadra Ascari, Sivocci, Clerici e Maria Antonietta Avanzo, una delle prime donne a cimentarsi nella competizione, partecipano alla gara con le vecchie ma ancora affidabili 4500 cc Tipo 20-30 ES. Nella gara siciliana Ferrari non entra mai in bagarre per le prime posizioni ed anzi conclude solo sedicesimo, anche se in generale, malgrado l’aver ottenuto i primi tre posti di classe, con Ascari, Sivocci e Ferrari, l’Alfa Romeo esce senza acuti dalla classica siciliana, con il modesto riconoscimento della Coppa Biglia come migliore squadra.
Verso metà Aprile Ferrari partecipa per la prima volta alla Fiera Campionaria di Milano in veste di carrozziere. Qui il giovane Enzo presenta uno stand interamente dedicato alla Carrozzeria Emilia, e i giornalisti spendono parole lodevoli nei confronti della sua esposizione, definendola un capolavoro nato nelle officine di via Iacopo Barozzi e qualificando l’attività di Ferrari come una vera realtà dell’industria italiana. Anche se Ferrari prende con orgoglio le parole ammirevoli della stampa, la Carrozzeria Emilia non rappresenta veramente quello che l’articolo del giornale dice, cioè un grande successo commerciale. Ferrari continua a essere ottimista del futuro della carrozzeria, ma rimane scettico sulle possibilità di guarigione di Laura, che rimane sommersa nella sua depressione.
La ragazza torna a Torino per qualche tempo dai suoi familiari per poi rientrare a Modena, dove il medico le consiglia di partire per la collina, per attendere di andare all’Abetone, in montagna. Ferrari si dà da fare per trovarle una sistemazione, magari in qualche paese ai piedi delle prime pendici degli Appennini, Maranello o Sassuolo, in modo da poterle rimanere vicino in caso volesse andare a trovarla. In realtà la cura si rivelerà molto lunga e senza una fine. Nel mese di Giugno vengono alla luce tutte le difficoltà tecniche dell’Alfa Romeo, a cui si aggiungono le prestazioni sottotono di Ferrari. Nella Coppa della Consuma, gara svolta l'11 Giugno 1922, Ferrari giunge solo settimo, mentre al Mugello si ritira al terzo giro e i suoi compagni di squadra non ottengono risultati degni di nota, delineando una prova inconfutabile delle difficoltà delle Alfa Romeo, auto oramai troppo vecchie rispetto alla concorrenza.
In una situazione di per sé già negativa, a metà Luglio giunge a Ferrari la notizia della morte di Biagio Nazzaro in un’incidente nel Gran Premio dell’Automobile Club di Francia a Strasburgo. Biagio è stato suo amico fin da quando lo ha conosciuto a Torino nel bar di Porta Nuova. Ferrari rimane turbato dall’avvenimento perché comprende per la prima volta i rischi che il suo mestiere comporta. L’estate 1922, più in generale, si rivela un periodo arduo da affrontare per Ferrari: il ritardo tecnico dell’Alfa Romeo nei confronti di Mercedes e Fiat, la morte dell’amico Nazzaro, il sempre più incerto futuro della Carrozzeria Emilia, messa in ginocchio dalla grave crisi economica italiana, tanto che costringe Enzo ad affidare all’amico avvocato Camillo Donati il compito di guardarsi intorno per liquidare, in caso di necessità, la società. E infine c’è la situazione con Laura.
Due giorni dopo la morte di Nazzaro, Ferrari mette da parte i sentimenti e risponde in modo assai duro a una lettera velenosa di Laura, che si dimostra sempre più gelosa e possessiva. Malgrado lo stress provocato dai capricci della compagna e la preoccupazione di un sempre più probabile avvicinamento verso il fallimento della sua carrozzeria, Ferrari decide di partecipare alla corsa in salita Aosta-Gran San Bernardo. Anche Ascari e Sivocci si iscrivono alla gara, ma alla fine decidono di non partecipare perché non ricevono il supporto dalla Alfa Romeo, che sta lavorando per sviluppare nuovi modelli, orientati a ritornare competitivi con le altre marche automobilistiche. La stampa rimane stranita e sorpresa dalla situazione di Ferrari, che nonostante partecipi alla corsa, non specifica con quale auto gareggi. Le indiscrezioni della stampa parlano di Enzo al lavoro sulla messa a punto di una nuova auto, la Steyr, prodotta da una ditta austriaca. Ferrari avrebbe dovuto già partecipare a metà Luglio alla Susa-Moncenisio con la nuova vettura, ma a causa della rottura di una valvola aveva dovuto disertare.
Tra lo stupore generale, e appena in tempo per prepararsi alla gara, Enzo si presenta ad Aosta al via della gara al volante della nuova Steyr, dotata di un motore sei cilindri di 3325 centimetri cubici per novanta cavalli di potenza, consigliata dal rappresentante Steyr per l’Italia Pesenti, e considerata, risultati alla mano, veloce e affidabile. Ma anche in questa gara la fortuna non aiuta Ferrari, che per colpa di problemi elettrici dell’auto non compete mai per il successo, giungendo alla fine in ottava posizione e secondo di classe. La nuova vettura non porta per il resto della stagione dei risultati confortanti, ma Ferrari lancia un messaggio chiaro ai dirigenti della ditta del Portello: non devono dare per scontata la sua devozione e il suo attaccamento alla marca milanese perché Enzo sa bene di essere tra i piloti più noti in attività, dimostrando di essere di interesse per molti altri costruttori, non solo per la giovane età e per il talento, ma anche per il personaggio che ormai rappresenta nel mercato italiano.
Rientrato a Modena, Ferrari incontra l’avvocato Donati per decidere le sorti della Carrozzeria Emilia. La soluzione più congeniale rimane solamente liquidare l’azienda, colpita duramente dalla crisi economica del dopoguerra. Donati è capace di coinvolgere nell’operazione Renzo Orlandi, altro carrozziere di Modena, che così rileva parte dell’attrezzatura e del materiale dell’attività di Ferrari. Mentre l’avvocato conduce l’operazione di svendita della carrozzeria, Enzo, giunto a Genova, viene avvertito dall’Automobile Club che non può partecipare alla corsa Gentlemen, in quanto ritenuto un professionista tesserato, o altrimenti sarebbe scattata la squalifica.
Anche al Gran Premio d’Italia Ferrari non parteciperà: l’Alfa Romeo decide di non presentarsi, sempre per lo stesso motivo, cioè il fatto di non avere una vettura all’altezza. Se fino ad un anno prima la ditta milanese non aveva i mezzi per competere a livello internazionale, quest’anno non li possiede neanche per competere a livello nazionale. Enzo è presente a Monza a pochi passi dalla griglia di partenza, che è ridotta ad appena otto partenti. Questa situazione è data soprattutto dal dominio incontrastato della Fiat rilevatosi nel Gran Premio dell’Automobile Club in Francia, corso a Luglio, che costringe tante squadre, come l’Alfa Romeo appunto, a saltare l’impegno per lavorare e ritornare in pista con auto più competitive.
Il 22 Ottobre 1922 Ferrari è di nuovo a Monza, ma in questo caso per prendere parte alla Coppa d’Autunno, al volante dell’Alfa Romeo. Con i suoi tre compagni di squadra, la settimana antecedente la corsa, Ferrari prova sulla sua Tipo ES Sport i dieci chilometri del nuovo impianto brianzolo, ma il giovedì arriva un inaspettato comunicato da parte di Arturo Mercanti, il responsabile dell’organizzazione, con il quale Enzo ha avuto dei dissidi proprio l’anno precedente a Brescia. Mercanti, in tono intimidatorio, comunica a tutti i trentasei iscritti alla corsa che quattordici di loro sarebbero stati multati di 150 lire per non aver avvisato in tempo utile il nome del meccanico di gara, o per non essere in possesso di una licenza di gara valido. Ferrari non partecipa alla gara, ma non si troverà mai nessun documento che manifesta che il pilota di Modena sia mai stato messo nella lista dei multati.
Si chiude così una stagione agonistica non certo straordinaria a livello di risultati sportivi per Ferrari, che però ha continuato a dimostrare il suo talento e a meritare di essere il compagno di squadra di consacrati campioni. La liquidazione della Carrozzeria Emilia è stato certamente il colpo più doloroso subìto, dove addirittura la madre ha dovuto vendere i mobili di casa per sanare i debiti, ma il fatto di non avere più questo difficile impegno lo solleva da un peso enorme. Ferrari ne trae insegnamento dal fallimento della sua prima attività imprenditoriale, e pone le basi per costruire i suoi futuri successi.
Nell’inverno tra il 1922 e il 1923 Ferrari decide di trascorrere molto più tempo con gli ingegneri, i meccanici e i tecnici dell’Alfa Romeo, imparando a conoscere meglio i vertici della ditta milanese e apprendendo tutte le conoscenze necessarie per evitare in futuro un altro fallimento. Giorgio Rimini decide di assegnare a Enzo, resosi disponibile, mansioni sempre più delicate, come ad esempio cercare nuove aziende sul mercato che producono nuove componenti, oppure andare presso un fornitore per verificare in persona il funzionamento di tale componente meccanico. Ferrari apprenderà da Rimini e Merosi i segreti del loro successo e di quello dell’azienda; di Merosi ammira le sue intuizioni tecniche, mentre nei confronti di Rimini è forte l’interesse nel conoscere le mosse con cui gestisce il reparto corse dell’Alfa Romeo.
L’esperienza di Rimini è certamente quella che è mancata a Ferrari per salvare dal fallimento la Carrozzeria Emilia, e quella che gli consentirà di non ripetere lo stesso errore in futuro. Inoltre, grazie alle trasferte a Milano Enzo ha modo di approfondire la conoscenza con i suoi compagni di squadra. Comprende come Campari e Ascari abbiano due caratteri differenti: Ferrari invidia in Campari il successo con le donne, cosa che ad Enzo non riesce, mentre di Ascari ammira il suo comportamento mai sopra le righe e la sua generosità, della quale Enzo beneficia spesso, anche se con un po’ di naturale imbarazzo.
Ferrari si sente più attratto dallo stile di vita di Ascari, definito maestro, che ha aperto una propria officina a Milano, è l’agente dell’Alfa Romeo per la regione Lombardia e usa i suoi successi per promuovere la sua concessionaria, oltre ad essere una figura di spicco per le decisioni tecniche dell’Alfa Romeo. Da Antonio Ascari, Enzo prenderà esempio come pilota, come uomo e come imprenditore, e la sua amicizia sarà uno dei cardini più importanti della sua vita perché diventerà un riferimento da emulare, e senza accorgersene avvia altri percorsi di vita al dì fuori dalla semplice carriera di pilota.
Nell’inverno del 1923, mentre tutta la squadra dei tecnici dell’Alfa Romeo, capitanata da Merosi, è impegnata nel cercare di colmare il ritardo tecnico nei confronti della Fiat, alla formazione ufficiale della Squadra Corse si aggiungono due nuovi piloti: uno di questi è Giulio Masetti, vincitore l’anno prima con una Mercedes, l’altro nome è quello della Baronessa Maria Antonietta, una delle prime donne a sfidare gli uomini sul campo da corsa; entrambi vanno ad affiancarsi all’ormai celebre poker di piloti Ascari, Campari, Sivocci ed Enzo Ferrari.
Il modenese si reca spesso alla Casa del Portello per aiutare sia Merosi sia Rimini, mentre in altri frangenti o si trova a viaggiare per l’Italia settentrionale impegnandosi in qualche missione affidata da Rimini, oppure sosta a Modena a gestire ciò che è rimasto della ex Carrozzeria Emilia, ossia la concessionaria Alfa Romeo aperta in piazzale Carmine, denominata Agenzia Generale per l’Emilia dell’Alfa Romeo, dove vende solo ed esclusivamente telai.
Laura invece, come di consuetudine nel periodo invernale, è tornata a Santa Margherita Ligure, dove continua il suo percorso di cure, lontana da Enzo e da Modena. Venerdì 13 Aprile 1923 scatta la nuova stagione automobilistica con le prove in vista della Targa Florio e Enzo, dotato del nuovo maglione rosso fornito dall’Alfa Romeo per i propri piloti, è già il più veloce tra tutti i suoi compagni di squadra. Ma Ascari denota un’osservazione, cioè che la Targa Florio è una gara lunga e difficile e quindi la velocità non è necessariamente la chiave del successo.
Ferrari prende le parole di Ascari come un gesto di gelosia e non le prende in considerazione come un suggerimento. Nella gara di domenica, infatti, Enzo, galvanizzato dalla prestazione ottenuta nelle prove, si prende ogni tipo di rischio in ogni curva ottenendo nella prima tornata il quinto miglior tempo in assoluto, ma nel secondo giro arriva l’errore che Ascari aveva meditato: in una delle prime curve del tracciato Enzo finisce fuori strada a causa della velocità troppo sostenuta, ma fortunatamente se la cava perché la sua Alfa Romeo si ferma dentro un fosso asciutto, poco prima di arrivare in un punto del tracciato decisamente più pericolo, dove è presente il burrone.
La gara di Enzo si conclude con questo incidente, e tornando mestamente ai box imprecando, riflette sulle parole di Ascari e capisce di essere stato un arrogante a non prenderle in considerazione come un consiglio leale e incoscientemente ha gettato via la possibilità di ben figurare in una gara corsa da sempre con dignità. La stampa comunque considera solo sfortuna l’incidente di Enzo, che continua ad essere ritenuto un asso.
Con la grande generosità che lo rappresenta da sempre, Ferrari torna ai box e si offre per aiutare la squadra in veste di meccanico, provvedendo personalmente con le taniche di benzina a rifornire i compagni di squadra. Ascari, il leader della corsa, a soli duecento metri dal termine della gara si ferma con il motore ammutolito ed Enzo istintivamente corre verso il compagno di squadra. Insieme a lui, il suo meccanico, e un altro meccanico corso ad intervenire, cercano di rimettere in moto l’auto. In tutta fretta Ascari, ancora davanti a tutti, si rimette al volante della vettura e taglia il traguardo.
Ma nella foga del momento sono saliti a bordo con lui anche i due meccanici ed Enzo, nonostante il regolamento preveda che il pilota sia accompagnato dal solo meccanico di gara personale, pertanto i commissari lo avvertono di tornare indietro nello stesso punto in cui si è fermato prima della ripartenza, altrimenti sarebbe stato squalificato. Ascari quindi ritorna indietro con la vettura fino al punto dell’inconveniente e ripete il tratto finale della corsa, ma questa volta giunge secondo, superato da Ugo Sivocci.
Ferrari corre subito ad abbracciare l’amico compagno di squadra che coglie il suo primo successo. Malgrado Enzo provi un’ammirazione verso Campari e prenda come un esempio di vita Ascari, con Sivocci lo lega una profonda amicizia, nata appena dopo la fine della guerra. Enzo non dimenticherà mai l’aiuto ricevuto dall’amico nel 1919, che lo ha fatto arrivare nella squadra Alfa Romeo nel 1921 con disinteressata generosità.
Pochi giorni più tardi, il 28 Aprile 1923, a Torino, Enzo Ferrari sposa Laura Garello. Il modenese crede che il matrimonio possa aggiustare i tanti problemi, a partire dalla malattia di Laura, ma anche per il fatto che, diventando a tutti gli effetti legata ad Enzo, possa abbassare i toni della propria gelosia. Ma così non sarà. La madre Adalgisa decide di non partecipare alle nozze come gesto di polemica ed Enzo, amareggiato dalla situazione, sceglie di non invitare nessuno all’evento, tantomeno l’amico fraterno Sivocci.
Quel sabato mattina, alle ore 8:35, alla Casa Comunale di Torino si svolge il rito civile. Il funzionario dello Stato Civile annota come industriale la professione dello sposo Enzo e come agiata la condizione della sposa Laura. Come testimoni firmano Luigi Amberti, trentaduenne, e il fratello di Laura, il ventinovenne Giovanni Garello. Poi viene svolta la cerimonia religiosa, a cui partecipano appena una ventina di persone, tutti parenti o amici di Laura. La coppia non si concede successivamente nemmeno la luna di miele. Enzo è già immerso nella stagione motoristica e il fine settimana successivo i due neosposi sono a Cremona, dove Enzo apre ufficialmente il tracciato compiendo un giro al volante della sua Alfa Romeo; anche se non partecipa alla gara, vinta da Ascari.
Il 2 Giugno 1923 Ferrari torna a Torino e in quest’occasione è incaricato da Rimini di una missione delicata, ma che potrebbe essere fondamentale per l’Alfa Romeo. Rimini è poco convinto dell’efficacia dello sviluppo della nuova Alfa Romeo P1, rendendosi conto dei limiti tecnici di Santoni, talentuoso disegnatore ma laureato in chimica, e di Merosi, geometra cinquantunenne, che non sono cresciuti con l’automobile nel sangue e che non hanno respirato l’ambiente automobilistico sin dalla nascita. In una sera di Maggio, Rimini è chiaro con Enzo, durante una cena nella trattoria del Portello:
"Dove c’è della gente competente, portala via con tutti i mezzi tollerabilmente leciti".
Grazie all’aiuto dell’amico Guglielmo Carraroli, colui con il quale ha acquistato l’Isotta Fraschini nel 1920, e suo ex meccanico, Enzo si procura in quel dì di Giugno un incontro con Luigi Bazzi, che in quel momento è uno dei migliori tecnici in carica alla Fiat, e senza mezzi termini gli parla esplicitamente di come l’Alfa Romeo stia cercando tecnici di alto livello per arginare il divario dalla dominante Fiat: così gli offre la possibilità, se interessato, di trasferirsi a Milano e lavorare per la Casa del Portello. Bazzi è lusingato dall’offerta, ma chiede del tempo per pensarci e Ferrari, anche se sa bene dell’urgenza di Rimini, dato il debutto ravvicinato della P1 previsto per i primi giorni di Settembre, cerca di non forzarlo e di lasciargli il proprio tempo per riflettere sull’accordo.
Ferrari torna a Milano per riferire a Rimini dell’esito interlocutorio, che in realtà non ha avuto ancora nessun risultato, se non l’aver riferito a Bazzi l’offerta di lavoro. Nel mentre, il 10 Giugno 1923 nella gara del Circuito del Mugello, al volante dell’Alfa Romeo RL Targa Florio 1923 ufficiale, Enzo si ritira quasi subito per dei problemi al carburatore e, come ha fatto nella Targa Florio, torna ai box e si mette a disposizione dei suoi compagni di squadra, partecipando al cambio gomme sulla vettura di Ascari.
Domenica 17 Giugno 1923 Enzo disputa il primo Circuito del Savio, una gara di 270 chilometri che prevede sei giri di un circuito caratterizzato da lunghi e interminabili rettilinei, che si concludono pericolosamente con delle curve secche, con il traguardo che è posizionato di fronte alla basilica di Sant’Apollinare in Classe, vicino Ravenna. Prima di questo evento, però, nel corso della mattinata si svolge una gara di motociclette, a cui partecipa un pilota fisicamente modesto, con una Indian, che diventerà in futuro l’asso sulle automobili della sua generazione: Tazio Nuvolari.
Nel pomeriggio si corre la gara automobilistica, che conta quindici partenti che ogni trenta secondi prendono il via. Per Ferrari, con la sua Alfa Romeo rossa sei cilindri numerata con il ventotto, si tratterà di una gara semplicissima, per via del livello abbastanza basso dei suoi avversari che oltretutto guidano auto obsolete. In realtà la gara di Enzo è impeccabile, perché non solo dista di ben tredici minuti il secondo classificato ma realizza il giro più veloce, esaltando gli spettatori con il suo stile di guida. Per Enzo si tratta della prima vittoria in carriera dopo quattro lunghissimi anni, e anche se il Circuito del Savio non è stata una gara dal coefficiente di difficoltà smisurato, per un venticinquenne ambizioso di agonismo è un grande risultato. Oltre al portare a casa la coppa del vincitore, Enzo intasca anche un assegno di 4.000 lire.
In questa giornata di gloria personale tra coloro che si complimentano con Ferrari c’è un elegante gentiluomo di campagna, Enrico Baracca, padre del più famoso Francesco Baracca, celebre pilota dell’Aviazione Italiana, uno degli eroi della Grande Guerra che con le sue trentaquattro vittorie ha infiammato il cuore di molti italiani (tra cui lo stesso Enzo), e che è nato non molto distante dal tracciato del Circuito del Savio, precisamente a Lugo di Romagna. Il Conte Enrico Baracca, ospite d’onore dell’evento, ha modo di scambiare alcune parole con Enzo, il quale, sentimentale come è malgrado le sofferenze patite durante la Grande Guerra con le morti improvvise del padre e del fratello, si sente ricompensato dalle attenzioni e i complimenti ricevuti dal padre di un grande eroe.
Sebbene Enzo esce soddisfatto dopo la sua prima affermazione e per la considerazione della Gazzetta dello Sport, che lo celebra con una foto in prima pagina, non lo è altrettanto l’Alfa Romeo, che risente ancora della sconfitta ricevuta al Mugello dalla Steyr di Brilli Peri, a cui si aggiunge naturalmente l’aggravato distacco tecnico che staziona da tempo dalla Fiat, anche perché da Bazzi non è giunta nessuna notizia. Ma quasi inaspettatamente è la stessa Fiat a dirigere il trasferimento a Milano di Bazzi. Infatti, il 2 Giugno 1923, un mese esatto dopo l’incontro con Ferrari, durante il Gran Premio dell’Automobile Club di Francia ai box della Fiat l’aria è tesa, dopo che Felice Bordino rientra con il compressore rotto; tra Guido Fornaca, il direttore tecnico della Casa torinese, e Bazzi, si sviluppa un diverbio che si tramuta con un ordine autoritario di Fornaca, che umilia in pubblico Bazzi. Appena terminata la gara Bazzi raggiunge Ferrari per comunicargli la sua volontà di accogliere l’offerta dell’Alfa Romeo.
Al Sacro Monte di Varese, nell’albergo Quattro Cappelle dove soggiorna Rimini, Bazzi firma il contratto che lo lega all’Alfa Romeo, diventando il fulcro del progetto che la Casa milanese sta impostando per il proprio futuro sportivo e commerciale. Ferrari è soddisfatto dell’esito positivo della trattativa, essendosi esposto in prima persona per strappare Bazzi alla Fiat. Mentre Bazzi inizia ad occuparsi del lavoro già in corso con Merosi, Enzo partecipa nuovamente alla Coppa delle Alpi, la gara di regolarità sulla durata di dieci giorni dal 5 al 15 Agosto 1923, terminata al primo posto ex-aequo nella classe 3000 centimetri cubici e al primo posto nella classifica assoluta, ma in base alla regola che vede premiare, in caso di ex-aequo, la vettura meno potente, Ferrari retrocede in quarta piazza. La Gazzetta dello Sport esalta ancora una volta l’ultima affermazione di Ferrari, descrivendolo oramai come un pilota molto valido, proveniente dalla scuola di Ascari, di Campari e di Sivocci.
Il giorno successivo, il 16 Agosto 1923, all’Autodromo di Monza, la P1 scende per la prima volta in pista. Anche se con poco tempo a disposizione il contributo di Bazzi è stato importante. In alternanza sono tre i piloti scelti per provarla in pista: Ascari, Campari e Sivocci. Ferrari, consapevole di essere la quarta scelta del team, rimane a disposizione ai box, malgrado le considerazioni positive ricevute dalla stampa dopo gli ultimi successi ottenuti. Il modenese non si sorprende a non essere stato scelto, poiché riconosce il maggior talento degli altri tre compagni di squadra; inoltre, da qualche tempo è sempre più affascinato al lato manageriale di una società sportiva.
Enzo osserva e studia ogni mossa e ogni decisione di Rimini, e il successo personale ottenuto grazie alla trattativa andata in porto con Bazzi lo ha soddisfatto. Ferrari inizia a godersi sensazioni diverse rispetto a quelle che prova in una pista da gara, ma sempre legate all’automobile sportiva. Il 16 Agosto 1923, nei box di Monza non c’è solo Ferrari, ma sono presenti anche Rimini, Merosi, Bazzi e Nicola Romeo, che non vuole mancare ad un appuntamento particolare come l’esordio della nuova P1. La vettura si dimostra subito veloce, toccando con Ascari i 180 km/h sul rettilineo, ma l'entusiasmo non si diffonde, essendo del resto solo delle prove private. Il vero confronto che manca è quello diretto con i rivali della Fiat.
Lunedì 27 Agosto 1923 è il primo giorno in cui si svolgono le prove ufficiali a Monza, e l’Alfa Romeo porta tre P1, rispettivamente per Ascari, Campari e Sivocci. Ferrari presenzia ai box con addosso la tuta da corsa sopra la camicia e la cravatta. Nel corso delle prove, alle ore 12:20 Pietro Bordino, al volante della Fiat Grand Prix, è protagonista di un brutto incidente alla Grande curva Nord: l’auto si ribalta e prende fuoco a causa del carico di benzina che sta portando per degli esperimenti in corso sul consumo benzina. Il pilota se la cava, ma non il compagno di squadra Enrico Giaccone, che ha preso momentaneamente il posto del meccanico di gara Ambrogio Bruno. Giaccone arriva già gravissimo all’ospedale di Monza, ma alla fine perde la vita. Il giorno successivo le prove non si interrompono. Bordino invece decide di non scendere in pista perché psicologicamente provato dopo la morte del compagno di squadra. Stampa e opinione pubblica chiedono a gran voce che sia Felice Nazzaro a sostituire Bordino al volante della Fiat, per difendere il prestigio dell’industria italiana.
L’Alfa Romeo sa che se Nazzaro dovesse ritornare alla guida della Fiat potrebbe complicare le cose, dato che la P1 non si rivela veloce come aveva dimostrato d'essere nelle prove di metà Agosto, e Rimini si convince che dopo la disputa del Gran Premio d’Europa sarà il caso di impostare una vettura completamente nuova. Lunedì 3 Settembre 1923, mentre Nazzaro è al volante della Fiat Grand Prix, è Carlo Salamano, sempre con un'altra Fiat Grand Prix ad essere il più veloce in pista nelle prove, riprese dopo la pausa del fine settimana. Sabato 8 Settembre 1923 è in programma l’ultimo giorno di prove prima della gara, pertanto questa è ultima occasione per l’Alfa Romeo di trovare soluzioni per provare a contrastare la Fiat.
È un momento storico per la Casa Milanese, perché per la prima volta parteciperà a un evento internazionale e quindi prima dell’inizio delle prove vengono scattate le foto di rito, con le vetture allineate sul rettilineo di partenza, piloti e meccanici seduti nelle biposto, e Rimini, Bazzi ed Enzo Ferrari che invece rimangono in piedi. Spinte le vetture ai box, inizia la sessione. Alle ore 9:35 è Ugo Sivocci a lanciarsi in pista con la sua P1 numero diciassette. Ma in fondo al rettilineo del sottopassaggio, nella imminente curva verso sinistra, sbanda e non riesce a correggere la traiettoria, finendo sul prato ad alta velocità e impattando contro uno degli alberi secolari del Parco della Villa Reale di Monza. Ferrari, tra i primi ad essere avvisati, si reca nel luogo dell’incidente e davanti ai suoi occhi vede la P1 accartocciata e il corpo di Sivocci sull’erba immobile. Angelo Guatta, il meccanico di Sivocci, se la cava solamente con una spalla rotta, ma piange disperato accanto al pilota deceduto.
Ferrari comprende subito che per l’amico non c’è più nulla da fare, ma decide ugualmente di caricarlo sulla vettura di un tifoso inglese ed accompagnarlo all’ospedale di Monza. Nicola Romeo, informato della morte di Sivocci, decide di ritirare la squadra, e nel fine settimana i piloti dell’Alfa Romeo, compreso Ferrari, vegliano il corpo di Sivocci nella camera ardente allestita all’ospedale Umberto I di Monza. Per Enzo la perdita di Sivocci è un grande colpo. Ugo non è stato solo un collega, ma un amico fraterno, e sentendosi parte della famiglia, Ferrari cerca di alleviare la sofferenza della moglie di Ugo, Marcella, e del piccolo Riccardo.
Martedì 11 Settembre 1923 avviene la commemorazione funebre all’ospedale di Monza, per poi a seguire un altro elogio funebre al cimitero. Il camion che trasporta la bara di legno varca in serata lo stabilimento dell’Alfa Romeo, dove i tecnici hanno allestito una seconda camera ardente. Per tutta la sera Ferrari e i piloti dell’Alfa Romeo rimangono a vegliare la bara di Sivocci, coperta dal tricolore, con sopra appoggiata la maglia rossa con la scritta Alfa Romeo.
La mattina successiva la bara, caricata su un carro trainato da due cavalli, viene portata al Cimitero Monumentale di Milano, accompagnata da una grande folla di persone, guidate dalla moglie e dal figlio di Sivocci, che sono seguiti da Ascari, Campari e Ferrari. All’arrivo del Monumentale la bara è portata in spalla dai tecnici dell’Alfa Romeo, con davanti Giorgio Rimini, e nel cortile del Famedio vengono intonati degli inni e pronunciati dei discorsi, con Ferrari che trattiene a stento le lacrime. La bara di Sivocci viene infine portata al Cimitero di Musocco dove viene sepolta. Qui Ferrari prende una pala, e simbolicamente getta la terra fresca sopra la cassa di legno dentro il quale riposa l’amico.
A causa della morte di Sivocci la P1 non ha potuto essere in pista per la gara, e quindi non c’è stata la riprova sul campo contro i rivali della Fiat, trionfanti a Monza con Carlo Salamano, confermando ai tecnici del Portello che il lavoro da compiere per raggiungere i rivali torinesi sia ancora tanto. Rimini, il giorno dopo il funerale, convoca una riunione a cui partecipano Bazzi, Merosi, Ascari, Campari e Ferrari, per discutere a mente fredda sui i programmi futuri dell’azienda.
La stagione 1923 è di fatto terminata: è quindi è logico pensare che la P1 non scenderà mai in pista per il suo esordio, e che bisognerà già pensare allo sviluppo della nuova vettura, la P2. Bazzi è stato un acquisto importante per accrescere il livello tecnico della squadra, ma per Rimini non basta. Per fermare il dominio della Fiat è necessario portare via all’azienda torinese altri tecnici di livello, per affiancarli a Bazzi. Quest'ultimo suggerisce il nome di Vittorio Jano, descritto come uno dei migliori tecnici della Fiat, ma che a parere di Bazzi non viene valorizzato dall’azienda torinese per quello che vale.
Rimini, per la seconda volta in tre mesi, incarica Enzo di andare a Torino, questa volta per convincere Jano a lavorare per la Casa del Portello, e gli chiede di farlo segretamente. Per Ferrari la soddisfazione è doppia: il giovane modenese torna a Torino, e questa volta non per cercare lavoro come successo nell’Ottobre del 1918, ma per offrirne. In questo frangente Ferrari e Rimini si concordano di provare l’effetto sorpresa e quindi Enzo bussa alla porta dell’abitazione di Jano, al terzo piano della palazzina di Via Massimo. La porta viene aperta dalla moglie ed Enzo, senza troppi giri di parole, afferma di voler offrire un posto di lavoro come progettista al marito.
Malgrado un lieve respingimento dell’invito da parte della moglie, Jano interviene e lo invita ad entrare. I due conversano a lungo, e Jano racconta la ragione dell’addio di Bazzi, con il diverbio avuto a Tours con Fornaca. Nel mentre Ferrari, con precisione, racconta la situazione e presenta l’offerta dell’Alfa Romeo. Il tecnico piemontese rimane lusingato dall’offerta, anche se non usa mezzi termini per chiedersi il perché non sia venuta una qualunque altra figura di maggior rilevanza nei ruoli aziendali dell’Alfa Romeo a presentare un’offerta di questo genere, mandando in avanscoperta un giovane pilota.
Ferrari con pazienza gli risponde che l'Alfa Romeo non ha voluto esporsi in prima persona per paura di un rifiuto, ma promette che in caso d’interesse avrebbe comunicato l’esito del loro colloquio a Giorgio Rimini, e che la volta successiva un dirigente della Casa del Portello lo avrebbe ricevuto. Jano, nonostante i dubbi sulle qualità autoritarie del giovane mediatore, sembra essere interessato alla proposta.
E infatti, nel secondo incontro sarà Edoardo Fucito, vice presidente dell’Alfa Romeo, a colloquiare con Jano. Il piemontese è attualmente capo dei disegnatori alla Fiat, e percepisce uno stipendio di 1.800 lire al mese. Fucito gliene offre 3.500, compreso l’alloggio. Jano deve in un primo momento convincere la moglie a trasferirsi a Milano, ma in seguito, nei primi giorni d’Ottobre del 1923 firma il contratto in presenza di Nicola Romeo, e anche lo stesso Ferrari assiste al giorno della firma. Per Enzo è in quel giorno del 1923 che nasce l’Alfa Romeo, non nel 1910. Romeo non pretende da Jano la costruzione della vettura che batte tutti, ma di un'auto che possa ben figurare. Tuttavia, Enzo avverte nelle parole di Romeo la convinzione che l’industriale campano desideri una clamorosa affermazione agonistica, che lo aiuterebbe a ricevere un alto riconoscimento dallo stato italiano.
Ferrari, per altro, ha il via libera per recarsi a Parigi per assistere al Salone dell’Automobile, dove l’Alfa Romeo espone i propri modelli al pubblico francese, sempre più interessato e affascinato dalle vetture milanesi. Ma al suo ritorno nota come il sistema disciplinare sia cambiato all'interno dell'Alfa Romeo dopo l’arrivo di Vittorio Jano: quello che usa è un canone severo, e grazie anche all’aiuto del suo braccio destro arrivato anch’esso dalla Fiat, il disegnatore Secondo Molino, ed essendo nelle mani di piloti come Ascari e Campari, Ferrari è convinto che all’Alfa Romeo il salto di qualità si possa compiere.
Arrivati al 1924, Enzo Ferrari si può definire come uno degli sportivi più noti nel panorama italiano. A ventisei anni il modenese è un pilota automobilistico affermato, il terzo in linea gerarchica della squadra Alfa Romeo, e oramai una figura essenziale al dì fianco del direttore commerciale Giorgio Rimini, oltre che ad essere proprietario di una rivendita di automobili. Il livello di popolarità di Ferrari è talmente alto che in un’occasione la Gazzetta dello Sport, che deve celebrare la vittoria di Giuseppe Ferrari alla Coppa del Garda, lo definisce Ferrari junior, per non confonderlo con il ben più famoso Enzo Ferrari, e addirittura la redazione di Milano della Gazzetta, che poco conosce il mondo dei motori, nel momento in cui deve stampare la classifica della Coppa del Garda, si fa scappare il nome di Enzo, accanto al cognome Ferrari, al posto di Giuseppe, che naturalmente è quello che si vuole citare.
A livello privato invece la situazione, che sembrava essere tornata serena dopo il matrimonio, è burrascosa. La moglie e la madre continuano con i loro dissidi, mentre nei confronti di Enzo, Laura alterna momenti buoni, molto rari in realtà, a momenti in cui continua a persistere il suo malessere, dove punta il dito verso i continui impegni lavorativi del marito. Laura è rimasta lontana da Modena, soggiornando ancora sulla riviera ligure o sull’Appennino e le cure, che sembrano funzionare nella prima parte del 1923, perdono ben presto il loro effetto. Il problema è solo l’atteggiamento di Laura, che non ha alcun interesse di guarire e di vivere una serena vita di coppia con il marito. Nell’inverno 1923-24 Ferrari si trova per un periodo a Ginevra, presso l’importatore svizzero Albert Schmidt.
Ancora una volta il direttore commerciale Rimini lo ha mandato in missione in piena fiducia, questa volta per affiancarlo a questo importatore svizzero. La ragione sta nel fatto che la Svizzera sta diventando un mercato importante per l’automobile e per questi motivi Ferrari, il 14 Marzo 1924, si trova allo stand dell’Alfa Romeo nel Salone dell’automobile a Ginevra. Ferrari decide anche di prendere parte al Chilometro Lanciato, gara che si svolge su un rettilineo di due chilometri e mezzo, e la sua iscrizione è dovuta principalmente per interessi commerciali e quindi per esibire le proprie Alfa Romeo davanti al pubblico elvetico. Con la sua Alfa Romeo RL SS Ferrari stabilisce il primo tempo nella classe Sport e il quarto assoluto. La stampa definisce la sua prestazione notevole, malgrado sia stata una corsa priva di agonismo. Oltretutto, questa è l’unica per il modenese al dì fuori dei confini nazionali. La domenica successiva Ferrari prende parte alla Coppa Verona, gara di regolarità, a bordo della stessa RL SS usata nel Chilometro Lanciato, e si piazza al secondo posto assoluto.
Tornato a Milano, Enzo vede per la prima volta il motore della P2 progettato da Jano. Il tecnico torinese è partito dall’impostazione di un modello identico a quello della 805 Fiat. Le parti più interessate sono il compressore, collegato ai carburatori tramite un polmone alettato, non unito direttamente al motore e nella costruzione dei cilindri, realizzati a blocchi di due anziché di quattro, per ovviare al problema della distorsione termica. Il motore della P2 è di 134 cavalli, dodici in meno rispetto a quello della Fiat, e gira fino a 5.200 giri al minuto. Jano pensa ad un’auto con un assetto ribassato, con un telaio e una trasmissione tradizionale, in cui nell’assale anteriore passano le balestre semiellittiche delle sospensioni.
Il 9 Aprile 1924 Enzo Ferrari fa conoscenza con Benito Mussolini. Quest’ultimo, capo del governo, è passato per Modena per conferire con il senatore Antonio Vicini, che invita Enzo a pranzare nel collegio di Sassuolo. Al modenese, sportivo conosciuto a livello nazionale, gli viene affidato il compito di fare da battistrada alla vettura di Mussolini, un’Alfa Romeo. Accanto a Ferrari si accomoda Guido Corni, altro vecchio sportivo modenese, esploratore africano e governatore della Somalia. Con la sua Alfa Romeo RL SS Ferrari conduce la strada, oltretutto bagnata dalla pioggia caduta la notte, a Mussolini, che addirittura deve spingere sull’acceleratore per mantenere il ritmo sostenuto di Enzo, rischiando di sbandare in alcune curve, e per questo motivo c’è chi prega Enzo, per il pomeriggio, di mantenere un’andatura meno elevata. Ferrari non partecipa al pranzo ufficiale, ma lo fa in una sala limitrofa con l’autista personale di Mussolini, Ercole Boratto, futuro buon pilota da corsa. Nel pomeriggio Enzo torna a condurre la strada alla vettura del Duce per le strade dell’Appennino modenese, e nel mezzo la comitiva si ferma per una sosta a Pavullo nel Frignano, con Mussolini che desidera rivedere una locanda già visitata qualche tempo prima. Arrivati all’Abetone la compagnia si divide, con Mussolini che prosegue per Roma, mentre Ferrari ritorna a Modena.
Sorpassato questo breve excursus, a fine Aprile è in programma la Targa Florio, e a sorpresa Ferrari non è tra i quattro piloti convocati per la classica siciliana. La scomparsa di Sivocci non ha promosso Enzo al terzo posto in squadra a causa dell’arrivo di altri due piloti preferiti al modenese: Giulio Masetti e il francese Louis Wagner, entrambi convocati per la Targa Florio, oltre agli assicurati Ascari e Campari. Ferrari, come accaduto nell’autunno precedente per lo schieramento della formazione per il debutto in pista della P1, non viene scelto, ma prende con filosofia la decisione. I suoi interessi stanno cambiando perché, malgrado provi ancora piacere a guidare, si sente sempre più considerato nel ruolo di manager. Rimini ha iniziato da tempo a lasciarlo fuori spesso dalla formazione dei piloti e a valutarlo di più nel ruolo di consulente personale, che Enzo si è totalmente acquisito.
La Targa Florio coincide anche con il primo anniversario di nozze tra Laura ed Enzo, e certamente alla giovane torinese non avrà fatto piacere la decisione di Enzo di voler comunque seguire la squadra nella trasferta siciliana, per di più senza nemmeno prendere parte alla corsa. Tra le mura domestiche la situazione di coppia sta costantemente perdendo gli equilibri. Ferrari sta cercando in tutti i modi di comprendere lo stato di malattia di Laura e di rassicurarla, ma senza alcun effetto. Neanche il matrimonio ha rasserenato l’animo di Laura, e Ferrari ha raggiunto ormai il limite della sopportazione. Il modenese non è assolutamente disposto a gettare via la sua carriera per colpa di una compagna che non vuole guarire. Giunto in Sicilia Ferrari è raggiante e sorridente, e si mette a completa disposizione della squadra, facendo da segnalatore ai piloti Alfa Romeo e proprio in quella trasferta in Sicilia il rapporto tra Enzo e Ascari diventa una vera e propria amicizia.
Per la squadra Milanese la Targa Florio 1924 sarà una gara poco felice: il migliore sarà Masetti, che concluderà secondo alle spalle del vincitore Werner, al volante della Mercedes, con Campari quarto e Wagner solo nono. Terminata la gara, Ferrari richiede di poter schierare nel centro città di Modena le Alfa Romeo reduci dalla Targa Florio. Accontentato, vengono portate nel piazzale antistante l’Accademia Militare le vetture milanesi, ancora ricoperte dalla polvere e dal fango accumulati nella corsa e molti curiosi e appassionati si recano sul posto per ammirare da vicino le vetture. Il gesto di Enzo è rivolto alla moglie per farle capire quanto interesse suscita il suo lavoro, ma un messaggio lo rivolge anche ai suoi concittadini: se quest’ultimi hanno manifestato del dissenso negli investimenti passati di Ferrari, cioè l’acquisto di un’automobile da corsa e l’apertura di una carrozzeria per automobili, ora lo stesso Ferrari dimostra come i suoi impegni non siano stati imprudenti; all’Alfa Romeo la sua figura è una delle più importanti e considerate per l’azienda. Inoltre, Ferrari ha raggiunto - con la Coppa Verona disputata in Marzo - le ventiquattro gare disputate in carriera. Tutti evidenziano come Enzo abbia raggiunto la maturità agonistica.
Successivamente, il 25 maggio 1924, per il secondo anno consecutivo, Enzo fa suo il Circuito del Savio, ottenendo la seconda vittoria in assoluto. Prima della partenza della gara Ferrari ha modo di chiacchierare con Ascari e Campari, che sono in viaggio per Castellamare Adriatico, dove è in programma la Coppa Acerbo di metà Luglio, e con Emilio Materassi, altro pilota automobilistico emergente. Enzo ha iniziato ad ammirare in Materassi la sua capacità di elaborare meccanicamente le auto con cui corre. In più, anche la scelta di Materassi di non appoggiarsi direttamente a nessuna Casa automobilistica tocca la fantasia di Enzo.
Sempre in questo lasso di tempo, in attesa dell’inizio della gara, Ferrari riesce anche a scambiare delle battute con Tazio Nuvolari, un altro dei piloti emergenti nel panorama delle corse. Il mantovano, che alterna ancora gare sulla motocicletta e gare con le auto, partecipa al volante di una Chiribiri Monza al Circuito del Savio, misurandosi proprio con lo stesso Ferrari. La seconda edizione del Circuito del Savio inizia con mezz’ora di ritardo, alle ore 15:00, e ogni trenta secondi parte una coppia di piloti. Enzo è al via con una Alfa Romeo RL V6 rossa con il numero 26 dipinto sui due lati del cofano. Vicino al cofano è dipinto un triangolo bianco con un quadrifoglio verde al suo interno, lo stesso dipinto sull’Alfa Romeo vittoriosa nella Targa Florio dell’anno prima, quella guidata da Sivocci.
Quest’ultimo è stato l’unico dei suoi compagni di squadra a dipingere sulla sua Alfa Romeo questo simbolo, tratto probabilmente dai velivoli dei piloti di aviazione della Grande Guerra, citando su tutti Francesco Baracca. Caso ha voluto che Sivocci ha vinto quella Targa Florio, superando proprio sul traguardo il compagno di squadra Ascari, che non aveva il quadrifoglio dipinto e che è rimasto senza carburante a soli duecento metri dall’arrivo. Ecco quindi come quel quadrifoglio viene ritratto come il portafortuna di Sivocci nel suo trionfo nella corsa siciliana. I compagni di squadra però sono rimasti impressionanti dal fatto che in seguito è accaduto a Monza, dove Ugo Sivocci ha perso la vita a bordo della P1. Il ben augurante stemma non è stato dipinto sulla vettura in questa occasione, e tutta la squadra, compreso Rimini, rimangono colpiti dalla coincidenza. Pertanto, per onorare la memoria di Sivocci, nel 1924 sulle vetture milanesi viene verniciato il quadrifoglio verde, e non più su un rombo, ma su un triangolo bianco con la punta rivolta verso l’alto, sicché la parte rimanente che avrebbe formato il rombo sarebbe stata la punta verso il basso, che rappresenta la mancanza o la scomparsa di Sivocci.
Con al suo fianco come meccanico il cugino di Campari, Eugenio Siena, Ferrari è allineato sulla linea di partenza con l’Isotta Fraschini di Alfieri Maserati, il più famoso dei fratelli Maserati che ha fondato a Bologna l’officina rinominata col suo nome. I due piloti prendono il via contemporaneamente. Ferrari nelle prime battute della corsa si limita a controllare la situazione, cercando di tenere d’occhio i due avversari più pericolosi, ossia Maserati e Materassi. Dal quarto giro in poi Enzo inizia ad aumentare il suo ritmo e a guadagnare terreno nei confronti di Materassi, ottenendo anche il giro più rapido. Nel mentre il pilota fiorentino spinge più del dovuto la sua vettura, ma questa lo lascia a piedi definitivamente. Adesso il leader Ferrari precede Nuvolari, che in realtà non può impensierire il modenese, data la sua Chiribiri da un litro e mezzo contro la tre litri di Enzo, e così la vittoria del Circuito del Savio va a Ferrari, che proprio alla partenza della gara ha giudicato come poco considerabile quel magrolino pilota mantovano, ricredendosi poi durante la corsa, rendendosi conto che l’unico pilota capace di impensierirlo è proprio Nuvolari.
Tra i tanti complimentati nei confronti di Enzo Ferrari ci sono anche quelli della Contessa Paolina Biancoli Baracca, madre di Francesco Baracca e moglie del Conte Enrico che, impossibilitato a venire, ha richiesto alla moglie di rappresentarlo, andando così a consegnare a Ferrari anche la coppa del vincitore. Laura non tollera più gli impegni del marito e giudica pericoloso il suo lavoro, al punto che decide di non accompagnarlo a Ravenna, ma sarà presente in occasione della trasferta di Rovigo, dove Ferrari vince la prima corsa del Circuito del Polesine. Come accaduto una settimana prima, Ferrari vince con una certa tranquillità lasciandosi alle spalle di nuovo Nuvolari, che ha cercato in tutti i modi di non farsi raggiungere e superare dal modenese. Pure in questo frangente Enzo rimane impressionato dalla prestazione e dalla tenacia del pilota mantovano, e dopo la corsa rimane a lungo a conversare con lui, ascoltandolo in silenzio.
Il 2 Giugno 1924, a Milano è pronta per partire il primo esemplare della P2: per l'occasione viene concesso a Campari di salire per primo sull’auto e di provarla girando intorno alla fabbrica. Poi tocca ad Ascari accomodarsi e provare la neonata P2, mentre Ferrari si trova nel gruppo con Rimini, Bazzi e Merosi. Due giorni dopo la P2 viene provata a Monza in una sessione di prova completa, e proprio Ferrari ha l’opportunità di testarla. L’unico test che manca è il confronto diretto con le altre case automobilistiche Fiat e Mercedes. Naturalmente bisogna accertarsi che la nuova vettura Milanese possa duellare ad armi pari con le biposto avversarie. Il giorno dopo viene programmata un’altra sessione di test, questa volta sulle strade collinari di Parma e Berceto, familiari a Ferrari. La P2 sta rispondendo adeguatamente sia alla pista sia alla strada, ma come detto precedentemente la prova più importante che manca all’appello è la gara.
E così viene deciso di partecipare al Circuito di Cremona, in programma la domenica successiva. L'unico esemplare di P2 portato per questa corsa viene affidato alla prima guida della squadra, ossia Antonio Ascari. Bazzi invece decide di accomodarsi accanto lui perché vuole verificare in persona che tutto funzioni come dovrebbe. A 152 chilometri di media oraria Ascari vince la gara, ma il dato impressionante è la velocità massima fatta segnare dal pilota veronese sul rettilineo di dieci chilometri del Circuito di Cremona, di 192 chilometri orari. Giovanni Canestrini, inviato della Gazzetta dello Sport, definisce un proiettile la nuova P2. Ferrari si trova a Cremona quel giorno con il resto della squadra, e anche se non fa più parte del progetto Grand Prix come pilota, è una voce di riferimento per il management dell’Alfa Romeo, e il suo contributo al progetto non è di poco conto, perché è anche grazie a lui che si sono trasferiti alla Casa del Portello prima Bazzi e poi Jano.
Ad inizio Luglio Ferrari a sorpresa viene convocato per il Gran Premio d’Europa a Lione per la gara d’esordio della P2. La chiamata ricevuta è concessa grazie al forfait di Masetti, che dunque apre a Ferrari l’opportunità di rimettersi in mostra. Come successo per la Targa Florio, gli altri convocati sono gli irremovibili: Ascari, Campari e il francese Wagner, che disputando la gara in casa avrebbe certamente aiutato a livello commerciale l’Alfa Romeo. Ferrari, per quanto non sia coinvolto tra i piloti nel programma Grand Prix, ha continuato anche quest’anno a mettere in luce il suo talento, noto a chiunque. A inizio stagione è stato il più redditizio dei piloti dell'Alfa Romeo, cogliendo anche due successi consecutivi al Savio e al Polesine, e quindi la sua convocazione risulta più che logica. Ma è Ferrari ad essere quello meno convinto della chiamata.
Un altro motivo logico per cui Rimini ha deciso di convocare Enzo per il Gran Premio d’Europa scatta probabilmente dal successo ottenuto dal pilota modenese nella Coppa Acerbo. La gara abruzzese è vista dall’Alfa Romeo come prova per l’ultimo collaudo della P2 prima dell’impegno a Lione. Ferrari è al volante di una RL Targa Florio 1924 di 3.6 litri cilindrata; Ascari invece non prende il via e così l’unica P2 a scendere sull’asfalto è affidata a Campari. Ferrari, per la prima e unica volta nella sua carriera, prende il via con il numero uno verniciato sulla vettura. Alle ore 7:00 del mattino di una domenica afosa di 13 Luglio 1924 Enzo prende il via, accompagnato nuovamente da Eugenio Siena. Le altre diciassette auto iscritte alla gara prendono il via successivamente, ad intervalli di tre minuti. È insidioso e impegnativo il tracciato su cui si disputa la prima Coppa Acerbo: ben ventisette chilometri, divisi in tre settori che formano un triangolo con la punta rivolta verso il nord.
Il traguardo è posto sul lunghissimo rettilineo di sette chilometri che si affaccia sul Mar Adriatico. Appena prima di Castellammare Adriatico le vetture entrano nel settore più tecnico del tracciato, che parte dal mare e si riversa nell’entroterra, che vede un susseguirsi di strade panoramiche. Arrivati nell’abitato di Cappelle si svolta verso il mare, percorrendo ad altissima velocità il rettilineo che arriva sino alla stazione di Montesilvano. Qui un’ampia curva verso destra immette di nuovo sul lungomare, in direzione Pescara. In programma ci sono ben dieci giri di questo arduo tracciato.
In quella stessa giornata certamente la fortuna contribuisce alla giornata vittoriosa di Enzo: la Mercedes del Conte Antonelli non prende nemmeno il via, mentre quella di Masetti si ferma dopo metà gara. Anche Campari, al volante della P2, accusa ancora problemi di messa a punto dopo un primo giro straordinario. Prima della partenza Rimini stabilisce gli ordini di corsa della squadra: Ferrari avrebbe dovuto fare il passo per poi cedere l'eventuale prima posizione alla P2 di Campari, per poi coprirgli le spalle. Ma nei fatti non andrà come previsto. Enzo prende immediatamente la testa della gara, ma sui due lunghi rettilinei del circuito non trova Campari. Con il passare del tempo Ferrari capisce che è ora di prendere una decisione: se avesse continuato ad attendere l’arrivo di Campari, probabilmente le Mercedes di Masetti e del Conte Giovanni Bonmartini avrebbero recuperato terreno nei suoi confronti e quindi le possibilità di successo sarebbero svanite.
E allora, dopo un consulto con Siena, suo meccanico di gara, Ferrari decide di non rallentare. La scelta è giusta perché Campari si è fermato per un guasto al cambio, ma per non avvantaggiare gli avversari si è deciso di fermare la vettura in una via laterale per provare a disorientare gli avversari, anche se alla fine pure i compagni di squadra cadono nel tranello. Ferrari adesso è impegnato a pensare solo a sé stesso. Con il ritiro di Masetti è rimasta in gara solo la Mercedes con al volante il pilota meno esperto, Bonmartini. Trascorsi quattro giri il duello si è ridotto tra l’Alfa Romeo RL di Ferrari, affidabile, ma non più competitiva contro la Mercedes due litri con compressore di Bonmartini, vettura che avrebbe dovuto essere l’antagonista della P2. Ferrari ha due minuti di vantaggio sull’avversario, che però possiede una Mercedes tecnicamente superiore.
La polvere rappresenta l’insidia più impegnativa da affrontare e naturalmente non c’è partita tra il più esperto Ferrari, abituato da tempo a gestire la polvere, e il volenteroso Bonmartini, malgrado possieda un’auto più veloce. Per altri tre giri il duello continua. Ferrari prosegue la sua marcia regolare, mentre Bonmartini resiste alle sue spalle, malgrado una sosta utilizzata per cambiare una gomma. Ma in seguito Bonmartini deve fermarsi per fare rifornimento e in quel momento perde i minuti necessari ad Enzo a proseguire con solidità verso il traguardo, vincendo la corsa. La sua vittoria, la terza in tre gare, anche se influenzata dai ritiri di Campari e Masetti, è stata pulita e autoritaria, alla velocità media di 104 km/h, facendo delle autentiche acrobazie per tenere in pista la sua Alfa Romeo sulle scanalature scavate dal passaggio dei vari concorrenti.
Gli spettatori portano in trionfo i primi due classificati, che oltretutto sì abbracciano calorosamente a fine gara, posando per le foto di rito. Enzo riceve un’enorme coppa dalle mani del sottosegretario di stato del governo Mussolini, promotore della corsa, ritirando anche un assegno da 5.000 lire e una medaglia d’oro messa in palio dal Re d’Italia. Mentre la stampa tedesca accusa l’Alfa Romeo di aver giocato di squadra alzando volontariamente la polvere in faccia a Bonmartini, la stampa italiana esalta il trionfo di Ferrari, in particolare parla di una vettura data in mano al giovane Ferrari che ha compiuto una prova superba di regolarità, di velocità e di potenza, in una gara che fa onore sia alla tecnica dei costruttori che alla qualità del pilota.
Con questo successo Ferrari ha ottenuto la sua quarta vittoria in carriera, la terza consecutiva, ma tradotto in valore questa è decisamente più rilevante rispetto alle tre precedenti: Enzo in questa occasione si è dimostrato tanto rapido quanto regolare. Non a caso il suo giro più veloce e quello più lento si differenziano di soli ventisei secondi. Questa corsa è particolarmente portata all’attenzione di tutto un Paese. Infatti la Gazzetta dello Sport, il giorno dopo, enuncia nel titolo:
"Vittoria italiana al Circuito dell’Aterno".
Il lunedì successivo Enzo è già a Modena, e mercoledì 16 Luglio 1924 è in partenza per Lione con Testi. In serata raggiunge i compagni di squadra Ascari e Campari, presenti a Lione già da due giorni, e Wagner, che essendo francese ha raggiunto direttamente alla stazione di Lione i due piloti di punta della squadra. Questi si ritrovano presso il quartier generale di Mademoiselle Lane. I tre hanno incontrato il Conte Mario di Carrobbio, rappresentante Alfa Romeo in Francia, che naturalmente ha dato loro gli onori di casa e hanno visto lo scarico delle P2 iscritte alla gara e della vettura muletto, tra cui non c’è la P2 di Ferrari, la quale non era pronta per partire insieme alle altre. La trasferta del Gran Premio d’Europa è ufficialmente iniziata, e malgrado i ruoli di primo piano che possiedono Ascari e Campari non siano in discussione, Enzo, il più giovane della squadra, ha dimostrato dopo la prova di Pescara l’enorme potenziale che può mettere in gioco; dopotutto è arrivato a essere al centro dell’attenzione di tutti dopo sue le tre vittorie consecutive.
I quattro piloti dell’Alfa Romeo, nelle primissime ore del mattino di venerdì 18 Luglio 1924, si recano sul tracciato, e alle ore 16:30 iniziano le quattro ore di prove in programma. Alle ore 20:30 termina la sessione e il circuito si riapre alla circolazione pubblica. Ferrari, in mancanza della sua P2, si mette al volante dell’auto di riserva, accompagnato al suo fianco da Luigi Bazzi. Per pretattica l’Alfa Romeo ha nascosto i problemi riguardanti il cambio della P2 di Campari, e logicamente Bazzi non vuole lasciare nulla al caso da qui in avanti.
Il tracciato di Lione si rivela particolarmente tortuoso, stretto e pericoloso. Quest’ultima caratteristica sorge dopo l’incidente accorso a Pietro Bordino, che con la sua Fiat ha urtato una recinzione a bordo strada ad una velocità sostenuta. La carreggiata, in alcuni punti, è così stretta da rendere quasi impossibile dei sorpassi. Giovanni Canestrini, riunito con la squadra milanese, ha sottolineato come nessun pilota abbia spinto più del dovuto e che si siano limitati a nascondere le proprie capacità. Anche Ferrari ha utilizzato la prima giornata di prove per provare la vettura e conoscere il circuito.
Nella villa di Mademoiselle Lane l’atmosfera tra i piloti e i tecnici dell’Alfa Romeo è serena, perché i riscontri della pista sono buoni. Campari è euforico dopo aver realizzato il miglior tempo tra i piloti Alfa Romeo e anche Ascari lo è, malgrado un getto di vapore bollente partito dal radiatore lo abbia colpito al viso, bendato in quella serata. Chi invece non è tranquillo è proprio Enzo, ma nessuno si accorge del suo umore. Quando è venuto a conoscenza della sua convocazione per Lione, Ferrari non ha pensato di essere uno dei piloti iscritti al Gran Premio. Fino a poco tempo fa Enzo ha desiderato a tutti i costi di voler presenziare a questo evento internazionale per difendere i colori dell’Alfa Romeo al volante di una vettura milanese. Adesso invece Ferrari è travolto da un dramma interiore.
Le incertezze sembrano partire dalla morte dell’amico Sivocci: Enzo ha imparato presto che la morte è in agguato su ogni campo di gara, ma il suo è sempre parso assai lontano. Sivocci ha perso la vita a bordo della P1, auto che per fortuna (o sfortuna come lo è stato fino a poco tempo prima) Enzo mai ha guidato. Ora è la P2 l’auto che Enzo deve portare in pista, ma è consapevole di non avere il talento di Sivocci, meno ancora quelli di Ascari e Campari. Si rende conto di non essere in grado di compiere il salto di qualità che lo separa dagli altri compagni di squadra. Il dubbio di non essere alla loro altezza ha iniziato da tempo a perseguitarlo: comprende come i rischi che debba prendere al volante della potente P2 per concorrere contro Campari e Ascari siano solo fine a sé stessi.
Per Ferrari non è semplice razionalizzare la situazione: sa bene che la P2 ha una potenza unica, ma una messa a punto ancora da verificare. Qualcosa si può sempre rompere e martedì deve per forza uscire allo scoperto dopo le prime prove, passate cercando solamente di provare l’auto. La seconda giornata di allenamenti sarà dedicata a una prova generale per il Gran Premio d’Europa e quindi non potrà certamente nascondersi. Enzo non ha mai avuto paura di rischiare, ma gli desta timore i rischi che si dovrà prendere a bordo della potente P2, anche se non li ha mai ammessi a nessuno, tranne che a un suo amico giornalista, a cui alla fine del primo giorno di test confida di essere amareggiato e insicuro in questa situazione.
Nel corso di questa primavera l’Alfa Romeo ha deciso di puntare su piloti come Masetti e Wagner, lasciando in disparte Ferrari che, malgrado il fastidio evidenziato nelle scelte della squadra, ha la mente più libera sapendo di non avere il compito di portare in pista la P2, e infatti i migliori risultati della sua carriera li ottiene in questo periodo. Invece la notizia della convocazione ha portato a Ferrari degli effetti devastanti. Rimini, che in un primo momento non avrebbe scelto Enzo per i suoi convocati, ha pensato bene di fargli un regalo convocandolo per l’impegno di Lione, ma l’effetto non è quello sperato e con questa decisione getta Enzo in uno spiraglio di sola disperazione. La diffidenza di Enzo di voler guidare la P2 si accresce anche dopo la disdetta di Masetti, contornata dalle sole voci di una misteriosa malattia. Ferrari forse avrebbe dovuto chiarire di più sé stesso prima della partenza per Lione, ma ormai giunge a una conclusione proprio qui in Francia: Enzo va da Rimini e pone termine alla sua carriera professionistica da pilota, anche se in realtà Enzo ha chiesto al direttore commerciale dell’Alfa Romeo solo l’intenzione di voler tornare in Italia prima del previsto.
Il programma ha previsto che Ferrari debba rientrare in Italia il 23 o il 24 Luglio 1924 per ritirare la sua vettura presso il Portello, per poi guidarla personalmente fino in Francia. Enzo chiede il rientro anticipato, prima del 22 Luglio 1924, data della seconda giornata di prove, e Rimini acconsente. Una parte di Ferrari vuole ritornare in Francia per gareggiare nel Gran Premio, che comunque è previsto il 3 Agosto 1924, l’altra parte invece forse è già a conoscenza della verità, ma non vuole ancora confessarla. Alla stampa non viene detto nulla di questa situazione. L’unico informato delle confidenze di Enzo è Canestrini, che si limita a scrivere sul suo giornale che Ferrari è tornato a Modena prima delle prove e che si trova ancor adesso in Italia.
La mente di Enzo non è libera come lo è stato fino a prima. Le qualità al volante di Ferrari non sono mai state in dubbio perché in cinque anni è passato gradualmente a guidare vetture sempre più potenti. La serenità di Enzo, che gli serve per affrontare al meglio la carriera di pilota, continua a essere intralciata dalle continue sfuriate con la moglie Laura, dove le urla continuamente che se avesse voluto un marito con una professione meno pericolosa e che rincasava puntuale ogni sera avrebbe dovuto sposare un tranviere, e non un corridore. Prima della partenza per Lione Enzo ha rassicurato per iscritto Laura, dicendole che tutto sarebbe andato bene. Ma la moglie non ha mai guardato con positività gli impegni professionistici e le lunghe trasferte del marito, giudicando stupidi i pericoli a cui può andare incontro il marito sui campi di gara e trovando inopportuna la presenza femminile nell’ambiente delle corse.
All’inizio Laura ha tentato di seguire il marito sui campi di gara per proteggerlo dalle insidie della pista e delle donne, ma si è arresa quasi subito. Ha ordinato al marito, anche intimandolo per iscritto, di non andare a Lione, sapendo bene che sarebbe stata l’opportunità della vita per compiere il grande salto di qualità come pilota, allontanandosi ancor di più da lei e da Modena. A Ferrari non sono rimaste altro che le corse. Il rapporto di coppia, dopo essere andati a convivere, è esploso definitivamente. Dopo la passione dei primissimi tempi, già nel 1920 sono nati i primi segni di gelosia da parte di lei, quando ancora devono vivere insieme, e ad oggi è un rapporto di coppia faticoso, con lui che non comprende le ansie di lei, e lei che non ne vuole sapere di venirgli incontro.
Nonostante i continui litigi, Enzo continua ad essere unito alla moglie, a cui riconosce di avergli tramesso affetto in un momento della sua vita ricco di sogni e ambizioni e che senza di lei non avrebbe raggiunto quel successo che oggi fa di Ferrari uno degli sportivi più famosi in Italia. Laura non ha tutti i torti quando dice che le continue trasferte e il lavoro che coinvolge Enzo non solo in pista, ma anche in fabbrica al Portello, lo lasciano spesso lontano dalla concessionaria e dall’officina di Modena. I premi che ottiene in gara il marito beneficiano nella vita della concessionaria e garantiscono pubblicità per il pilota, ma Laura insiste perché il marito dedichi più tempo ad un'attività che certamente è molto meno rischiosa del mestiere di pilota.
Ferrari gestisce infatti delle sub-agenzie a Bologna, Parma, Reggio Emilia, Ferrara e Faenza collegate alla sede di Modena dell’Agenzia Generale Emilia e Romagna Automobili Alfa Romeo. Ma non è necessaria l’insistenza di Laura su questo discorso: Ferrari non dimenticherà mai il fallimento accorso alla sua Carrozzeria Emilia, e da quella volta non sarebbe più successo un avvenimento di quella portata. Lo deve non solo a Laura e a sé stesso, ma anche alla madre, a cui è sempre rimasto particolarmente affezionato e che due anni prima ha venduto i mobili di casa per sanare i debiti del figlio nella prima avventura imprenditoriale con la Carrozzeria Emilia. Il disastro imprenditoriale è accaduto soprattutto per un motivo, l’inesperienza del giovane Enzo. Ma ora grazie al ruolo che ha ricoperto all’Alfa Romeo negli ultimi due anni, l’esperienza sa di averla appresa. Ma l’altro motivo per cui è fallita la prima avventura imprenditoriale è stato il troppo tempo impiegato nei campi di gara come pilota, che ne hanno limitato la vicinanza a Modena e quindi alla Carrozzeria: Ferrari, ad oggi, se non vuole ripetere lo stesso errore deve rinunciare, o almeno limitare la carriera di pilota.
Il Gran Premio d’Europa si tratta di un evento fondamentale per la sua vita: se partecipa diventerebbe uno degli alfieri per l’Alfa Romeo in campo internazionale. E la squadra milanese con la P2 si propone di conquistare il primo Campionato del mondo Marche e quindi a Ferrari, che avrebbe partecipato al progetto, non sarebbe rimasto tempo per la sua attività imprenditoriale. Le corse non sono più l’unica componente fondamentale della sua vita: ha lavorato con Rimini e ha portato via Bazzi e Jano dalla Fiat per rinforzare il reparto tecnico del team milanese, gesta di un certo valore e quindi ricoprendo il solo ruolo di consulente tecnico sarebbe rimasto nell’ambiente che ama, riservando certamente più tempo ed energie per le attività imprenditoriali di rappresentante Alfa Romeo per l’Emilia e la Romagna.
Con la mente affollata di pensieri in contrasto uno con l’altro, lunedì 28 Luglio 1924 Enzo si reca a Milano con Ferruccio Testi per ritirare la personale P2 per poi proseguire in direzione Lione, ma arrivando viene colto da una sorpresa. La sua vettura è stata smontata per completare quella di Campari, la quale ha accusato problemi nella seconda giornata di prove. Rientrato anche lui in Italia, Rimini comunica a Ferrari che sarà il pilota di riserva perché a Lione saranno solo tre le P2 a gareggiare. Tornato a Modena, Ferrari comunica alla moglie - in parte per tranquillizzarla - che avrebbe rimandato la partenza per Lione a giovedì o venerdì, trovando inutile la propria presenza a Lione in qualità di solo pilota di riserva. Ma in realtà Enzo è affossato dai dubbi e dai timori ed è sull’orlo di crollare. L’indisponibilità della sua P2 e la retrocessione a pilota di riserva da parte di Rimini sono probabilmente le gocce che fanno traboccare il vaso: Ferrari non può andare avanti a lungo con quella situazione emotiva e perciò il problema va affrontato.
Quindi prende una decisione sofferta e coraggiosa, telegrafando Rimini e riferendogli la sua volontà di non partire per Lione e di rimanere a Modena, rimandando al rientro in Italia di Rimini le spiegazioni di questa scelta. Anzi, Ferrari decide di andare a riposare e riflettere a Sestola sull’Appennino modenese, anche se in compagnia di Laura non sarebbe stato semplice. Enzo apprende dai giornali la incontestabile vittoria di Campari a Lione. In una gara dominata dal compagno di squadra Ascari, l’Alfa Romeo P2 interrompe l’egemonia della Fiat, consacrandosi come la migliore vettura in Europa. Ferrari non è stato da meno nel contribuire al successo di questo progetto, sottraendo alla Casa torinese Bazzi e Jano, ma in quel momento lui è lontano, immerso nei suoi rimpianti, mentre Nicola Romeo ringrazia con sincerità piloti e tecnici per questa affermazione sportiva.
Campari e Ascari, dopo il grande trionfo di Lione, vanno a Sestola per sincerarsi delle condizioni di Enzo, dimostrandogli il loro affetto e rispetto verso il compagno di squadra. Sono rimasti sorpresi dal suo mancato ritorno e hanno voluto incontrarlo per sapere come sta. In fondo, tra di loro sono legati da una profonda amicizia e hanno condiviso per quattro anni le stesse esperienze con il quale hanno preparato questa missione internazionale. Il sincero amico Ascari dice a Ferrari di aver sbagliato a non venire a Lione, ma in modo onesto Enzo gli risponde di non essersela sentita, confermando la rinuncia presa in precedenza.
Nella seconda settimana di Agosto del 1924 Ferrari torna a Milano per ritirare degli chassis per la sua concessionaria, cogliendo l’occasione per incontrare Rimini al Portello e comunicargli la sua decisione definitiva e poi accettata di mettere da parte definitivamente la sua carriera da pilota.
L’Alfa Romeo sceglie il veterano Ferdinando Minoia come quarto pilota per disputare a metà Ottobre il Gran Premio d’Italia, organizzato a Monza. La squadra milanese può contare su una formazione di primissima fascia che avrebbe guidato la miglior auto in circolazione; una formazione in cui c’è legittimamente anche Ferrari, a cui ha deciso di rinunciare, lasciando volare via cinque anni di sogni e sacrifici. Uno spiraglio di positività lo trova grazie a un’onorificenza a lui attribuita. A solo ventisei anni Enzo è diventato uno dei Cavalieri del Regno d’Italia. È Giacomo Acerbo ad aver avuto il permesso dal Re di nominarlo Cavaliere della Corona in seguito alla vittoria ottenuta a metà Luglio nella Coppa Acerbo, gara intitolata alla memoria del fratello. Nella sera del 29 Agosto 1924 amici e ammiratori modenesi organizzano una spensierata cena in centro città all’Hotel San Carlo, per festeggiare la nomina ricevuta da Enzo, in cui il menù viene ispirato al mondo dei motori:
6 cilindri R.L. al sugo extra denso
Fritto misto di fegato di... Ascari e crema... gliera
Caccia (viti) d’uccelli super-alimentati
Insalata all’oleoblitz
Budino super – flex di ranelle, copiglie,
Chiodi da gomme...
concludendo la lunga lista con:
Formaggio d’in - grana –ggi
Caffè - Liquori Cordial... Campari
Il tutto innaffiato da:
Lambrusco Zanaroli e Spumante Gancia
serviti in Coppe di Ginevra, Verona, Savio,
Rovigo e Acerbo
Quest’ultime si riferiscono alle vittorie stagionali di Enzo, precedenti alla gara di Lione. Probabilmente gli amici non conoscono in quel momento lo stato d’animo di Ferrari, e mentre loro guardano e leggono queste vittorie come buon auspicio per il futuro, non lo fa in altrettanto modo Enzo, che in cuor suo legge questi nomi come le sue ultime vittorie di una carriera interrotta proprio nel momento più bello.
A inizio Settembre Enzo si trova libero di concentrare tutte le sue energie sulla sua concessionaria Alfa Romeo di piazzale Carmine a Modena, senza distrazioni dall’attività agonistica. Sebbene in cura per guarire da quello che a tutti gli effetti è stato un esaurimento nervoso, il 19 Ottobre 1924 Enzo Ferrari si presenta a Monza in occasione del Gran Premio d’Italia nel box dell'Alfa Romeo. Anche se l’attività di pilota si è interrotta, Ferrari non ha rinunciato al ruolo di consulente del direttore commerciale, mansione che gli permette di rimanere immerso nel mondo automobilistico e nelle strategie aziendali, accumulando esperienza nell’attività imprenditoriale.
A Monza trionfa ancora l’Alfa Romeo con la sua P2, questa volta con Ascari (sfortunato protagonista a Lione), che vince con sedici minuti di vantaggio sul compagno di squadra Wagner; terzo ha chiuso Campari, quarto Minoia. Il primo pilota non Alfa Romeo è giunto con un’ora di ritardo. Enzo si unisce alle celebrazioni in autodromo e, seppur la situazione non è più la stessa, si vede Ferrari accerchiato dai compagni di squadra, e in compagnia di Jano, Bazzi, Rimini e Romeo.
Nel frattempo, tra il Conte e la Contessa Baracca e Ferrari si è ormai creato un legame di stima e affetto reciproco. I Conti non perdono mai l’opportunità di invitarlo nelle loro case di Lugo Romagna e di San Polito, ma questa volta la Contessa, che già gli ha consegnato la coppa del vincitore in occasione del secondo Circuito del Savio, regala qualcosa di prezioso all'ex pilota modenese. Francesco Baracca, come tanti aviatori della Prima guerra mondiale, ha verniciato sul suo biplano un distintivo portafortuna personale. Si tratta di un cavallino rampante nero, e la Contessa, come gesto di reputazione verso Enzo e di ricordo verso il figlio caduto, suggerisce a Ferrari di mettere il cavallino rampante del figlio sulla sua macchina come portafortuna. In aggiunta, ad Enzo viene regalata una foto in bianco nero di Francesco Baracca, posato in piedi davanti al suo biplano, con ben visibile il cavallino rampante nero sul fianco dell’aereo. Il conte e la contessa hanno scritto sulla fotografia:
"Al signor Cav. Enzo Ferrari
i genitori di:
Francesco Baracca
Paola e Enrico
Baracca".
Commosso, Ferrari accetta il dono che viene da un gesto di naturale gentilezza. Nel frattempo dopo le prime confortanti prestazioni della P2, Jano è già al lavoro nella progettazione di una vettura turismo di media cilindrata. Con l’aiuto di Luigi Fusi, Gioachino Colombo e Secondo Molino, l’auto che Jano concepisce è a sei cilindri, da un litro e mezzo di cilindrata. Un compromesso tra una vetturetta, solitamente a quattro cilindri con un litro di cilindrata, e l’automobile di lusso, costruita a sei cilindri, se non in alcuni casi a otto, e con due litri di cilindrata. Il risultato è una vettura scattante, veloce, maneggevole, con un motore che sia nelle versioni Sport che Super Sport usufruisce dell’esperienza acquisita nei campi di gara della P2. Nell’Aprile del 1925, mentre viene presentata la nuova vettura al Salone dell’Automobile di Milano la 6C 1500, caratterizzata da un grande successo commerciale, Ferrari sposta la sede della sua attività commerciale, la concessionaria e l’officina Alfa Romeo, da piazzale Carmine al numero cinque di via Emilia Est, da appena dentro ad appena fuori Porta Bologna, con ragione sociale Cav. Enzo Ferrari Agente Generale Emilia e Romagna.